Mettiamola così (in fondo lo dice anche il nostro Ministero degli Esteri): in Egitto la situazione è in corso di normalizzazione. Lenta e progressiva, aggiungiamo noi.
A poco più di un mese dalla protesta popolare che ha messo fine al potere di Hosni Mubarak, le tensioni politiche infatti permangono. E, con esse, anche certe sacche di insicurezza legate alla turbolenza politica e alla criminalità, tipiche dei luoghi “caldi” oppure delle estreme periferie del paese, dove il controllo delle autorità è meno stretto.
E anche vero, però, che le strade della capitale non sembrano riservare particolari pericoli per il turista comune: del turismo qui si ha bisogno come dell’aria (tutti ne sono consapevoli e la soglia di sorveglianza è pertanto molto alta) e i visitatori non sembrano oggettivamente poter costituire un bersaglio interessante per nessuno, visto che la rivoluzione, con i suoi strascichi, si è combattuta e si combatte tutta sul fronte della politica interna. Sempre ammesso che di rivoluzione si tratti e non di un semplice, anche se un po’ movimentato, passaggio di poteri.
È vero, insomma, che nella terra dei Faraoni il clima si sta normalizzando dopo lo scossone del 25 gennaio 2011.
Ma come si traduce tutto questo in termini di “visitabilità”? E in che modo ciò può costituire un’opportunità per il viaggiatore?
La risposta è articolata.
Egitto si, Egitto no. A macchia di leopardo
Abbiamo visitato il Cairo giorni orsono. Una toccata e fuga, senza escursioni fuori programma e contatti approfonditi con la gente. Difficile quindi avere il polso della situazione reale: bisogna basarsi sulle impressioni. Il nuovo ministro del turismo, Mounir Fakhry, si sforza di garantire che tutto è sotto controllo. Ma, mentre lo dice, in centro la polizia carica i dimostranti.
Gli operatori, da oltre un mese gravemente danneggiati dal blocco totale delle prenotazioni e delle partenze (i primi voli verso Sharm sono ripartiti con buon successo solo il 28 febbraio, complici i prezzi stracciati), invocano anche dal nostro governo messaggi rassicuranti, capaci di incentivare la ripresa dei flussi.
Voglia di normalità e benessere
Un senso di tensione, bisogna subito aggiungere, che presto tuttavia si stempera al cospetto della palese voglia di normalità della gente. Perché, fuori dai luoghi-simbolo della protesta e della politica (come piazza Tahrir e certi uffici governativi), tutto pare effettivamente tranquillo. Solito traffico congestionato, giovani che passeggiano sfaccendati, famigliole che affollano i centri commerciali, botteghe aperte, venditori di paccottiglia ai crocicchi. Rafforzando ulteriormente, in chi osserva, l’idea di un Egitto che, slogan a parte, più che di democrazia nel senso occidentale del termine ha voglia soprattutto di telefonini, di beni di consumo e di redditi da spendere.
Su tali premesse, non c’è dubbio che in questo momento la destinazione sia più che appetibile. E non è un caso che gli inglesi, viaggiatori per vocazione più avventurosi degli italiani, non l’abbiano abbandonata nemmeno nei giorni di massima allerta.
Determinati a rilanciarla, i tour operator nostrani annunciano ora prezzi estremamente concorrenziali per tutti i prossimi mesi (attualmente si compra una vacanza sul Mar Rosso, in resort a 5 stelle, con meno di 600 euro, volo incluso), nonostante nel paese la tensione dei salari tenda ad aumentare e, di conseguenza, anche il costo dei servizi in loco.