Mercoledì 24 Aprile 2024 - Anno XXII

Kolkata-Calcutta, la “Città dei Palazzi”

Calcutta King Edward VII Arch VictoriaMemorial

L’ex capitale dell’Impero delle Indie è davvero una metropoli affascinante. Qui tutto è “intenso”: il numero spropositato di chi ci vive, i traffici caotici e continui, le attività frenetiche e molteplici, la cultura della “vita”, più sentita e praticata che altrove

Calcutta Il Victoria Memorial
Il Victoria Memorial

Non si direbbe, mettendo piede a Calcutta e costeggiando l’imponente fiume Hooghly, che queste basse terre dello stato del Bengala Occidentale arrivino, nel loro confine settentrionale, a lambire addirittura il Sikkim, tra i monti himalayani. Zone queste di vacanza e di “respiro” per gli abitanti (benestanti) della grande città, che qui arrivano per evitare l’enorme cappa di calura che quasi costantemente incombe sul Bengala meridionale. Né potrebbe essere diversamente, considerata l’incredibile quantità di “acque” che vena l’intero stato. Da ovest il Gange, il fiume dei fiumi, da est il Brahmaputra; avvicinandosi alla costa, attraverso una miriade di villaggi agricoli e improvvise caotiche conurbazioni, il paesaggio è caratterizzato da numerosi stagni, bracci morti di fiumi, piccoli estuari ramificati e paludi nelle quali le mangrovie crescono rigogliose. Poi, in un crescendo di case, palazzi, vie e quartieri dalla vita congestionata, è Calcutta.

Calcutta, la città “inglese”

Calcutta L'edificio del Raj Bhavan
L’edificio del Raj Bhavan

Trattandosi di una nucleo urbano concepito dagli inglesi, ovvio che abbia avuto sin dall’inizio un’impronta conseguente, sia per la dislocazione degli edifici e dei palazzi, sia per gli stili adottati: vittoriano, neoclassico, palladiano e novecento. Gli edifici più significativi vengono edificati nell’area centrale del Maidan, enorme polmone verde della città. Dopo Fort William, baluardo difensivo eretto in onore di Guglielmo III re d’Inghilterra, ecco la pagoda birmana degli Eden Gardens e l’Assembly Hall, sede del Parlamento dello stato e il palazzo dell’India Radio. Nella parte nord c’è l’edificio del Raj Bhavan di stile classico, eretto tra il 1798 e il 1805, un tempo residenza dei viceré inglesi e oggi del governatore del Bengala occidentale. Di particolare impatto visivo è poi il palazzo Victoria Memorial Hall, interamente in marmo bianco, inaugurato nel 1921 dal principe di Galles; conserva cimeli dell’epoca coloniale: incisioni, dipinti, miniature.

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Le meraviglie del Chowringhee

Calcutta Il cortile interno dell'Indian Museum
Il cortile interno dell’Indian Museum

L’arteria che costeggia il grande parco Maidan è la Jawarahial Nehru Road, più nota come Chowringhee Road, sulla quale si affacciano numerosi monumenti. Di fronte al Victoria Memorial risalta la cattedrale di San Paolo, edificata in stile indo-gotico fra il 1838 e il 1847, quindi l’Accademia di Belle Arti. Nelle vicinanze è poi ben visibile la cupola del Birla Planetarium, uno dei maggiori del mondo. Proseguendo per la Nehru Road, si incontra l’Indian Museum, sicuramente uno dei più grandiosi d’Asia; eretto nel 1875 in stile rinascimentale fiorentino, si sviluppa su tre piani e contiene pregevoli opere artistiche: sculture greco-buddiste di epoca gandhara, bronzi del Tamil Nadu, reperti preistorici, iscrizioni e oggetti islamici, quindi collezioni di storia naturale e tessuti del sud India, del Gujarat e di altri stati indiani, per finire con dipinti tibetani, miniature ed altro ancora. Qui è anche l’area “nottambula” di Calcutta (Park Street) che pullula di vita notte e giorno. Più avanti, in Lindsay Street, ha sede il New Market, meglio conosciuto dai locali come Hogg’s Market. Come in quasi tutte le città asiatiche, il market abbonda di tutto, animali vivi e “strani” compresi. La città “inglese” accoglie qualche altro monumento di notevole interesse: la High Court, palazzo di giustizia neogotico edificato nel 1872, la St. John’s Church, la più antica chiesa della città, per finire con il Writer’s Building, un massiccio edificio neoclassico costruito nel 1880. Già sede della Compagnia delle Indie, oggi ospita ministeri e uffici governativi.

Una storia recente

I rikshaw pullers, gli uomini cavallo
I rikshaw pullers, gli uomini cavallo

Calcutta è una città relativamente “giovane”. Il villaggio originale dal profetico nome di Kalikata (facile associarlo all’odierno nome di Kolkata) viene acquistato nel 1690 dai nababbi del Bengala dal mercante inglese Job Charnock, naturalmente per conto della potente Compagnia delle Indie. Il piccolo borgo viene trasformato in un emporio con tanto di porto sul fiume Hooghly, il grande ramo del Gange che attraversa Calcutta. La merce qui raccolta e da qui trasportata, in diretta concorrenza con gli altri scali delle varie potenze europee (portoghesi, danesi francesi, olandesi) comprende, fra l’altro, seta, cotone, juta, indaco, oppio, avorio. Al 1696 risale l’edificazione di Fort William per scopi difensivi. Nel 1701 l’area del forte, soggetta a frequenti attacchi sia di tribù locali sia degli europei presenti nel delta del Gange, incorpora alcuni villaggi contigui. La crescita in importanza di Calcutta avviene nell’anno 1772, quando la città diviene capitale dei possedimenti britannici; in questo momento gli abitanti sono circa centomila, ciò che suggerisce alle autorità di costruire un quartiere europeo, ben separato dalla zona indigena, anch’essa soggetta ad ulteriori divisioni a seconda delle varie caste degli abitanti. Nel 1858 Calcutta diventa capitale dell’Impero delle Indie e da questo momento si assiste a una continua crescita del numero di residenti – in quell’anno calcolati attorno al mezzo milione – che si accompagna a una progressiva industrializzazione della zona e alla parallela crescita delle attività commerciali. Crescita che continua per tutto il Novecento, anche se due avvenimenti finiscono per penalizzare le aspettative della oramai grande città. Nel 1911 la capitale viene trasferita a Delhi e nel 1947, con la spartizione del Bengala fra India e Bangladesh, si verifica la perdita di enormi piantagioni di juta e il concomitante arrivo di grandi masse di individui di fede indù dallo stesso Bangladesh musulmano e dalle aree nord del Bengala non più indiane.

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L’impronta di Madre Teresa

Calcutta Ricordando Madre Teresa
Ricordando Madre Teresa

Poco a sud dell’originale cittadella voluta dai britannici, al numero 54-A della Lower Circular Road, sorge dal 1953 la casa madre delle Missionarie della Carità, fondata da Madre Teresa, che così si descriveva: “Sono albanese di sangue, indiana di cittadinanza. Per quel che attiene la mia fede, sono una suora cattolica. Secondo la mia vocazione, appartengo al mondo. Ma per quanto riguarda il mio cuore, appartengo interamente al Cuore di Gesù”. La piccola-grande donna di Skopje ha segnato come pochi il secolo scorso, per la sua immensa “passione” nella fede cattolica, per le sue straordinarie opere di assistenza e di vicinanza con i più diseredati e infelici della terra. Quando è morta, il 5 settembre del 1997, il governo indiano le ha riconosciuto i funerali di stato ed ha coniato una moneta da 5 Rupie con le sue sembianze, in ricordo della somma originaria che aveva a disposizione quando decise di “aiutare” i poveri, immergendosi, anima e corpo, nelle brutture della città. Premio Nobel per la Pace nel 1979, è stata beatificata da Giovanni Paolo II nell’anno 2003. Camminando per Calcutta, è facile incontrare giovani religiose vestite di un semplice sari bianco a strisce azzurre. Sono le continuatrici, in India e nel mondo, della inarrivabile intuizione di fede e carità della piccola suora albanese.

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