Quando l’eroe, tornato dalla guerra, dice che lascerà la vita militare, la fidanzata se ne rammarica, perché la divisa gli stava davvero bene. Siamo negli Stati Uniti ai tempi dell’assassinio di Abramo Lincoln, nel film “The conspirator” di Robert Redford. Il fascino della divisa esiste ancora?
Guardando il Corto Maltese degli acquarelli e disegni di Hugo Pratt (da vedere fino al 2 ottobre al Museo d’arte di Lugano, con le foto di Marco d’Anna sui luoghi delle avventure) sembra proprio di si. Spalline, bottoni d’oro, cinturoni, riportati in dettaglio nelle serigrafie in mostra, diventano segnali di appeal, come il trasgressivo orecchino.
Forse le divise hanno perso l’alone di romanticismo e non bastano a sedurre ragazze sempre più pragmatiche, certo sono un business per chi le disegna.
Per tutti, la “divisa” appropriata
È di questi giorni la notizia che Giorgio Armani creerà tute e abiti di rappresentanza degli atleti italiani alle Olimpiadi di Londra. Dal 1° luglio Versace è la griffe ufficiale dell’Inter. Per calciatori, dirigenti, allenatori, staff tecnico ci saranno abiti neri con gessatura bluette e cinture con la medusa sulla fibbia. I Dolce & Gabbana disegnano le divise del Milan dal 2004 e dal 2010 (fino al 2013) quelle del Chelsea, oltre la VIP Lounge dello stadio londinese di Stamford Bridge. Krizia nel 2006 ha firmato le divise dei vigili del fuoco, donne e uomini, e quelle dei volontari per l’accoglienza dei pellegrini a Roma per il giubileo del 2000. Pochi sanno che Emilio Pucci, nel 1971, ha inventato lo stemma con i tre boomerang per la tuta dei tre astronauti dell’Apollo 15. Nessuno forse è a conoscenza che i seriosi maglioni blu dei Boy Scout, sono prodotti dalla stessa azienda di Neera, linea di pull, giacche, tubini in maglia iper-femminili. È la Gordon Confezioni di Cassano delle Murge (Bari) che nel 2007 si è aggiudicata l’appalto e, in accordo con l’Agesci (Associazione guide e scouts cattolici italiani), produce 25 mila pullover l’anno per gli emuli di Baden Powell. (21/07/2011)