A Dukana, un villaggio ai confini del mondo dove vive il giovane Mene, nessuno sa niente di niente: tutti sentono alla radio di un governo che è cambiato e di cui conoscono solo funzionari e poliziotti, uomini corrotti che si pappano mazzette per ogni cosa. Mene conosce la giovane Agnes, con più tette che anima, e la vuole sposare, e tutto sembra andar bene finché non si comincia a parlare di nemico, di casini nella nazione, finché non arrivano sozasoldati a requisire cibo e reclutare gente. Per un giovane fare la guerra è una gran cosa, bisogna cacciare il nemico perché nel Paese manca il sale, e lui deve proteggere la giovane moglie. E così Mene diventa Sozaboy, veste l’uniforme e va al fronte.
«Così, da quella volta, in qualsiasi posto vado, tutti mi chiamano “Sozaboy”, “Sozaboy”. Anzi, sono diventato proprio famoso a Dukana. Tutti i ragazzi dicono che sono un tipo in gamba. Sposando, come niente fosse, una bella ragazza di Lagos e poi preparandomi per andare ad arruolarmi nell’esercito. Dicono che, dopo un po’ di tempo, mi daranno un ruolo veramente importante nell’esercito. Per conto mio, ero molto orgoglioso. Quando mi chiamano “Sozaboy”, rispondo all’istante. E addirittura dico in giro, perfino, che Sozaboy è il mio nome. Se vado a casa di qualcuno e busso alla porta e chiedono chi è, rispondo “Sozaboy”. Quel nome mi piace proprio.»
La perdita di innocenza di un mondo e lo scardinamento di gerarchie e ordini naturali attraverso gli occhi e le parole di un ragazzo che crede che la follia che lo investe abbia un senso, fino a scoprire dolorosamente il contrario.
Questo è un assaggio del mondo fantastico che Saro-Wiwa tratteggia in questo suo capolavoro del 1985, ispirato alla guerra del Biafra che devastò la Nigeria dal 1967 al 1970. Al di là del contesto storico, però, la forza della scrittura e della narrazione trasforma ogni personaggio in archetipo (della corruzione e dei mali endemici che ancora oggi affliggono la Nigeria), e riveste i luoghi e le gesta dell’alone del mito.