Da qualche parte ho letto che in Umbria ci si arriva soltanto perché lo si decide (è lontana dal mare) o perché si sbaglia strada (è separata dalle direttrici del traffico). Chi la sceglie lo fa però per diversi motivi. Gli stessi forse che il fotoreporter statunitense Steve Mc Curry ha immortalato col suo obbiettivo per documentare il suo viaggio in questa regione. Cento scatti riuniti fino al 5 ottobre, a Perugia, nella mostra Sensational Umbria, che raccontano di paesaggi naturali, volti, momenti di lavoro e di festa, eccellenze d’arte, cultura, cucina e musica. E proprio a chi è alla ricerca di una scusa (musicale) per andare alla scoperta del cuore verde d’Italia (Umbria Jazz è ancora lontana – a Perugia dall’11 al 20 luglio), consigliamo di partire alla volta di Foligno. Città oggi conosciuta soprattutto per la Giostra della Quintana e che in un futuro, ci auguriamo non troppo lontano, potrebbe passare alla storia per aver dato i natali ai Julian mente. La giovane band locale, nata nell’estate 2006, già molto apprezzata in patria, ma anche al di fuori dai confini umbri (nelle Marche hanno vinto diversi concorsi tra cui Bla Bla Festival e Sotterranea 2012), l’8 maggio si esibirà al music club SuperSonic di Foligno. Per farvi venire voglia di partire, abbiamo intervistato Diego Fratini (voce e glockenspiel – una sorta di carillon). Ecco cosa ci ha raccontato.
Com’è suonare in “casa”?
Esibirsi davanti agli amici è bello ma lo è ancora di più quando si è in trasferta perché chi non ti conosce, chi non ti ha mai ascoltato prima di allora dimostra nei tuoi confronti una maggiore propensione all’ascolto, presta più attenzione alla tua musica. A Foligno non ci sono poi molti spazi dove potersi esibire. A parte il SuperSonic, che ha una bella programmazione e offre ai gruppi emergenti l’opportunità di farsi conoscere.
Questo significa che vi state organizzando per suonare anche in altre città del Belpaese?
Certamente. Il 16 maggio saremo a Roma, altra città dove suoniamo spesso e siamo in un certo senso già conosciuti. Il 20 saremo invece a Matera e il 27 ci esibiremo per la prima volta a Milano. Vogliamo andare alla conquista anche del Nord Italia.
Siete diventati famosi grazie a un concorso, Anime di Carta in cui nel 2013 siete arrivati primi. Ti senti di consigliare questo percorso ai giovani che come te vogliono fare della musica la loro professione?
Fare musica non è come partecipare a un campionato di calcio. Agli inizi però i concorsi sono utili. Il mio consiglio è parteciparvi perché, a parte i premi in denaro che si vincono e che servono per pagare le spese, sono un modo per farsi conoscere, per entrare in contatto con altri gruppi, per capire com’è la scena musicale altrove. Fare amicizia con altre band ci ha permesso anche di scambiarci qualche data e di essere ospiti in qualche loro concerto e fare altrettanto noi con loro. Tra le band non ci dev’essere competizione.
Da dove traete ispirazione per i vostri testi?
A ispirarmi (tutti i brani dell’album li ho scritti io a parte due che portano la firma di Alessio) è soprattutto la vita quotidiana e le sensazioni che vivo. Sono, anzi siamo molto osservatori della vita. I nostri testi sono abbastanza cupi, tristi, poco spensierati nei confronti del futuro. Tra il primo e il secondo album ci sono però delle differenze.
Parlacene.
Dal profondo (2011) ha testi molto introversi, lo possiamo definire un album molto individualistico. Frantumi ( 2012) invece è un disco che segna la nostra uscita dal guscio. Ci ha fatto uscire in superficie. È come se avessimo capito che esiste altra roba, al di fuori di noi. E nel prossimo disco questo cambiamento sarà ancora più esplicito. Parleremo dei problemi della società. Non sarà però un disco, ma un EP di sei pezzi.
Il primo e il secondo album non sono diversi solo per gli argomenti trattati nei testi?
Di diverso c’è anche la sonorità e la composizione dei pezzi stessi. In Frantumi abbiamo fatto pezzi brevi: strofa, ritornello e finale. Dal Profondo invece ha pezzi folli. Nel prossimo lavoro siamo tornati all’estremo, con pezzi quasi fuori di testa.
Perché pur essendo una band rock avete scelto di cantare in italiano?
Quando siamo nati come band il nostro obiettivo primario era di unire sonorità oltreoceano alla lingua italiana, cercando di alternare atmosfere cruente ad altre più delicate. Pensiamo poi che la nostra lingua sia molto bella e vogliamo che ci ascolta capisca i testi delle nostre canzoni.
I vostri dischi si possono acquistare sul vostro sito ufficiale.
Sì, ma li portiamo sempre con noi anche ai concerti.
Com’è suonare in un band?
Un duro lavoro perché suonare insieme significa vedersi tutti i giorni. Insomma è una grande fatica. L’arrivo di un nuovo componente, di recente abbiamo cambiato batterista, può essere molto destabilizzante.
Spiegati meglio.
L’arrivo di Mattia (Desantis, ndr), che ha preso il posto di Jacopo, non è stato proprio indolore. La nostra fortuna è che io, Michelangelo (Capodimonti, chitarra, ndr), Alessio (Aristei, basso e cori, ndr) lo conoscevamo già, era un nostro amico e questo aspetto ci ha aiutato molto. Quando Mattia è arrivato stavamo lavorando al nuovo album e il fatto di conoscersi già, ci ha aiutato a non avere freni inibitori nei confronti degli uni e degli altri. Se un brano non gli piaceva ce lo diceva, senza tanti giri di parole. Senza Mattia il nostro nuovo EP sarebbe stato sicuramente diverso. Lui poi è stato bravissimo a imparare tutto il nostro repertorio nel minor tempo possibile (eravamo sotto data, ci attendevano diversi live da lì a breve).
C’è una canzone a cui sei più legato?
A una canzone in particolare no. Direi che sono legato all’album Frantumi perché è stato composto in un momento bellissimo della mia vita.
Convinci i nostri lettori a venirvi ad ascoltare al SuperSonic.
Vorrei che ci venissero a vedere suonare dal vivo prima di tutto per la grande professionalità con cui ci approcciamo alla musica. I nostri concerti sono qualcosa di unico. Penso di non peccare di egocentrismo nel considerarli al pari di uno spettacolo teatrale. Abbiamo poi un suono fantastico, su cui lavoriamo sempre e che modifichiamo continuamente. Lasciami dire che siamo più cabarettisti che musicisti.
Per vederli in azione, non resta allora che darci appuntamento a Foligno.
(24/04/2014)