Insegnare una professione ai detenuti per quando usciranno è socialmente importante. Spesso nasce dall’idea di qualche illuminato direttore di carcere. L’esperienza del teatro è ormai diffusa in tutta Europa (l’Escape Artist in Inghilterra, il Théatre de l’Opprimé in Francia, la Compagnia della Fortezza a Volterra).
Anche la moda è entrata nel mirino e dato l’apporto al PIL nazionale del settore, è un’ottima cosa. Lo scorso ottobre è stata presentata a Milano la collezione “Evadere dal quotidiano”, frutto della collaborazione della Cooperativa Alice, nata nel 1992 tra le detenute del carcere di San Vittore, a Milano, e la stilista Rosita Onofri. A sostenerla, l’assessorato alle attività produttive con il contributo della Fondazione Cariplo.
Abiti a San Vittore e cappelli a Lecce
È una linea attuale dove prevale il jersey, quindi di grande vestibilità e donante, applaudita anche dal talent scout Elio Fiorucci. Per ora è in vendita nel negozio Sartoria San Vittore in Via Terraggio, ma non è escluso che possa diventare un marchio prêt-à-porter.
La fondazione Borsalino, mitico marchio dei cappelli, ha creato e sostiene dal 2007 il progetto “Made in carcere”. Le detenute del carcere di massima sicurezza di Lecce hanno elaborato tre kit con cappello, borsa e portachiavi per le boutique Borsalino.
Il ricavato delle vendite è destinato all’acquisto di macchine da cucire da regalare alle carcerate alla fine della pena.
Discutibili i nomi dei kit: Prison Escape, Working in prison e Night and the prison. (25/11/10)