In viaggio per la Macedonia con la testa libera da convinzioni e valutazioni possibili – eventualmente – solo al ritorno; ma sopratutto libera da pregiudizi. Arrivare in Macedonia è più semplice di quanto si pensi. Dall’aeroporto di Roma a quello di Skopje basta il passaporto e un’ora e mezza circa di volo. Per visitare la terra di Alessandro Magno non si può che cominciare da qui, dalla capitale, abitata da circa seicentomila persone, (un quarto dell’intera popolazione della Macedonia, per la maggior parte slavi macedoni) che parlano ufficialmente il macedone, molto simile al bulgaro. L’alfabeto cirillico, invece, è usato per indicare i nomi delle strade e la segnaletica stradale, quest’ultima presente anche in caratteri latini.
Tutti qui, a Skopje nel tempo. Dai Romani ai Turchi
Poco distante da Tirana (Albania), Salonicco (Grecia) e Sofia (Bulgaria) Skopje riassume perfettamente l’identità dell’intero paese. Qui più che mai si mescolano l’est e l’ovest, l’Impero Ottomano e quello Romano, i musulmani e gli ortodossi, le tradizione antiche e la modernità. In epoca antica, nel 146 a.C, i romani ne riconobbero la posizione strategica e la fecero capitale della provincia di Dardania. Seguì il dominio da parte degli slavi, dei bizantini, dei bulgari, dei normanni e dei serbi. Poi, arrivarono nel 1392 i turchi e mantennero il controllo su Skopje fino al 1912. In lingua turca questa città si pronuncia UsKup, la vecchia pentola, a ricordarne il crogiuolo di culture che sempre qui si sono mescolate e hanno convissuto. Per averne un’idea, basta salire in cima alla collina dove si possono trovare le rovine della fortezza Kale del decimo secolo. Solo dalla sommità in cui è situata la fortezza, dove sventola alta la bandiera nazionale, è possibile godere di un paesaggio variamente rappresentato; un mosaico di culture, religioni ed epoche; squarci urbani, tratteggiati da linee e forme diverse, in cui si alternano nuovi edifici, fatiscenti palazzi oppure imponenti strutture, come il palazzo dell’amministrazione delle poste, una costruzione totalmente in cemento, organizzata in torri, vetrate, guglie e oblò; o ancora, cupole di bagni turchi, moschee, oppure chiese ortodosse e cattoliche, sinagoghe e luoghi di culto Dervish.
Un terremoto “storico”
Più di ogni altra cosa Skopje conserva le ferite di un tremendo terremoto che la colpì il 26 luglio 1963 e che in gran parte la distrusse. Le vecchia stazione è diventata un monumento proprio a causa di quella tragedia e oggi rappresenta il museo della città. L’orologio segna ancora l’ora in cui la terra cominciò a tremare: le 5,17 del mattino. Come spesso accade, anche qui la ricostruzione è stata un po’ caotica, con discutibili risultati architettonici e urbanistici. Per fortuna alcuni simboli non sono stati toccati dal terremoto. È il caso del lungo ponte di pietra, costruito nel quindicesimo secolo, che con i suoi duecentoquaranta metri e tredici archi unisce le sponde del fiume Vardar, collegando la città nuova a quella vecchia; il fiume attraversa l’intero paese per sfociare poi nell’Egeo. L’altro simbolo è il Bazar. Di certo, un affascinante reticolo di stradine, vecchio più di mille anni e il più esteso di tutti Balcani.
Il Gran Bazar: più musulmano che occidentale
“Oh quanto è bello il Bazar di Skopje, non si può trovare di meglio né a Salonicco, né a Costantinopoli!” recita una vecchia canzone tradizionale. Qui si affacciano negozietti di artigiani e soprattutto gioiellerie. Quelle che vendono e lavorano filigrana sono tantissime e sono le più frequentate. E poi vi sono numerosi calzolai. La lavorazione del cuoio vanta una lunga e solida tradizione. Qui si snodano piccole e pittoresche botteghe che mettono in mostra pentolami in alluminio, oppure ceste o ancora vesti e scarpe di cuoio e pellame, dolciumi, caramelle colorate e – neanche a dirlo – tappeti fatti a mano. I venditori mostrano con grande entusiasmo tutti i loro prodotti, offrono il tè intrattenendo gli ospiti attorno a tavolini, grandi come sgabelli. Ci si capisce qualunque lingua si parli: loro desiderano che il turista scopra e acquisti i loro beni, anche (o soprattutto) in euro, sebbene la moneta corrente sia il dinaro: 60 dinari equivalgono a un euro. Ma a loro non sembra far differenza, l’importante è che circoli.
Moschee sovrastanti le Chiese ortodosse.
Sopra i tetti del Bazar spicca il minareto della moschea di Mustafa Pasha del quindicesimo secolo e le cupole del Bagno turco di Dahut Pasha, risalente allo stesso periodo, che subì gravi danni, nel corso dei numerosi terremoti e incendi patiti dalla città. Dal 1958 è divenuto un museo di arte moderna, luogo inoltre per concerti e appuntamenti culturali. Sempre nella parte vecchia ha sede la chiesa ortodossa di San Salvatore. Si trova sotto il livello stradale, perché durante la dominazione turca vigeva l’ordine di costruire le chiese più in basso delle moschee. Qui è custodito un prezioso ciclo di icone del 1824, in noce intagliato. Proseguendo, si giunge al Museo Etnografico, che raccoglie una vasta esposizione di costumi tradizionali dai vivaci colori, ricchi di decorazioni metalliche usate per impreziosire i pesanti e spessi tessuti di lana. Qui si scoprono le usanze tipiche seguite per celebrare i matrimoni delle varie regioni della Macedonia. Ogni zona del paese è contraddistinta da specifici abiti e precisi rituali. Accanto ad essi una serie di ambienti mostra una civiltà contadina montanara e pastorale.
Skopje moderna, città delle donne
Al di là da questa parte antica e mediorientale della città, si apre l’area occidentale, moderna e con un ampio viale pedonale, che tra le altre cose rende omaggio a Madre Teresa di Calcutta, nativa di Skopje, con una statua in suo onore. Qui lussuosi alberghi, negozi, ristoranti alla moda si affollano di giovani. I locali, rimodellano il corso principale. Sedie, divani e tende si estendono oltre le mura, popolano i marciapiedi fino a notte fonda, aggregando una moltitudine di giovani e non solo. C’è vita il sabato notte per le strade del centro. Le ragazze si vestono seguendo l’ultima moda, tacchi alti e gonne corte. È molto diverso da quanto si può vedere di giorno nel Gran Bazar, che invece, è molto frequentato da musulmani; infatti le donne, anche d’estate, vestono di nero e indossano copricapo e cappotti leggeri ma lunghi. A Skopje, come nel resto della Macedonia, vi è una prevalenza di donne. Gli uomini sono migrati in altri paesi europei per lavorare. D’estate, però, lo scenario cambia perché le famiglie tornano a riunirsi. A questo si aggiunge un altro particolare. Non si può mancare di notare la numerosa popolazione Rom che abita la città, che, insieme agli albanesi, costituiscono le minoranze principali di Skopje.
Verso il futuro la terra di Alessandro Magno
Come non essere avvolti da un’insolita atmosfera, quando si arriva a Skopje. Seguendo la strada che dall’aeroporto porta verso il centro, si vedono auto che da anni – almeno in Italia – non circolano più, autobus degli anni Cinquanta in po’ decadenti, climatizzatori che penzolano dai muri dei palazzi, sotto le finestre. E così, queste insolite decorazioni murarie architettoniche, insieme a qualche crepa, a qualche marciapiede dissestato, si confrontano con una modernità evoluta, elegante, ma anche con il legame con la tradizione, le origini, le radici. Skopje non è solo un incontro tra culture, è anche voglia di andare oltre, di procedere con fiducia. Per questo la Macedonia insieme ad altri paesi in via di sviluppo nel sudest europeo rientra nel programma Seenet, un’iniziativa di cooperazione promossa da regione Toscana e dalle ONG Ucodep e Cospe, in accordo con la Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri.
Leggenda sulle origini di Skopje
Skopje è nota anche col nome di “capitale delle sette porte”. La leggenda, infatti, vuole che nel luogo in cui oggi è costruita la città, un tempo si trovasse un’enorme testa priva di aperture, a causa di una maledizione impartitale da un mago che la rese cieca, sorda e muta. Solo un grande e coraggioso eroe armato di un’enorme lancia, dopo aver sconfitto il mago, fu in grado di aprire sette strade nella testa stregata. Gli occhi furono creati e così la testa fu in grado di vedere. Si tratta della gola di Kacanicka Klisura, la gola di Matka-Treska con i fiumi di Lepenec e di Treska. Venne il momento delle narici: la gola di Raduski Derven e quella di Grupcinski Derven, mentre la montagna di Zeden è il naso che divide gli occhi e unisce le narici. Poi le orecchie, rappresentate dalla insenature della montagna Kitka e Matejce, nascoste come i canali auricolari nella testa. Infine la bocca: la gola Taorska Klisura sul fiume Vardar. Una volta rianimata la testa, anche il corpo iniziò a risvegliarsi. La Testa chiese all’eroe come fosse riuscito a liberarla dall’incantesimo. Egli mostrò la grande lancia che aprì i sette sentieri e in quel momento esatto i sette venti iniziarono a soffiare attraverso le sette vie di accesso alla città. La lancia, piantata nella terra, iniziò a produrre un canto dal suono metallico e da qui la denominazione di città liberata dalla lancia-che-canta: So-Kopje-Koe-Pee, che venne poi abbreviato in Skopje.
Una cucina dai molti influssi
Le ricette e gli ingredienti della cucina Macedone arrivano dal vicino Mediterraneo e dall’oriente. Dominano i piatti a base di carne e formaggi, ma anche con verdure. La Macedonia, infatti, è considerata il cuore agricolo dei Balcani. Numerosi piatti appartengono alla cucina bulgara come il “tarator”, lo yogurt acido con cetrioli, oppure il “pinzdur”, una mousse con peperoni e melanzane, o il dolce “baklava”. Quelli dal sapore turco sono invece la carne arrostita “kebab” e la “burek”, una torta salata di sottile pasta sfoglia ripiena di spinaci, formaggio, carne tritata e varie altre combinazioni di ripieno. Quelli tipici macedoni, invece, sono: i “tavce gravce”, fagioli stufati; l’insalata “shopska” con pomodori, cetrioli, cipolle e formaggio; la “shashic”, carne tritata e aromatizzata, tipo hamburger; l’ “ajvar”, una salsa a base di peperoni rossi dolci. Nella zona del lago di Ohrid si degusta il pesce di lago, primo fra tutti la trota salmonata e poi l’anguilla, la carpa e la “belvica” un altro pesce di lago. In Macedonia c’è anche una buona produzione di vini di qualità, come il Vranec, il Cabernet Sauvignon e il Merlot, oltre alla famosissima acquavite “rakija”, un superalcolico tipico di tutta l’area balcanica.
Leggi anche: