Londra. Efferati delitti scuotono la città, in una scia che presto si espande fino agli angoli più remoti delle isole britanniche. L’ispettore Forrester, di Scotland Yard, brancola nel buio. Ci sono solo pochi indizi che sembrano puntare verso una tradizione occultista sotterranea e potente. Chi c’è dietro quelle esecuzioni rituali? E perché i fatti di sangue sono sempre accompagnati da strani scavi nelle vicinanze?
Sito archeologico di Gobekli Tepe, deserto della Turchia orientale. Il giornalista Robert Luttrell, inviato sul posto per un incarico di routine dopo una pericolosa missione, stringe amicizia con il direttore degli scavi, l’archeologo tedesco Franz Breitner, e la sua affascinante assistente Christine. Rob apprende così la straordinaria storia del tempio più antico del mondo, costruito dodicimila anni fa e misteriosamente sepolto duemila anni dopo. E poi scoperto per caso in un’area che rappresenta forse la culla della civiltà, una zona in cui ancor oggi sopravvivono culti antichissimi, che precedono le religioni monoteiste, come il culto degli angeli… Ma qualcuno non vuole che gli scavi proseguano, ed è disposto a uccidere purché il segreto di quel tempio rimanga nascosto. Un segreto gelosamente custodito da millenni, eppure sotto gli occhi di tutti, nel libro della Genesi.
Il Segreto della Genesi è il primo romanzo di Tom Knox. Un thriller che si basa su scoperte reali ma poco conosciute. L’editore però tiene a precisare in una nota introduttiva che si tratta di un’opera di finzione, anche se per la maggior parte i riferimenti religiosi, storici e archeologici sono accurati e interamente basati su fatti reali.
«In fondo al fossato spiccava un’asta metallica nuovissima, uno dei pali usati per sorreggere i teli cerati. Franz Breitner era infilzato a faccia in giù sul palo, che gli trapassava la sezione superiore sinistra del petto. Il sangue gocciolava dalla ferita. Christine era ferma accanto a lui e gli stava parlando. Ivan, dietro di loro, stava parlando affannosamente con qualcuno con il cellulare. Due operai cercavano disperatamente di estrarre il palo metallico dal terreno. Rob osservò Franz: sembrava ancora vivo, ma la ferita era gravissima, probabilmente gli aveva perforato i polmoni. Un’impalatura che non lasciava speranze. Rob aveva visto ferite di qualsiasi tipo, in Iraq. E aveva già visto lesioni come quella, esplosioni che scagliavano travi e pali contro le persone, trafiggendole a morte. Sapeva che l’archeologo non ce l’avrebbe fatta. Un’ambulanza avrebbe impiegato una buona mezz’ora per raggiungere lo scavo. Probabilmente non c’erano mezzi di elisoccorso tra lì e Ankara. Franz Breitner sarebbe morto lì, in un fossato. Circondato dalle pietre silenziose di Gobekli Tepe.»