Mercoledì 24 Aprile 2024 - Anno XXII

Uzbekistan, nella terra degli “Stan”

Uzbekistan

Finita la vecchia URSS (Unione Repubbliche Socialiste Sovietiche), quella che sulla navicella di Gagarin leggevamo come “CCCP”, è stato un fiorire di nuovi stati, ciascuno con le proprie etnie, ma col cordone ombelicale mai del tutto reciso con la vecchia patria

 Statuina souvenir
Statuina souvenir

Di una gita recentemente compiuta nell’Uzbekistan sarà opportunamente fornita doverosa informazione mediante un paio di narrazioni (meglio parlare di “reportages”, fa più ‘fino’) aventi per oggetto quanto si è visto e sentito. Prima, però – a proposito della citata destinazione e più in generale dell’Asia centrale – è consigliabile spiegare alcune vicende, fornire qualche dato, dettagli geografici e storici. Perché se è vero che non deve raggiungere il parossismo la maniacale ricerca, il voler sapere ‘dove, quando e perché’ è accaduto qualcosa (è comunque sempre meglio non soddisfarsi dei soliti freddi blablabla, imparati a memoria e meccanicamente recitati dalla guida) è altrettanto vero che nel caso di questo spicchio di Terra un filino in più di informazione è estremamente necessaria. Non è infatti possibile predisporsi alla conoscenza (tramite lettura, non parliamo poi se si tratta di viaggiarvi) dell’Uzbekistan e dintorni senza averlo in precedenza messo a fuoco mediante alcune nozioni geografiche, dati storici, info meteo e quant’altro serva.

Uzbekistan fascino antico della “Via della Seta”

Una porzione della cartina della Via della Seta
Una porzione della cartina della Via della Seta

Perché da quelle parti il viavai di genti si è protratto ininterrottamente per secoli e secolorum (e vai con la vicenda della Via della Seta, tanto citata dagli addetti ai lavori per fare l’ “areclàm” a quei posti, quanto vagamente nota a gran parte di chi legge o ascolta). Si spazia dai cinesi partiti dall’oceano Pacifico agli europei (in primis il venexian Marco Polo) che non di rado lasciavano il Mediterraneo dopo aver scrutato le infinità dell’Atlantico (il bel libro di Anna Spinelli, “Dal mare di Alboran a Samarcanda”, pubblicato dal ravennate Fernandel, narra l’ambasceria, 1403-1406, di don Ruy Gonzalez de Clavijo, per conto della corona di Castiglia). Genti e popoli che, percorrendo la sullodata, mitica Via della Seta, aggiunsero alle culture e alle mercanzie esportate nuove religioni e filosofie le più svariate.

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Genti e religioni da ogni dove

Uzbekistan In groppa a un cammello per le vie di Bukhara
In groppa a un cammello per le vie di Bukhara

Cominciò in loco il credo di Zoroastro-Zaratustra, vi approdò il buddismo, mediante la conquista sopravvenne la predicazione dell’Islam, fin quando l’imperialismo zarista non trapiantò la chiesa russo ortodossa nel cuore dell’Asia (salvo poi, sempre dalla Russia, giungere l’abolizione delle religioni voluta dal comunismo leninista). Genti, come detto, da ogni dove. I Persiani influenzarono con lingua e cultura (immanente anche quella turca) i popoli che via via abbandonavano il nomadismo, cinesi e spagnoli (ancorché in fugace ma importante visita, vedi sopra, perché non si percorrono distanze infinite in una missione diplomatica se non per conoscere posti e sovrani di grande rilievo politico), indiani e russi (e pure i britannici che poco più lontano sfidarono lo Zar nel Grande Gioco, in palio le terre del sud est asiatico), senza dimenticare che armeni ed ebrei sono tuttora presenti in questo grande lembo dell’Asia. Ed ecco poi alcuni dati e nomi, non nuovi e tuttora affascinanti, per chi scolaro cominciò a girare il mondo ascoltando le spiegazioni della maestra e puntando il ditino sulle carte geografiche (ma non le fanno più, quelle meravigliose non meno che enormi mappe coprenti gran parte delle pareti dell’aula?).

Infinite grafie e Uzbeki poliglotti

Uzbekistan Un venditore d'oro che si pubblicizza in cirillico al mercato di Samarcanda
Un venditore d’oro che si pubblicizza in cirillico al mercato di Samarcanda

Responsabili (almeno a livello grafico) di un po’ di casino, i caratteri usati dalla Pravda e da Putin, perché in questa ‘periferia dell’impero’ furono imposti da Mosca (e prima ancora da San Pietroburgo poi Leningrado) in sostituzione della scrittura araba, ma poco meno di una ventina di anni fa, dopo l’indipendenza, i neo Stati decisero di adottare i caratteri latini. Con il risultato che, ad esempio, nel breve giro di pochissime generazioni l’uzbeko è rimasto tale ma è stato scritto in arabo, cirillico e latino. Se a ciò si aggiunge poi che in alcune parti del Paese vive (e parla la propria lingua) tanta gente di altre etnìe, è il caso dei Tagiki nell’ovest dell’Uzbekistan, ecco che (tanto per imitare gli svizzeri obbligati a nascere poliglotti) da queste parti di lingue devi conoscerne un bel pacchetto. Oltre agli idiomi locali devi infatti aggiungere il russo eppoi a scuola viene meritoriamente insegnato l’inglese, quando non un’altra lingua straniera, da cui si evince che al termine degli studi un giovane uzbeko costituisce una sorta di Berlitz. Ma prima di procedere alla pretenziosa descrizione delle bellezze uzbeke (non senza aggiungere qualche ‘consiglio per gli acquisti’) saranno necessarie altre info generali (come detto quegli “Stan” nel centro Asia sono un filino complicati). Alla prossima puntata.

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Uzbekistan stanno tutti qui, gli “Stan”!

L'eleganza di un particolare decorativo di provenienza persiana
L’eleganza di un particolare decorativo di provenienza persiana

Prima di tutto si chiarisca cos’è mai quel Carneade di nome “Stan” presente nel suffisso di ben cinque Paesi del centro Asia (Uzbekistan, Turkmenistan, Kazakistan, Tagikistan, Kirgizistan, indipendenti in seguito al dissolversi dell’Urss) oltre che nei più noti Afghanistan, Pakistan e Kurdistan. “Stan” altro non vuol significare che “Paese, terra di”, un dettaglio linguistico che se non altro permette di localizzare ipso facto un bel pacchetto di genti. Il puntiglioso cronista aggiunge poi che quelle genti (appunto riconoscibili sottraendo “Stan” al nome del loro Paese, Stato) non si amano reciprocamente più di tanto (tant’è che per visitarsi l’un l’altro occorre un visto, mentre si va tranquillamente in Russia col solo passaporto, senza rancori nei confronti degli ex ‘occupanti’, prima zaristi poi ‘socialisti reali’ che vi imposero quegli ingombranti caratteri cirillici).

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