Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Torna a splendere la Pietà di Giovanni Bellini

Inaugura a Milano, alla Pinacoteca di Brera, una mostra sulla pittura devozionale umanistica del Quattrocento. Alle origini del più autorevole dei “Made in Italy”

Giovanni Bellini, Pietà (1460). Milano, Pinacoteca di Brera
Giovanni Bellini, Pietà (1460). Milano, Pinacoteca di Brera

La Pinacoteca nazionale di Brera a Milano presenta il restauro della Pietà di Giovanni Bellini e una selezione di 26 opere a tema del XV secolo. Tutto intorno, in quello che è stato chiamato il Brera district, pullulano le iniziative di design legate al Fuori Salone. Basta salire la scalinata dello storico palazzo dell’Accademia e si torna tra i pittori veneti del Quattrocento, a rivedere firme lontane, non meno importanti, del nostro Made in Italy. Coprodotta da Pinacoteca e Skira, la mostra apre in contemporanea con la settimana di maggiore affluenza internazionale nella città; un’ulteriore occasione per richiamare visitatori. L’esposizione, che è aperta fino al 13 luglio, si snoda lungo un percorso dedicato attraverso le sale II, III, IV e V della raccolta storica. La Pietà restaurata è opera posseduta dalla Pinacoteca; la mostra prevede però anche prestiti di altri musei, veneziani in primis e dell’Accademia Carrara di Bergamo, di National Gallery e British Museum di Londra.

Il restauro

Giovanni Bellini, Pietà, dettaglio
Giovanni Bellini, Pietà, dettaglio

Sono stati i restauratori del laboratorio interno alla Pinacoteca, Paola Borghese, Andrea Carini, Sara Scatragli, sotto la direzione di Mariolina Olivari, a ringiovanire la Pietà di Giovanni Bellini, che non subiva un intervento di cura dal 1860. Bellini aveva dipinto su due tavole di legno, accostate e unite su una linea diagonale: lungo la giuntura erano evidenti i segni del tempo, così come in diversi punti dell’opera . Il restauro ha corretto anche quelle che erano state alcune modifiche sull’originale, realizzate nell’Ottocento, grazie alle tecniche odierne, che permettono di osservare l’opera a raggi infrarossi e tramite diversi “filtri”, indagando a fondo sulla fattura di prima mano dell’opera. La Pietà viene restituita al pubblico in una rinnovata luce, che i più assidui frequentatori della Pinacoteca potranno rilevare. Per tutti, si potrà invece rendere evidente il confronto con le altre opere in mostra e con un dipinto che non ha, a dire il vero, il soggetto della Pietà vero e proprio: “Madonna con il bambino in trono”, sempre di Bellini, nel quale il bimbo dormiente prefigura la futura vicenda della morte e della resurrezione. Potrebbe sembrare una mostra per intenditori, in realtà, si tratta di una breve incursione in opere molto intense, tuttora da contemplare.

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Info: www.mostrabellinimilano.it

(10/04/2014)

 

Il soggetto è lo stesso, la pittura cambia

Giorgio Culinovic dello Lo Schiavone, Cristo in pietà e angeli (1456 ca.), Londra, The National Gallery
Giorgio Culinovic dello Lo Schiavone, Cristo in pietà e angeli (1456 ca.), Londra, The National Gallery

Il merito dei percorsi espositivi a tema è permettere allo spettatore di concentrarsi sul modo e sullo stile della pittura: il soggetto nella gran parte delle opere è lo stesso, il Cristo in pietà, l’interpretazione è diversa a seconda del periodo e dell’autore (nell’immagine Giorgio Culinovic detto Lo Schiavone, Cristo in pietà e angeli, 1456 ca., Londra, The National Gallery). In questo caso, si va dalla tradizione iconografica bizantina, con sfondi dorati e figure statiche, a una ricerca sulla rappresentazione del corpo e delle emozioni. Un manoscritto dei Carmina di Properzio viene esposto per ricordare la frase che Bellini appone, come sua firma,alla Pietà. L’artista riprende un verso del poeta antico e scrive “Questi occhi gonfi quasi emetteranno gemiti, quest’opera di Giovanni Bellini potrà spargere lacrime“. Sono gli affetti, l’intensa relazione tra il Cristo deposto dalla Croce e in chi lo sorregge, il primo interesse del pittore. La Pietà di Bellini, datata al 1460 è affiancata da altre opere dello stesso autore, oltre che da un lavoro di Antonio Vivarini, uno di Michele Giambono e un quadro di Andrea Mantegna, sempre della collezione Brera.

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