Allora… non senza ribadire (per la trecentesima volta) che “L’uomo è ciò che mangia” (l’ha detto Feuerbach, che non era un pirla qualunque, bensì un filosofo) passo a fare quattro chiacchiere sulla ormai fin troppo sfruttata e “comoda” Enogastronomia. Comoda perché puoi dire tutte le vaccate che vuoi e va bene così; hai dato aria alla bocca e magari ti sei pure tracannato un bicchiere di vino, mentre se parli di politica o di cultura prima o poi trovi qualcuno che ti zittisce con tanto di documentazione, dopodiché la discussione finisce in rissa.
Cominciano col narrare che la San Pellegrino, oltre a fare acque minerali (e quanto a fatturato è ormai diventata – non lo sapevate? – una sorta di multinazionale, un’enormità: negli States costa più del Barolo) fa pure una Guida dei Ristoranti, una rassegna sull’ enogastronomia che di anno in anno ha sempre più guadagnato importanza e autorevolezza (andrà a finire che fregherà la Michelin). E quest’anno (udite udite) la classifica della “San Pellegrino” alias della “The World’s 50 Best Restaurants Academy” ha tirato giù dal podio supremo nientemeno che il Mostro Sacro S. M. Ferran Adrià, al secolo El Bulli di Rosas, sostituendolo come Lìder Maximo con tale Renè Redzepi del ristorante Noma di Copenaghen (una volta da quelle parti rimangiavano solo gli Smorenbrod (i panini imburrati), chapeau!). El Bulli è comunque riuscito a mantenere il 2° posto, dopodiché completo la lista dei primi 10 “Facenti da Mangiare del Mondo”.
L’Accademia di cucina all’acqua minerale
Elencando: 3° The Fat Duck, di Heston Blumenthal, Bray (Berkshire, UK). 4° El Celler de Can Roca, di Joan, Jordi y Josep Roca, Girona (Spagna). 5° Mugaritz, di Andoni Luis Aduriz, Rentería, Guipúzcoa (Spagna). 6° La Francescana, di Massimo Bottura, Modena (Italia). 7° Alinea, di Grant Achatz, Chicago (USA). 8° Daniel’s, di Daniel Boulud, Nuova York (USA). 9° Arzak, di Juan Mari Arzak, San Sebastián, Guipúzcoa (Spagna). 10° Per Se, di Thomas Keller, Nuova York (USA).
Cosa ne penso? Mah, è la mia risposta, franca e onesta, anche perché di tutti i sullodati posti mangerecci conosco solo (nessuno è perfetto, poi appartengo ai poco-tenenti) El Celler de Can Roca (ricordo che in effetti vi mangiai abbastanza bene, ma in un contesto liturgico tanto serioso da incutere disagio: tutti lì, in mistica devozione, come se si aspettasse l’ostia della comunione. E quanto al costo della “funzione” celebrata masticando, dovrei chiederlo a chi – te pareva – mi invitò in quel sciccoso “mangificio”). E per chiuderla con la vicenda dei 50 più validi ristoranti del mondo, confidenza per confidenza, non sarei poi così sicuro sulla capacità dei suddetti eccelsi Chef di ammannire una buona “pasta e fasoi”. Qui giunti e preso atto che ormai ci sono più GuideGastro che televedenti del Grande Fratello (sembra impossibile ma è così) si sappia che nella recentemente apparsa (8a edizione) Guida Gallo (quello del riso del Chicchiricchì) c’è (pure) un “Riso mantecato alla ricotta di bufala leggermente affumicata e colatura di alici con battuto di gamberi rossi e tartufo nero” (dopodiché, datosi che ognuno può democraticamente dire la sua, direi che in quel risotto andrebbe soltanto aggiunta una mezza dozzina di pastiglie Valda e una generosa grattatina di anguria).
Enogastronomia: i migliori “estratti d’uva” (?) a Palermo!
A questo punto ci si trasferisca tutti dalle risaie e dalle acque minerali padane a Palermo, laddove dal 23 al 25 aprile si è svolto un “Campionato del Mondo dei Vini”, una vicenda dai numeri inquietanti: 7.000 etichette da 50 Paesi del pianeta, 280 giurati, vini bianchi e rossi e spumanti (ma non rosé o chiaretti che siano). Esami, test, prove, selezioni durissime nel massimo della segretezza da cui un Garantismo che dovrebbe far partire tutti alla pari (cosa che non accade ad esempio alla Fiat dove, forse non stranamente, gli Agnelli e i loro marmocchi partono sempre in Pole Position). Ma non è il verdetto che conta (una settimana per renderlo noto: intrighi commerciali alla base? Mah) ben più importante è il piacevole dettaglio che si è parlato di buoni vini svizzeri, uruguayani e financo cinesi! Evviva! Hic!
Post Scriptum… mangereccio
Per concludere, gentilmente offerto dall’autore, ecco il menu del ristorante Drolma (dell’hotel Majestic) in cui hanno pappato i Lider Maximi di Barcelona e Inter prima della partita al Camp Nou (e invitava il Barça! Bel colpo dell’Inter, visti i prezzi e quanto sono “agarrados” – taccagni – i catalani)…
Entrantes (antipasti): Asparagi Bianchi con Zabaione e Parmigiano 34 €, Bavaroise di Piselli e Granchio Reale 49 €, Capesante con Funghi di primavera 38 €, Gamberetti in Crema di Piselli 58 € – Pesciolini: San Pietro con Pomodori Acciughe Erbe Fini 47 €, Scampi con Ovuli 61 €, Branzino con Panceta Tirabeques e Vinagreta di Tartufi 62 €, Astice con Canelones de Puerros 58 € …a ‘sto punto chi legge sarà rimasto senza soldi e pertanto non è il caso di proseguire con le Carni (tanto per dire il piatto di Formaggi, spunta 24 €) e tanto meno consultare la Carta dei Vini (chi ha sete: c’è un bar di fronte, ma bisogna stare attenti anche lì, perchè il Paseo de Gracia è molto chic, quindi… ).
Putin, Berlusconi e gli “assaggi” lombardi
Qui giunti l’ “Enogastronomia” torni a riunirsi alla Gastronomia mediante il racconto di una “pappata brianzola” sbafata da Vladimir Putin invitato da Silvio Berlusconi a Villa Gernetto (342ma residenza del nostro Premier nella sola zona di Arcore, isole comprese). Pappata (non per criticare) non poi così brianzola; vedi: 3 Risotti, roba da Lomellina vedi sopra Riso Gallo, radetzkiana Cotoletta milanese (e Milan l’è minga in Brianza), Gorgonzola (Novara) e Taleggio (Prealpi) per concludere con il Panettone con Crema.
E sempre per non criticare, ma, se proprio si voleva stare sul brianzolo perché non fare degustare al Vladimir quel bel cotechino vanigliato che portava il mio amico Albertone da Montesiro e (questa sì) la brianzolissima Cassoeula (alimento macrobiotico creato dalla semplice simbiosi naturale del maiale con le verze, un piatto – senza rancore per i miei paìs padani – invero barbaro, basti solo accennare alla sommaria cottura da accampamento nelle foreste della Turingia)? Poi, caro Cavaliere, quel Panetùn lì, con la crema (ovviamente appesantita dalla massiccia presenza del colesterolissimo Mascarpone) mica lo doveva propinare a Putin (abituato, ancorché sia passato un po’ di tempo, ai frugali snack nella moscovita mensa del Kgb alla Lubianka). E prima di alzarsi da tavola non sarebbe mica stato il caso (o forse il Corriere si è dimenticato di elencarlo) di favorire un bel ruttino liberatorio del Vladimir, facendogli trovare davanti, a mo’ di “sgroppino” (digestivo nel Veneto e dintorni), un bel bottiglione di Vodka (brianzola o uralica che fosse)?
Macaron francesi e “macaronì” italiani
E come sempre una buona “magnata” (e pure un mini trattato dell’enogastronomia come questo) non può che finire con il canonico Dessert. Eccoci allora a Milano a prendere atto che in via Spadari, proprio davanti a Peck (e basta questo dettaglio toponomastico per giustificare prezzi almeno 212 volte più cari del lecito e del dovuto) è stato aperto un negozio, pardòn boutique, ça va sans dire très chic, laddove si vendono i parigini Macaron Ladurèe che trattandosi di dolci con pasta di mandorle e crema poco hanno a che vedere con i Maccheroni, da cui il poco confortante nomignolo Macaronì rifilato da quei presuntuosi di francesi (credevano di avere i vini migliori del mondo, tèl chi el servìsi, ciapa su!) ai poveri emigrati “italiani” (ma poi risolse tutto Coppi, in francese Fostò, sull’Isoard). E come si conviene in tutte le rubriche si chiuda con il rituale consiglio finale enogastronomico. Passato in banca e ottenuto un corposo mutuo, il temerario lettore di questo Gossip si materializzerà alla sullodata Ladurèe e colà, scucendo 8-euro-8 per ogni etto pesatogli, potrà degustare ‘sti Macaron che non si sa bene se li mangiava Proust o Maria Antonietta (più probabile quest’ultima, fosse solo perché ne aveva piene le -bip!- di mangiare solo pernici).
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