Italia, posto caro (nel senso di soldi) e governanti “prendenti-per-il-sedere”. Milano, parto, vado in Colombia, prima però a Linate, poi volo a Madrid e poi a Bogotà. Taxi (dal centro città) 19 euro, in altre città veramente europee e civili sarei arrivato all’aeroporto in metrò (a Milano costruibile in una notte stante brevità distanza e terreno blando) spendendo dieci volte meno (a Madrid 1,70, incluso il supplemento, per arrivare in metrò dal centro, a cento metri dal check in). Evidentemente chi ci governa (o/e ha governato) ci prende (o ci hanno preso) per i soliti fondelli. Qualità della vita secondo calendario. A Madrid dal Terminal 4 ti portano al satellite (voli Iberia intercontinentali) su una veloce e comoda ferrovia monorotaia. A Orlando, Florida, c’era già trenta (o più?) anni fa. Chissà che fra trent’anni (ritardi esclusi) non arrivi anche nel Belpaese. E fanno sessanta, anni, di ritardo. Basta solo non darsi tante arie.
L’importante è essere Latini
Criollos o Amerindi o Indios o Indigenas o Meticci. Quelli che abitano l’America Latina. Un posto dove spagnoli e portoghesi hanno insegnato a divertirsi, cantare e ballare, mangiare e bere e “gozar de la vida”: godersela. Al mondo ci sono due razze: i Latini e quelli che vorrebbero esserlo. Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Dopo uno stop durato almeno quattro lustri, in un albergo di Bogotà mi è improvvisamente assalita la libido di fregare (nuovamente) i saponcini. Dottore, sarà grave?
Ristorante di un hotel che se la tira. Di “postre” (dessert) Guayabà (frutto tropicale che non sa di niente ma almeno è cromaticamente bello, variopinto) “en almibar” (sciroppo) e sopra “Queso mozzarella” (della Colombia, ma qui bufali niente male).
Pigmei in volo e un Vip dalle assurde pretese
Faticoso volo di andata in Colombia. Nei posti laterali, vicini al finestrino, in coda, viaggi impiccato, dieci ore senza poter muovere un dito, tranne battere le sopracciglia e ti va già bene se riesci a fare un peto. Saranno anche minuscoli, gli amerindi, ma forse l’Iberia sparando in cabina ben tanti sedili in più del dovuto ha pensato di operare da Madrid sul Congo, trasportando pigmei. La miglior compagnia aerea? Quella che vola con gli aerei vuoti. Sconcerto a Bogotà. All’arrivo, solito benvenuto e rituale domanda se vogliamo qualcosa. Alla mia richiesta di visitare la casa natale di Ivan Ramiro Cordoba esplode lo sgomento di chi non sa cosa rispondere a un sedicente Vip (e dai welcoming erroneamente ritenuto tale).
Ma chi è ‘sto Cordoba, si domandano le due belle colombiane adibite alla nostra assistenza (una – accreditando più cultura del lecito al richiedente – arriva financo a ipotizzare che possa trattarsi di un poeta dell’800)? Appago la sete di sapere delle sconcertate, precisando che il loro Carneade è un colombiano da anni valido e roccioso “defensa” dell’Inter. Il caos che subentra viene brillantemente risolto dall’autista del minibus: Cordoba è nato a Medellin, troppo lontana la sua casa natale. Una volta, ricordo, Ivan Ramiro respinse sulla linea un tiro di un “gobbo” di juventino che non ricordo chi fosse.
“Yanquis”, bevitori di lungo corso
Infantili ricordi dei mosconi (in Romagna, altrove pattini). Isola del Rosaio, già sul bagnasciuga i piedi dolci soffrono appuntiti pezzi di corallo rotto. Dentro l’acqua il dolore pedestre aumenta. Chi me l’ha fatto fare. Ciononostante un’ammiratrice mi fa “tu chissà in quanti oceani del globo ti sarai tuffato”. E io: “non andavo al mare dal 1938, l’ultima volta che i miei mi han portato a Rimini”. Alberghi “All Inclusive”.
Mamma mia che tragedia, epocale, mondiale, cosmica. Ma chi li ha mai inventati? Sia impiccato, ‘sto folle! E ahimè l’isola di San Andrès è lardellata di questa ultima invenzione del moderno (W l’antichità) Turismo di Massa. Una tragedia (e lo urla un bevitore della madonna, ‘ciucaté’ di lungo corso, avvinazzato a vita!): metalmeccanici del Wisconsin, pensionate del Quebec, honeymooners dell’Oklahoma, terza età di Ottawa sparati ai bar della piscina, dispersi nei giardinetti con il bicchiere in mano, infestanti la lobby e assiepati ai tavolini dei bar, bevono male, sguaiatamente, ciucchi traditi, invocando improbabili cocktails tropicali manufatti con liquori ‘duty free’ di plebea distillazione. Urla, camiciole hawaiane, schiamazzi, berrettucci da baseball. Avrà anche avuto ragione il dr. Joseph Goebbels con la sua ben nota non meno che nazista “teoria delle masse”. Ma evviva un bel Bitter shakerato, ben fatto, goduto in grazia di dio, nel tranquillo bar di un normale, hotel civile (con la C maiuscola).
Gamberoni adatti ad una “muerte lenta”
Mangiare Grande in Combia! I “Langostinos” (gamberi imperiali, li pescano nel Pacifico, non nel Caribe); da urlo se appena scottati sulla “parrilla” (griglia), così così se nel “ceviche” (marinatura, con la limetta, in spagnolo “lima”, in inglese “lime”), comunque sbafate “a lo grande”.
Ah, in spagnolo aver mangiato bene si dice “de puta madre” o “como un cura (prete)” o “de cine/de pelicula”. In Colombia dicono invece “de muerte lenta”. Puñetas letterarie. L’importante sono i Langostinos.
Muti come anatre
. Vi si legge un intelligente annuncio: “Agradecemos su silenzio” (grazie per stare zitto). Cerco il direttore, lo trovo, mi complimento con lui per il brillante scritto, gliene chiedo e ottengo un paio di esemplari. Adesso affissi all’ingresso e nella cucina di casa, monito e diktat per la sposa Lady-P(recaria). “Per essere perfetta una donna dev’essere come l’anatra: muta” (pensiero di un saggio lomellino del Duecento).
Colombia, hotel di Bogotà. Oltre a essere valida, la direzione colma la gentile clientela di miniattenzioni. Tra le quali, un preservativo. Suggerito al direttore di evitare certi omaggi, capitasse mai lì un cliente tedesco di nome Ratzinger.