“Sto tornando a casa, in Brianza”. Quando risponde al cellulare, per l’ennesima intervista della giornata, Gatto Panceri è in auto e si sta lasciando alle spalle l’afa di Milano. L’uscita del suo ultimo singolo “Vieni a vivere” segna, infatti, il suo ritorno in prima persona sulla scena musicale. Dopo aver firmato successi come “Vivo per lei” per Bocelli e Giorgia, tutti, noi compresi, siamo curiosi di scoprire il singolo che anticipa il suo nuovo progetto discografico e ci ripropone quest’artista in grande forma, pieno di energia e voglia di reagire alla crisi.
“Il verbo vivere – ci racconta Gatto Panceri – per moltissime persone, oggi è stato soppiantato dal verbo sopravvivere. Con questa canzone, spero di essere da monito per vivere non succubi di cose effimere, inganni e remore. Adatta a chi almeno una volta, ha avuto l’impulso di lasciar perdere la rincorsa al superfluo per direzionarsi verso l’essenziale. È perfetta per chi ha capito che, se anche possiedi un paradiso, senza la condivisione di qualcuno che con te ne possa godere, lo stesso è cosa inutile”.
Non è, infatti, un caso che Gatto Panceri abiti in Brianza, da lui stesso definita la Toscana della Lombardia. “Questa zona – prosegue il cantautore – da sempre m’ispira dal punto di vista creativo. Tra i suoi pregi c’è sicuramente quello di essere molto verde e, al tempo stesso, a pochi chilometri da Milano. Natura e animali, che io amo, qui poi non mancano proprio”.
E non mancano neanche nel video del tuo nuovo singolo?
Sì. Natura e animali sono i veri protagonisti del video. Volevo che il brano e il videoclip trasmettessero solo sensazioni positive. Le altre parole d’ordine che ho sempre avuto fisse in mente, durante le riprese, erano: movimento, energia, sorrisi e spazi ampi. Le scene sono state riprese tra Salento e Brianza (in particolare Concorezzo, città in cui Gatto è cresciuto e che ha ispirato molti dei suoi brani, e il Lago di Pusiano, ndr). Nel video ci sono grandi scorci di natura. Da cui si intuisce la mia natura un po’ contadina, un po’ alla Battisti.
Mi sembra di capire che alla Brianza sei molto attaccato.
Qui ci sono nato, ma amo questo posto soprattutto perché è molto conciliante col mio stile di vita. Io sono un tipo che scrive molto (Gatto ha all’attivo 11 album e una marea di canzoni scritte per altri, ndr) e la Brianza è il mio rifugio.
E proprio da questo rifugio è nata una canzone molto estiva.
Sì. Non a caso l’abbiamo scelta per anticipare l’uscita dell’album, che è prevista tra qualche mese. Musicalmente questo è un mese in cui ci sono tante uscite e per essere notati e passare in radio bisogna proporre pezzi commerciali. Vieni a vivere è una canzone poi molto positiva, ma non da ballare. Ha un arrangiamento ricercato, poco italiano, dal sapore più internazionale.
Grazie alla musica hai viaggiato tanto. Quale meta consiglieresti ai nostri lettori?
Dovresti chiederlo a “A Lei”, la mia canzone di maggior successo, che ha girato più di me. Penso che solo in India non la conoscano.
Quest’estate dove ti potremo ascoltare dal vivo?
La tournée è già iniziata: toccheremo soprattutto il Sud Italia. Sul palco porterò i pezzi più importanti dei miei dieci album, ma anche le canzoni che ho scritto per altri, come “C’è da fare”, che dal vivo rendono molto. Sentirle interpretate dal suo autore, credo che sia tutta un’altra cosa.
Scrivere per altri è…
Un grande business. Non pensare che scrivere per altri equivalga a privarmi di pezzi perché, sotto questo punto di vista, sono molto produttivo. Tanto ce n’è per tutti: per me e per gli altri.
C’è differenza tra le canzoni che scrivi per te e quelle che scrivi per gli altri?
Il processo creativo è lo stesso: le scrivo tutte allo stesso modo. La differenza sta nel fatto che una canzone da me scritta può non essere nelle mie corde. Quando ho scritto “Eri Tu” l’ho subito immaginata cantata da Leali.
Ti sei esibito in Giappone, Canada, Svizzera e Messico. A livello di accoglienza che differenze hai riscontrato?
I Giapponesi sono i numeri uno. Hanno un grande rispetto per l’arte. A Tokio conoscevano tutto il mio repertorio e ne sono rimasto sorpreso. In questo Paese non esiste poi la pirateria e l’artista è in primo piano. Insomma sono lontani anni luce dall’Italia. L’America, invece, è più vicina a noi. In America Latina poi i musicisti sono visti con gran rispetto. Del resto non potrebbe essere altrimenti visto che loro vivono di musica.
Come sarà la tua estate?
Sarà un estate piena di lavoro. Sarò impegnato nella tournée, nella promozione del singolo e nella lavorazione dell’album. Se ci penso, mi sento male: io che vado a predicare di vivere meglio trascorrerò un’estate senza neanche un po’ di riposo. Mi piace però avere un progetto.
Se potessi partire dove andresti?
Vorrei regalarmi un viaggio in India per la natura e il mare meraviglioso. Mi piacerebbe vedere anche il Madagascar, Parigi e Istanbul.
Una domanda che avresti voluto sentirti fare?
Ti dirò quella che non mi hai fatto. Per 19 anni i tuoi colleghi giornalisti mi hanno chiesto il perché del mio nome. Per premiarti, di non avermelo chiesto, ti racconterò un aneddoto proprio sul mio nome che in pochi sanno. A consigliarmi di chiamarmi Gatto Panceri fu niente meno che Pippo Baudo. Era il 1986 e Pippo, che dopo 16 anni ritornava a presentare il Festival di Sanremo, disse al mio manager di allora che gli piaceva come cantavo e la mia canzone, ma il nome (Luigi Giovanni Maria Panceri, ndr) quello proprio no. Doveva essere assolutamente cambiato. Una volta saputo che per gli amici ero semplicemente Gatto Panceri, disse: “Sì, questo mi piace”. In quell’occasione come in tante altre, Pippo Baudo ci aveva visto lungo. Grazie Pippo!
(17/07/2013)