Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Rajasthan e Uttar Pradesh: un ‘must’ conoscerli

Ricordi di viaggi precedenti e nuove visioni di città e paesaggi unici. L’India ha sempre la capacità di stupire. A partire dal favoloso Rajastjan

Haryana (senza Hitler) e Rajasthan “über alles”

Il nostro inviato Gian Paolo Bonomi a Delhi
Il nostro inviato Gian Paolo Bonomi a Delhi

Non trovata l’indiana della casta giusta con cui metter su casa, il 4° giorno lascio Delhi bagnata da un anticipo di monsone (è il 17 giugno solitamente arriva ai primi di luglio) ammirando gente felice che si riversa su strade e piazze per godere, vestita, tanto attesa doccia a cielo aperto. Dopo poco meno di 150 km in parte percorsi nello Stato di Haryana (qui, almeno secondo Hitler, ebbe origine eppoi mosse verso la Deutschland Uber Alles la pura razza da lui vaneggiata) eccomi, nel Rajasthan, sull’arroccato Neemrana Fort. Uno storico (1454) complesso monumentale trasformato nel Fort-Palace (un Heritage Resort), secondo i suoi ideatori francesi, Aman Nath e Francis Wacziarg, un hotel non-hotel. Ma ahimè tanto godibile visita della fortezza Moghul vive il breve tempo di un lunch. Proseguo per la regione degli Haveli, palazzi e magioni di potenti e/o ricchi mercanti (qui passava la Via della Seta), eleganti edifici (e affrescati, scene di danza e caccia, elefanti e tigri) opere dell’architettura Rajput. All’Alsisar Mahal di Shekhavati concludo il 4° giorno della mia gita alla riscoperta di Rajasthan e Uttar Pradesh pernottando in una decorata camera da Mille e Una Notte. Roba da Maharajà. Mi do un pizzicotto, è tutto vero.

(19/09/2013)

Da vedere e sapere nella grande Delhi

Gusto bollywoodiano
Gusto bollywoodiano

Quanto ai monumenti ammirati nelle New e Old Delhi (il 2°e il 3° giorno, lasciai l’India il mattino del 10°) non tedio il lettore (ci pensano già le guide e i dèpliants dei tour operator) a raccontare pedissequamente fattezze e storie di moschee (Jama Masjid), fortezze (Red Fort), minareti (Qutub Minar), Raj Ghat (cremazione di Gandhi, si medita) e tantomeno (con quel nome dall’impossibile lunghezza) del Swaminarayan Aksardham (più seriamente, sia visitato!: contiene migliaia di anni di cultura Hindu). E a New & Old Delhi il turista farà anche un salto (questo lo suggerisco io) all’Imperial, hotel emblema del British Raj (vedi due miei scritti dedicatigli) e a Gurgaon, città satellite, al Kingdom of Dreams (show alle 18 goduto al ritorno dal tour il nono e penultimo giorno della mia gita) e lì si capirà la colossale importanza di quel cinefenomeno chiamato Bollywood. Sconsiglio invece una visita all’ambasciata italiana per saperne di più sui (loro malgrado) celebri due Marò, colà da ormai qualche mese in attesa di processo (risposte evasive). Se poi il viaggiatore mastica un po’ di inglese e coltiva curiosità sugli incasinati rapporti tra le realtà religiose, economiche e sociali nella oggidì pur progredita India, acquisti il Sunday Times e leggano gli Annunci Matrimoniali (Caste No Bar, c’è chi sposerebbe persino qualcuno/a di un’altra casta, ma ad ogni buon conto la pagina è suddivisa tra Muslim, Jain, Hindu, Christian, Brahmin, Muslim Sunni, e ci sono pure Punjabi, Bengali, Kumauni, a cui si aggiungono non meglio definiti Kayastha, Arora, Agarwal, Jat, Garhwali, Khatri, Kurmi per non parlare di Doctors e Cosmopolitan. Auguri e figli maschi.

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