Giovedì 21 Novembre 2024 - Anno XXII

“Buon Natale” nelle Lingue del Mondo

Una valanga di auguri natalizi ci sommerge: Babbi Natale con sacchi di regali, renne, alberi illuminati e musichette in carattere (I wish You a Merry Christmas … I’m Dreaming of a White Xmas …). Parole e ambienti differenti, il rituale degli auguri si ripete in tutto il mondo. Ecco come

auguri Nisse

È arrivato il freddo canaglia, è arrivata la neve ed è alle porte il Natale. E allora Gajan Kristnaskon a tutti, con la speranza che la festa delle feste ci renda meno indifferenti, litigiosi, egoisti. Forse era proprio questa la speranza che nutriva Ludwik Lejzer Zamenhof (1859-1917) medico e linguista polacco di Bialystok, quando ha creato l’Esperanto, parola che si spiega da sé ma che è anche lo pseudonimo usato dal medico polacco (Doktoro Esperanto). Gli auguri più diffusi, oltre a quelli che ci scambiamo in Italia, vanno dall’inflazionatissimo Merry Christmas inglese, al gioioso (appunto!) Joyeux Noel dei francesi, al solare Feliz Navidad degli spagnoli, al gutturale Fröhe Weihnachten dei tedeschi. Aggiungiamoci pure il portoghese Feliz Natal, che si discosta un po’ dal portoghese (oramai brasileiro) del grande paese sudamericano (Boas Festas) e avremo completato la panoramica degli auguri più noti.

Nei Balcani, auguri di pace

auguri Praga
Praga

Sempre di paesi freddi, parliamo, partendo dall’Olanda, dove quelli che noi definiamo “Tulipani”, tra una vigorosa pattinata e l’altra lungo i numerosi canali interni gelati, si augurano, incrociandosi, Vrolijk Kerstfeest, che poco differisce dal Zalig Kerstfeest dei fiamminghi del Belgio. Inoltrandoci nell’Europa centrale ecco il Vesele Vanoce dei Boemi della Repubblica Ceca, mentre i cugini Slovacchi, un tempo uniti politicamente nell’ex Cecoslovacchia, usano la formula augurale Sretan Bozic. Storia a sé fanno gli ungheresi con l’impiego della loro stranissima lingua, appartenente al ceppo ugro-finnico, secondo alcuni la lingua parlata dai sudditi di Attila, gli Unni; teoria questa che non trova comunque d’accordo i linguisti. Gli auguri ungheresi (Kellemes Karacsonyi unnepeket) appaiono ad ogni modo davvero “misteriosi”!

Auguri sottozero
Stoccolma
Stoccolma

Sono quelli delle terre del “sole di mezzanotte”, dei paesi sognati dai poltroni perché chi abita qui può trascorrere svariati mesi all’anno (quelli appunto invernali) al buio o quasi, crogiolandosi nel tepore dei piumoni o sotto le pelli dell’orso; col freddo che c’è all’esterno, cosa desiderare di più se non poltrire nel letto? Ma sappiamo che non è così, naturalmente. Però, con il clima rigido, i popoli nordici riducono all’essenziale i movimenti per meglio fronteggiare il rigore del clima. Anche gli auguri ne risentono, dato che sono “stringati” e tutto sommato simili tra loro: God Jul è comune a svedesi e norvegesi. I danesi dicono Glædelig Jul mentre gli islandesi, forse per gli antichi legami politici e commerciali con la terra d’Amleto, variano di poco la loro formula di saluto: Gledileg Jol. Diverse le lingue e differenti gli auguri quando ci si sposta nei paesi del Baltico orientale. L’augurio dei finlandesi è Hyvää joulua; gli estoni, che vantano una certa affinità (ma solo quella) col linguaggio Suomi, si salutano così: Ruumsaid juuluphi, mentre sostanzialmente diversi sono gli auguri dei lituani (Linksmu Kaledu) e dei lettoni (Prieci’gus Ziemsve’tkus).

Gli auguri del vicino Oriente …
Dubai
Dubai

Partiamo dall’arabo Idah Saidan Wa Sanah Jadidah; difficile interpretare questo particolare augurio, comune ai popoli che praticano, in stragrande maggioranza, la fede musulmana. Ma le feste di Natale sono oramai entrate nella consuetudine di vita anche della gente che vive nell’Arabia Saudita, nei ricchi stati del Golfo Persico, compreso il Dubai che pure i suoi problemi economici li ha; auguri comuni anche all’Iraq della guerra infinita, al Kuwait, allo Yemen e alle molte nazioni, grandi e piccole, che vanno dal Mediterraneo all’Oceano Indiano. Qui ben si inserisce il piccolo arcipelago di Malta, nazione assolutamente europea ma dal linguaggio in gran parte d’origine araba; il Buon Natale di Valletta suona infatti così: Il-Milied Il-Tajjeb. I Russi (Pozdrevlyayu s prazdnikom Rozhdestva) e gli Ucraini (Srozhdestvom Kristovym) fanno geograficamente eccezione. Il primo paese è certamente europeo, ma per tre quarti si sviluppa nell’immensa Asia, arrivando a fronteggiare le lontanissime coste dell’Alaska. Totalmente europea è al contrario l’Ucraina, qui inserita per porre in risalto la formula di saluto che è leggermente dissimile da quella russa. Altri paesi considerati europei, ma situati sulla carta geografica ben lontani dal vecchio continente, sono l’Armenia (Shenoraavor Nor Dari) e l’Azerbagian (Tezze Iliniz Yahsi Olsun). Infine i Turchi, che si stanno adoperando con puntiglio per entrare a far parte dell’Europa unita, ma che di Europeo hanno solo la piccola porzione di terra che ospita Istanbul. A Natale si salutano così: Noeliniz Ve Yeni Yiliniz Kutlu Olsun.

Natale a Lubiana
Natale a Lubiana

Poi si scende nella vasta penisola balcanica, trovando dapprima gli auguri rumeni (Sarbatori vesele) che denunciano la lontana origine latina (Sarbatori sta per “Salvatore”) mentre nella sottostante Bulgaria gli auguri suonano così: Tchestito Rojdestvo Hristovo. Sempre più a sud, ecco il greco (Kala Christouyenna) e l’albanese (Gezur Krislinjden). Il cuore dei Balcani è comunque rappresentato dalle Repubbliche della ex-Jugoslavia: Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro e Macedonia. Il Serbo-Croato è il linguaggio più diffuso anche nei due stati per estensione minori della Bosnia e del Montenegro. Gli auguri natalizi finiscono quindi per avere differenze minime da un luogo all’altro e si può dire che tutto sommato le varie espressioni un po’ si assomiglino. Lo sloveno Vesele Bozicne si avvicina al croato Sretan Bozic e al macedone Sreken Bozhik, mentre il serbo si trasforma in Hristos se rodi. Dimenticate le non lontane e feroci guerre civili, si spera che gli auguri natalizi del 2009 siano perlomeno sinceri.

Dall’Africa all’Oceano Pacifico

auguri Alcuni abitanti della Papua Nuova Guinea
Alcuni abitanti della Papua Nuova Guinea

Paese di innumerevoli lingue e dialetti, l’Africa. Lingue che spesso sono tribali e vengono impiegate in diversi stati, dalle coste occidentali dell’Atlantico a quelle orientali dell’Oceano Indiano. Il Natale si festeggia comunque, un po’ perché festa mondiale che tutti hanno in calendario, un po’ perché le presenze missionarie ne fanno apprezzare i profondi significati religiosi e di fratellanza. Due esempi di auguri nelle parlate comuni alla fascia sub-sahariana occidentale: l’Hausa (Barka da Kirsimatikuma) e lo Yoruba (E ku odun, e ku iye’dun). Di chiara origine Boera è al contrario il linguaggio che si parla, unitamente all’inglese, nel Sudafrica. Il Buon Natale in Afrikaans suona così: Gesëende Kersfees, di evidente origine olandese. Un lungo tragitto di mare ed eccoci nell’Oceano Pacifico. In Papua Nuova Guinea fanno le cose sul serio anche quando si scambiano gli auguri natalizi; una lunga frase articolata che sembra una “dichiarazione d’intenti” d’amicizia e voti per il nuovo anno, espressi in lingua locale contenente chiare tracce di “pidgin” anglo-papuano! Suona così: Bikpela hamamas blong dispela Krismas na Nupela yia i go long yu.
Per superare le angosce del recente uragano, gli abitanti delle isole Samoa si salutano l’un l’altro con la seguente formula musicale: La Maunia Le Kilisimasi Ma Le Tausaga Fou.

… e di quello lontano o lontanissimo

auguri Tokyo
Tokyo

L’india, grande nazione asiatica (quasi un continente: l’antico Gondwana) oltre all’inglese, ha come lingua ufficiale l’Hindi (Shub Naya Baras) augurio quasi simile a quello d’espressione Bengali (Shuvo Naba Barsha) impiegato nella regione di Calcutta. Poco differente è il saluto Cingalese, lingua dello Sri Lanka (Subha nath thalak Vewa). Procedendo verso est, identico è il Buon Natale malese in lingua Bahasa e quello indonesiano (Selamat Hari Natal); in Thailandia dicono Sawadee Pee Mai e in Viet Nam gli auguri paiono scaturire da un tamburo metallico (Chung Mung Giang Sinh).

Diverso è lo scambio beneaugurante delle Filippine, con l’impiego della lingua Tagalog: Maligayan Pasko. Quindi si arriva nell’Estremo Oriente, approdando nell’immensa Cina. Due sono le lingue più diffuse: il Mandarino (Kung His Hsin Nien bing Chu Shen Tan) e il Cantonese (Gun Tso Sun Tan’Gung Haw Sun). Sono milioni e milioni gli individui che, scoprendosi sempre più attratti dalle “delizie” occidentali, hanno deciso di adottarne gli stili di vita e le formule d’augurio (non infrequente è anche il Merry Christmas). Poi c’è il sillabato coreano (Sung Tan Chuk Haù) comune alle due Coree, per concludere con il musicale giapponese: Shinnen omedeto, Kurisumasu omedeto.

Gli auguri di chi ha una Lingua ma è senza Nazione

auguri Isola di Pasqua
Isola di Pasqua

Non sono poche le comunità etniche e linguistiche – ciascuna con le proprie frasi d’augurio – che fanno parte di altri stati. Rappresentano una “curiosità” in questa carrellata di “parole” natalizie, ma inducono nel contempo alla riflessione e al rispetto. Le troviamo in Europa, in America, nel Pacifico. Vediamo prima i gruppi del vecchio Continente. Anzitutto i Baschi (presenti in Spagna e Francia) che augurano il Natale in questo modo: Zorionak eta Urte Berri On. Quindi i gruppi presenti in Gran Bretagna, ciascuno con la personale formula d’augurio: Nadolig Llawen, impiegata nel Galles; Nollick Ghennal, appartenente all’Isola di Man, situata nel Mare d’Irlanda, quindi l’espressione Gaelica della Scozia (Nollaig chridheil huibh). Tornando in Francia, oltre al basco già citato, troviamo l’Occitano (presente anche in Piemonte) che esprime un augurio molto semplice (Pulit Nadal) e il bretone, che al contrario è lingua abbastanza complessa (Nedeleg laouen na bloavezh mat).

Nell’America del nord, molti sono i linguaggi tribali presenti prima della venuta di Colombo e altrettanto numerosi quelli oggi scomparsi. Tra quelli superstiti, spiccano gli auguri del popolo Navajo, chiaramente “inquinati” dall’inglese (Merry Keshmish) mentre più complicati risultano gli auguri dei Choctaw, indiani presenti un tempo nel Mississippi, nell’Alabama e in Louisiana: Yukpa, Nitak Hollo Chito. Addirittura un vero e proprio scioglilingua risultano i voti augurali degli Eschimesi del nord America e Canada, espressi in lingua Inupik: Jutdlime pivdluarit ukiortame pivdluaritlo.

auguri Roma-foto-Jakob-Montrasio
Roma-foto-Jakob-Montrasio

Tornando nell’Oceano Pacifico, ecco quelli degli Hawaiani (USA): Mele Kalikimaka; gradevoli all’udito sono gli auguri dell’isola di Pasqua (Cile) del popolo Rapa-Nui: Mata-Ki-Te-Rangi; altrettanto cadenzati risultano essere gli auguri Maori della Nuova Zelanda: Meri Kirihimete.
Infine, completiamo il giro del mondo con gli auguri di casa nostra: Natale hilare et Annum Faustum. Dove “hilare” non autorizza a ridere sgangheratamente, ma piuttosto, come la lingua di Roma antica insegna, incita a vivere la festa in modo gioviale e soprattutto sereno.

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