Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

I mini-pinguini di Phillip Island

È uno spettacolo che si ripete sempre: naturale come le maree, come le albe e i tramonti. È noto dal 1880, quando a vederlo, con la stessa meraviglia ma senza la consapevolezza dei nostri giorni, erano gli abitanti di Philip Island, a due ore circa di strada a sud di Melbourne

Piccoli e attivissimi, sono dappertutto

I mini-pinguini di Phillip Island

Poi, improvvisamente, si produce questo piccolo miracolo. Eccoli. Arrivano. Emergono dalle acque come se fossero le stesse onde a prender corpo e a diventare pinguini. Escono sulla sabbia con la loro andatura sgangherata, un po’ meccanica. Impossibile non sorridere di tenerezza per questi animaletti tanto caricaturali, che lasciano l’acqua sbattendo le ali e guardandosi intorno. Si aspettano l’un l’altro ed è raro che uno si incammini da solo. Solo quando il gruppo si ingrossa fino a diventare un piccolo esercito, comincia a muoversi come in una parata militare, con regolarità e organizzazione. Davanti c’è sempre un capo, anche se non è identificabile facilmente. Lo seguono tutti gli altri; il plotone procede sulla sabbia seguendo un percorso diritto, sicuro, guidato dall’abitudine. I piccoli pinguini imboccano i sentieri da essi stessi creati nei decenni, tra i cespugli; dribblano le buche, sormontano le dune, si chiamano e si richiamano. Scompaiono dietro agli arbusti e poi ricompaiono, all’uscita, con la stessa aria ordinata.

Ma ecco: ne arrivano ancora. Altre onde li aiutano a uscire dal mare, la schiuma si confonde con le loro marsine, l’acqua scura con le loro penne nere. Prima s’intuiscono, poi prendono via via la propria fisionomia, i becchi gialli sono piccoli puntini colorati in quello che sembra un film in bianco e nero. Un altro drappello si ingrossa e diventa un plotone, tutti si guardano tra loro, sembrano contarsi, lì, fermi e ondeggianti, quasi attendessero un ordine.

Una “casa” adatta alle loro esigenze

L'area dedicata all'osservazione dei pinguini
L’area dedicata all’osservazione dei pinguini

Nel parcheggio dei bus e delle auto, fuori dall’ingresso, ogni piazzola è contraddistinta da un cartello molto evidente: spiega – a parola e con disegni – che va fatta attenzione nelle manovre, perché i pinguini potrebbero essersi spinti fuori dal loro recinto, fino al parcheggio, rischiando così di non essere visti e di venire schiacciati dalle auto in manovra; anche perché sono davvero piccoli. L’anno scorso un esemplare trovò rifugio sotto un pullman in sosta, attratto dal bel calduccio del motore. Ci volle più di un’ora, raccontano gli inservienti, per riuscire a convincerlo a uscire e a riprendere la via della sua tana.

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L’ingresso alla “Penguin Parade” è un grande padiglione in cemento, moderno, creato per meglio organizzare e sfruttare l’evento. Ingresso con tornelli, biglietterie, bar, Mc Donald’s, un museo dedicato ai pinguini, ai loro comportamenti e alle loro fasi di vita. Si conclude con delle finestrelle dalle quali, se si è fortunati, si può osservare da vicino un vero pinguino entrato nel loculo corrispondente. All’uscita, quasi obbligatoria la visita ai negozi dedicati ai souvenir: anche qui, ovviamente, protagonisti i pinguini in tutte le loro più diverse e comiche varianti. Peluche, magliette, penne biro, giocattoli meccanici, cartoline: ma anche pinguini in scatola (naturalmente di stoffa, ma la scatoletta sembra una vera lattina da supermercato) e confezioni di cioccolatini alla nocciola chiamati “cacche di pinguino” per affinità di forma e di colore, che ovviamente destano l’entusiasmo trasgressivo dei bambini.

Personale specializzato

I mini-pinguini di Phillip Island

E poi, via! Ecco un altro esercito in marcia, stesse o altre strade, ma medesimi movimenti. Altri gruppi intanto si formano sull’arenile, uno, due, cinque, dieci. E’ tutto un pullulare di macchie bianche e nere che si muovono nella notte. E stridono, si chiamano con i loro versi un po’ comici un po’ drammatici, secondo come li si voglia interpretare. Sembrano disperati, quegli stridii dal volume sproporzionato ai corpicini minuti, ma in fondo non deve essere quello il significato, perché vanno a casa, al riposo, forse semplicemente si salutano, avvertono o chiamano: sono qui, raggiungimi, la nostra tana ci aspetta.

Al progressivo salire del percorso, le truppe rompono le righe e ciascuno va per conto proprio. Tra i cespugli, nelle tane o nelle scatole di legno preparate dagli addetti.

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Qui lavorano più di duecento persone, fra dipendenti, scienziati, veterinari, manovali e addetti all’amministrazione e al commercio. Tutti devono il proprio posto di lavoro ai pinguini: c’è chi lavora per l’Ibm, chi per Microsoft, chi per i pinguini. Veri, rispettatissimi datori di lavoro. Ciascun animale ha un bollino con il numero, ed è controllato a distanza. Ogni sera, da due postazioni rialzate sulla spiaggia, i tecnici li contano: sono mille, duemila a sera, possono arrivare fino a seimila. In tutto, la popolazione che gravita a Summerland è composta da trentamila esemplari.

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