Swaziland – In questa piccola (17.300 chilometri quadrati, il Lazio) “enclave” del Sud Africa (da cui in pratica, ovviamente, dipende) ex protettorato “british” ci vivono (“lo dice” il nome stesso) gli Swazi (l’83% del milione di abitanti) e in più c’è un 10% di Zulu e un 2% di Tsonga, seguiti dai soliti “altri” delle statistiche (tra i quali non possono mai mancare indiani e cinesi). Lodevole il sistema politico vigente: la costituzione attribuisce tutti i poteri al re (Mswati III); c’è un’Assemblea che può si e no dire (ma solo dire) la sua (pomposamente si chiamano “funzioni consultive”) eppertanto non sono ammessi i partiti politici (ecco pertanto dimostrato dallo Swaziland che dei partiti se ne può fare a meno). Belli o quantomeno curiosi e divertenti alcuni nomi (oltre a quello del monarca) collegati alle vicende locali: la capitale si chiama Mbabane, l’unità monetaria è il Lilangeni, la lingua è il si-Swati, il nome ufficiale dello Stato è Umbuso we-Swatini e una pittoresca località (inspiegabilmente) si chiama Manzini (un nome che fa pensare più a un bancario ragioniere di Busto Arsizio che a una cittadina swazilandese). Andarci? Se si sta visitando il Sud Africa un salto nello Swaziland non è poi così folle, per il semplice fatto che si gode una fantasmagoria di colori, folclore e tradizioni. Basta solo stare un filino attenti (all’Aids, c’è il più alto tasso di diffusione al mondo, qualcosa come il 38,8%).
(Puntata n. 25 – segue)