Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Basta caccia delle balene. È l’ora del “whale watching”

La Corte di Giustizia dell’Aja ha messo al bando questa sanguinosa e straziante pratica fermando gli arpioni giapponesi. Gli ambientalisti esprimono soddisfazione, invitando a riscoprire i giganti dei nostri mari

Balene Capodoglio

Mai più spargimento di sangue a bordo delle navi da pesca e nelle acque dell’Oceano Antartico. La Corte internazionale di Giustizia dell’Aja finalmente si è espressa sullo stop alla caccia delle balene in Giappone, definendo questa agghiacciante pratica “illegale” e dichiarando con fermezza l’assenza di “fini scientifici”. La Corte ha messo un punto al contenzioso che era stato sollevato nel 2010 dall’Australia, seguita poco dopo dalla Nuova Zelanda. L’accusa aveva portato il Giappone in giudizio, chiedendo alla Corte internazionale di pronunciarsi sulla caccia alle balene ritenendola “mera attività commerciale, in violazione delle convenzioni internazionali e dell’obbligo a preservare i mammiferi marini e l’ambiente marino”. Il Paese del Sol levante era stato accusato di aggirare, con il pretesto della ricerca scientifica, il divieto di caccia che risaliva al lontano 1986. Lo stop pronunciato ora, spiega il Wwf internazionale, consentirà di “proteggere le balene nell’Oceano Antartico e di mantenere in salute le balene in tutto il mondo“. La decisione della Corte, infatti, “è vincolante e non può essere oggetto di ricorso“. Fa eco al Wwf, Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia: “Chiediamo al Giappone di rispettare la sentenza e mandare in pensione la baleniera Nisshin Maru. Invece di cercare di proseguire la caccia modificando l’attuale ‘ricerca’ – aggiunge Giannì – il Giappone deve unirsi ai programmi di ricerca scientifica internazionali in Antartide per studiare le balene e l’ambiente e sostenere la creazione di una rete di aree protette nell’Oceano Antartico per proteggere l’intero ecosistema”.

Ancora tanta strada da fare

BaleneIl "finning". Gli squali privati della pinna
Il “finning”. Gli squali privati della pinna

Le balene sono un importante tassello della biodiversità senza il quale nel tempo molti equilibri potrebbero cambiare, in negativo“, sostiene soddisfatto per la decisione presa a livello internazionale Stefano Di Marco, vice presidente di Cts, Centro turistico studentesco e giovanile, associazione ambientalista impegnata anche sul fronte della tutela e della valorizzazione della biodiversità marina. Secondo i dati a disposizione della capitale australiana Canberra, dal 1988 a oggi il Giappone avrebbe macellato oltre 10mila cetacei.”Con le balene anche gli squali hanno avuto una infausta sorte: il finning (spinnamento, ndrne ha decimato la popolazione negli anni, milioni di squali uccisi per avere la pinna dorsale. E anche se l’Europa ha bandito questa pratica terribile gli ambientalisti sono ancora molto preoccupati“, aggiunge Di Marco che suggerisce con convinzione un’alternativa interessante anche da un punto di vista turistico: “Perché non incrementare l’animal watching? Così come per i delfini e gli uccelli ci sembra quanto mai opportuno trasformare le balene in una risorsa da utilizzare senza nuocere a nessuno”.

L’osservazione delle creature del mare

Balene

L’osservazione dei cetacei nel loro habitat naturale è una pratica sempre più diffusa e da incentivare, considerando nello stesso tempo i risvolti economici. “L’indotto del whale watching è stimato in due miliardi di dollari all’anno  sottolinea il vice presidente di Cts  pensiamo al beneficio che ne trarrebbero le economie locali se invece di pescarle si concentrassero verso lo sviluppo di questa attività turistica nel pieno rispetto degli animali”.
Cannocchiale alla mano, dunque, e zaino pronto. Quali sono i luoghi più rinomati per il whale watching? Sicuramente le acque al largo della Scandinavia, della costa pacifica del Messico, del Kenya, della Nuova Zelanda, delle isole Azzorre, dell’Islanda, del Canada (nella foce del San Lorenzo, in Québec), dell’Argentina (nella Penisola di Valdés, in Patagonia), dell’Australia e del Sudafrica (soprattutto nella regione di Mossel Bay). Senza dover fare tanta strada, anche nel mare di casa nostra, il Mediterraneo, il whale watching è praticato molto, soprattutto nella acque di Lampedusa e nell’area protetta tra la Liguria e la Corsica, nel cosiddetto Santuario dei Cetacei. Ci si imbarca su navi in compagnia di un biologo che commenta gli avvistamenti, fornendo informazioni e curiosità, raccogliendo dati scientifici per la ricerca. Si arriva nelle aree di esplorazione dove si possono scorgere delfini, capodogli, balenottere comuni. In caso di mancato avvistamento è garantito lo sconto del 50% su un’altra uscita!

Info: www.whalewatchliguria.it

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