Il turismo è un complesso fenomeno socioeconomico della vita moderna contraddistinto da differenti componenti. Tante sono le ragioni che ci spingono razionalmente a intraprendere o a scartare un viaggio (costo, vettori, natura, hotels, cultura, divertimento, gastronomia). Ma esistono anche ‘motivi irrazionali’ (ad esempio nomi di paesi e città che ‘ci piacciono, suonano bene’, altri invece no, li rigettiamo inconsciamente), processi mentali che, non si sa bene perché, convincono un turista ad andare in un posto piuttosto che in un altro. E se si parla della Spagna mi chiedo perché il viaggiatore italiano ignora o comunque non dedica più attenzione all’Aragona (poco visitata, secondo dati non negativi ma nemmeno entusiasmanti dell’incoming locale). Lo so, si tratta di una delle poche regioni iberiche ‘senza mare’, ma per me il turismo è fatto da chi ‘va in giro a vedere’, eppertanto non conteggio i bagnanti, quei sedentari balneari che pensano solo a stendersi e scurirsi le chiappe. Inoltre, so anche questo, in Aragona mancano i voli di linea di compagnie aeree che con tariffe pubblicate permettano ai tour operators la vendita di “pacchetti di viaggio” (con il Low Cost è impossibile quantizzare la prima delle due componenti del pacchetto “aereo + albergo”).
Da sudditi di un tempo… a viaggiatori
E dire che molti italiani dovrebbero sapere cos’è l’Aragona, datosi che i loro progenitori ne furono sudditi. Per più di tre secoli (dal ‘200 al ‘500) tanto sud Italia (isole … comprese) prima di appartenere alla Spagna unificata fu parte integrante del regno di Aragona. Che comprendeva il Condado di Barcellona, talchè sarebbe meglio definire aragonesi le tradizioni catalane vantate ad Alghero e nel resto della Sardegna. E i Vespri Siciliani altro non furono che la cacciata di quei balossi dei francesi (Mala segnoria, “l’ha detto” Dante nel “Paradiso”) da parte dei siculi (che divennero aragonesi poco prima dei sardi). Nell’immaginario di tanti italiani in partenza per la Spagna, Zaragoza, capitale dell’Aragona dovrebbe pertanto ‘contare di più’ di Barcellona (Ciudad Condal, solo comitale, non reale). Salvo il mare, in Aragona trovi tanto, e soprattutto, nel nord, il contrario del mare, quei monti, di nome Pirenei, che almeno d’estate una visita la meriterebbero (mentre d’inverno, ancorchè non manchino belle stazioni invernali, l’italiano, si sa, non lo schiodi dalle Alpi).
Il bello dell’Aragona
Il tanto, in termini turistici, proposto dall’Aragona, spazia dall’arte (basta un nome: Goya) alle tradizioni religiose (la Vergine del Pilar è sinonimo di Hispanidad: nella magnifica basilica barocca sulla riva dell’Ebro sono presenti tutte le bandiere dei Paesi americani di lingua castigliana); dalla storia (aragoza, la romana Caesarugusta poi araba Saraqusta, le preservate macerie di Belchite risalenti alla tragica Guerra Civil ricordano gli Orrori della Guerra descritti da Goya) alla Natura (inquietante transitare nei Monegros, un brullo territorio quasi desertico scenario di Jamòn Jamòn di Bigas Luna). Per non parlare dell’architettura (a Zaragoza l’araba Aljaferìa è seconda, in bellezza, solo alla granadina Alhambra e a Teruel incanta il mudèjar). E ad attrarre il nostrano turismo in Aragona ci sarebbe pure la gastronomia, “innaffiata” pure da buoni vini (Calatayud, Campo de Borja, Cariñena, Somontano), ma a due condizioni: che al viaggiatore piaccia una cucina semplice, casareccia (tutto il contrario delle raffinate elaborazioni di moda nel nord della Spagna) e non gli venga l’uzzolo di misurarsi a tavola con gli aragonesi (i maños sono tremendi mangioni, sfidarli può costare tanti Alka Seltzer).