L’ideale sarebbe percorrere da nord a sud (o viceversa) a bordo di un comunissimo tuk – il piccolo taxi semiaperto a tre ruote che imperversa nei grandi centri indiani – per assaporare con la lentezza di un bradipo le incantevoli bellezze di una costa famosa fin dal nome (Malabar). Terra di antichissimi insediamenti, antiche conquiste, giovani contrasti politici e moderne aspirazioni turistiche. La zona di Goa, radici indiane addolcite da secoli di presenza portoghese e le famose acque interne del Kerala, lo stato “tavolozza” dell’India meridionale: i blu sfumati dell’Oceano, l’oro spento delle spiagge, il verde tenue e insieme aggressivo delle mangrovie, quello più cupo di una vegetazione verticale carica di mille frutti e, infine, le acque ora argentee, ora blu metalliche delle fantastiche “backwaters”. Acque che mescolano salsedine marina a sorgenti vive sotterranee a corsi fluviali dell’interno, che si pieghettano e si sviluppano, sotto l’influsso delle maree, a sembianza di un gigantesco, complicatissimo origami a disegnare laghi, baie, canali.
Velha Goa, regina del Konkar
Quattro secoli e mezzo di presenza portoghese hanno finito per lasciare una traccia viva, in termini di tradizioni di vita, architettura e religiosità, in questo piccolo stato compreso fra quelli del Maharashtra a nord e del Karnataka a est e a sud. La zona di Goa e delle alture del Deccan è stata teatro di innumerevoli dominazioni, imperi e dinastie, sin dal III secolo a.C.; dopo il 1300 vari Sultanati si sono disputati l’egemonia sul territorio, sino all’arrivo dei portoghesi (1510) la cui permanenza è cessata il 12 dicembre del 1961, quando l’esercito indiano annette la zona all’India, oramai indipendente dal dominio britannico. L’influenza dei lusitani, dediti ai commerci oceanici con l’Europa, si è distinta non solo per una pressante opera di evangelizzazione delle popolazioni locali, spesso con l’impiego di sistemi coercitivi, ma anche per l’edificazione di splendide chiese (bellissima quella di Santa Caterina) fortificazioni, palazzi e abitazioni. Le feste e le cerimonie della vita di tutti i giorni hanno finito per fondersi con la cultura religiosa e le tradizioni locali.
Le spiagge e il clima ideale sono qui
Sin dagli anni Sessanta dello scorso secolo, Goa era sinonimo di vacanze giovani “zaino in spalla”; la New Age ha trovato in quest’angolo di India la realizzazione concreta dei propri sogni: vacanze esotiche in piena libertà. Non che oggi sia diverso; anzi. Lo sviluppo turistico ha fatto passi giganteschi. I piccoli e grandi centri, da Panaji, la capitale, a Vasco da Gama, la più popolosa, a Salcette e a Margao, quest’ultima capitale economica ricca di concrete tracce della presenza portoghese, dispongono di alberghi di lusso e di numerose possibilità di soggiorno (pacchetti all inclusive, residence, ecc.). La costa di Goa si sviluppa per oltre 100 chilometri e i litorali frequentati dai numerosissimi turisti, ben oltre i due milioni all’anno, fra i quali mezzo milione di stranieri, hanno solo l’imbarazzo della scelta. Fra tutte le innumerevoli e bellissime spiagge, particolarmente rinomata è quella di Colva.
Più a sud, verso le “Backwaters”
Terra benedetta dagli Dei, il Kerala. Un paradiso tropicale di alberi da frutta che bordano la costa e occupano gli spazi interni nei quali si diramano le acque di fiumi, laghi e canali, in perenne simbiosi col mare. Altissimi alberi di cocco, poi banani, manghi, piantagioni di tè e caffè, campi coltivati a perdita d’occhio, nel reticolo dei quali si sviluppano villaggi di modeste dimensioni, abitati da una popolazione in prevalenza giovane dedita alla cura dei campi e a quella degli animali; non sono poi pochi gli alberi di caucciù, forse messi a dimora inizialmente dai malesi.Il “verde” diffuso comprende anche alberi e arbusti che producono spezie: pepe, zenzero, cardamomo, noce moscata, coriandolo, curcuma ed altro ancora. Su tutto, le backwaters. Sono formate da una lunga catena di tratti di laguna e di laghi che si sviluppano paralleli al Mare Arabico. La rete comprende cinque grandi laghi collegati da canali in parte naturali e in parte scavati dall’uomo, alimentati da 38 fiumi; il tutto si estende per quasi la metà dell’intero stato del Kerala. Le acque interne sono formate dall’azione delle onde e delle “correnti” che a loro volta erigono una sottile barriera di isole lungo le bocche dei fiumi che provengono dai rilievi interni del Ghats. Sono oltre 900 i chilometri delle vie d’acqua. La National Waterway è lunga 205 chilometri e il lago più grande (200 kmq) si chiama Vembanad Kayal.
Fascino delle House Boat
Non si può concludere un viaggio tra le Backwaters senza parlare delle House Boat, qui chiamate “Kettuvallams”. Piacciono molto ai turisti e ce ne sono in circolazione più di 2.000! Naturalmente sono diverse tra loro. Alcune sono vere e proprie case galleggianti, dotate di ogni comfort, altre sono più modeste e fungono da vera e propria casa per i locali, che qui mangiano, dormono e si spostano da un luogo all’altro delle backwaters. Un tempo erano adibite al trasporto di derrate alimentari, merci varie, anche animali. Con l’incremento dei flussi turistici sono divenute (non tutte, naturalmente) delle piccole ville galleggianti. Il personale, oltre a guidare la house boat, cucina, prepara la zona notte, si occupa del benessere dei clienti, specialmente verso sera, quando ormeggia lungo la riva. È l’ora nella quale i moschini e le zanzare sono particolarmente fastidiosi. Bruciando pezzi di carbone, producono il fumo che terrà lontani gli insetti, per la gioia di chi porta in Kerala rupie, sterline, dollari, euro.
Distretti e città “acquatiche”
Il centro di Kollam (un tempo detto Quilon) da sempre fra i più importanti per i traffici di merci sin dall’antichità, ha visto la presenza di due famosissimi viaggiatori: Marco Polo e Ibn Battuta. Da Kollam partono diverse vie d’acqua, una delle quali la collega, in circa otto ore di splendida e riposante navigazione, ad Alappuzha (la vecchia Alleppy), città molto frequentata dai turisti. Non a caso l’intreccio dei canali le è valso l’accostamento a Venezia, anche se, ovviamente, le differenze sono sostanziali. A un’ora di “boat” da Alappuzha si trova l’isola di Pathiramanal, che sorge nel bel mezzo del lago Vembanad Kayal. La città è famosa per l’annuale “snake boat race”, la corsa delle coloratissime “barche serpente”. Un’altra isola o, perlomeno, un insieme di otto piccole graziose isolette, è la Munroe Island, vero tempio per l’avifauna del luogo e di passo. Molti poi sono gli uccelli migratori che arrivano anche da lontani paesi. Dove la vita agreste e il panorama terra-acqua si sublima è nella regione di Kuttanad, forse l’area più tipicamente “backwaters” da visitare; un intrico di canali, terre emerse, fiumi e fiumiciattoli che rappresentano, per gli amanti di tali paesaggi, un vero paradiso in terra; una campagna permeata d’acqua, ricca di verde e di vita.
Abbastanza simile alla regione precedente è anche quella di Kottayam il cui villaggio principale, Kumarakom, circondato dalle acque blu intenso del lago Vembanad, si presta a soggiorni riposanti. A Kasargod, nel nord del Kerala, si coltiva in maniera intensiva il riso. A quattro chilometri da Kasargod c’è lo storico forte di Chandragiri da visitare. Sempre dalle parti della cittadina, è di interesse il punto in cui quattro fiumi convergono verso le backwaters, dando vita a un insieme di piccole isole frazionate; anche questi, sono luoghi di sosta e nidificazione per molte specie di uccelli. Dalle parti di Thiruvallam, cittadina situata a sei soli chilometri dalla capitale dello stato del Kerala (Thiruvananthapuram, un tempo chiamata Trivandrum) le acque delle backwaters sono praticate per gli sport acquatici, specie la bella Veli Lagoon. Infine Kozhikode (conosciuta anche come Calicut) è circondata da backwaters in gran parte inesplorate dalle masse turistiche, quindi appetibili da chi cerca luoghi più tranquilli. Le altre “città importanti della zona sono poi Cochin, Ernakulam, Alwaye.