Nel mio Grand Tour della Croazia, narrate le soste a Rovinj-Rovigno e Split-Spalato e veloci apparizioni a Pula-Pola, Rijeka-Fiume, Plitvice e Trogir-Traù, conclusi la precedente terza puntata, facendo benzina nella BiH (Bosnia Erzegovina). Per l’esattezza a Neum, capoluogo di un lembo di terra piccolo non meno che storico: secoli prima che costituisse l’attuale corridoio d’accesso all’Adriatico – una decina di chilometri di costa – di questo ulteriore Stato sorto dalle ceneri della Jugoslavia, fu zona di confine tra l’Impero ottomano, la Serenissima e la repubblica di Dubrovnik-Ragusa.
Curzola, ex avamposto venezian-ottomano
Torno in Croazia entrando nella Dalmazia meridionale sulla strada litorale (al confine con la Bosnia Erzegovina è finita la bella e poco frequentata autostrada collegante con l’Istria) che dopo Dubrovnik prosegue fino alle Bocche di Cattaro-Kotor. E il lettore mi perdona se, sconfino idealmente nel Crna Gora-Montenegro ricordando la regina Elena, sposa di Vittorio Emanuele III detto Sciaboletta, forse non a suo agio in casa Savoia a causa di buona educazione e cultura volute dal babbo, Nicola, monarca del minuscolo e selvatico regno, che mandò le figlie a studiare alla corte del suo omonimo e omologo, lo Zar di Russia.
Ad ogni buon conto né l’attraversamento dell’enclave bosniaca né il ricordo delle origini montenegrine della trascorsa regina d’Italia mi fanno dimenticare che – come da programma stilato da Marijana – sto andando a Korcula-Curzola.
L’isola natale di Marco Polo
Mi infilo pertanto nella lunga penisola di Peljesac-Sabbioncello e a Orebic, dopo una cinquantina di chilometri, un ferry mi porta a Curzola. Che per i croati sarebbe l’isola natale di Marco Polo, ma i venexian manco parlarne (e a scriverne, accusando di “appropriazione indebita” fu il veneto Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera di tre anni fa).
Un bel busillis (ma poi così importante?) sul quale, pur adorando la Serenissima Republica, a mio parere la pagina più gloriosa nella storia dello Stivale, scelgo pilatescamente di non pronunciarmi (sennò, sempre a proposito di Grandi Viaggiatori, si rischia di rimenarla col dov’è nato Colombo? Genova, Barcellona, Lisbona quando non addirittura nel Monferrato…).
Un’astensione che spiego con due motivazioni: non può essere “sua” (in quanto risalente a qualche secolo dopo) la casa a lui intitolata, ma è pur vero che a Curzola è da sempre presente il cognome Polo. Ritengo invece ben più importante il ruolo strategico che l’isola ricoprì nella storia della Serenissima. Fu avamposto di frontiera con la allora ottomana costa della attuale Bosnia Erzegovina e con l’indipendente repubblica di Ragusa.
Oltre a Marko, è anche la “Lumbarda”!
Ma Curzola è, ovviamente (e mi complimenterò nel congedarmi da Hana Turudic, brava non meno che bella direttrice dell’ufficio del Turismo) molto di più del brand Marco-Marko Polo onnipresente su gadgets, souvenirs e nelle intestazioni di bar, ristoranti e alberghi (si indovini il nome di quello che mi ha ospitato, dalla piscina bella vista sul centro storico).
Mi è molto piaciuta la visita il complesso storico della Stari Grad, la città vecchia (gli edifici affacciati sulla piazza della cattedrale, come dicono le guide valgono il viaggio) e anche l’hotellerie possiede due chicche: l’austroungarico hotel Korcula (prediletto dagli inglesi che amano ammirare i tramonti) e per la clientela deluxe.
Il Lesic-Dimitri Palace (ça va sans dire Relais & Chateaux) nel cui ristorante ho pranzato como un cura,prete, (direbbe il mio amico Ignacio, e miglior lode in Spagna non esiste) ma, pessimo cronista, non so precisarne il costo (grazie Hana per l’invito – divini i frutti di mare e la sogliola – in un posto che, stante la sciccheria, avrei sempre visto ‘dal di fuori’).
E vale la pena anche un tour automobilistico di Curzola che può iniziare, intrigando noi milanès, dalla vicina Lumbarda (ma niente a che vedere con leghisti e/o longobardi, anzi, il Grk, vino bianco locale, spiega che nel IV secolo a.C. vi approdarono coloni greci) per concludersi dalla parte opposta, a Vela Luka, bella baia (d’obbligo una sosta a Cara da un produttore del Posip – ne acquisto alcune bottiglie della marca, ma che caso, Marko Polo – un signor bianco, specialità e vanto di Curzola).
Ostriche e uova di mare a Ston
Da Curzola ferry a Orebic e dopo aver ripercorso la penisola di Peljesac-Sabbioncello mi infilerò sulla litorale per Dubrovnik percorrendo solo un centinaio di chilometri ma densi di stop.
A Orebic un minimuseo con documentazione di una società marittima fiorente a fine ‘800, mi ricorda le grandi tradizioni marittime di queste genti e più su, da un santuario a mezza costa, traguardando l’antistante Curzola ammiro isole e isolotti che abbelliscono la costa dalmata (salvo le Tremiti, ce ne fosse almeno una sulla costa adriatica del Belpaese).
A Ston (dove inizia la lunga penisola di Peljesac) godo un doppio appagamento, palatale e culturale. Tranquillizzato dalla vista di tanti allevamenti di mitili e frutti di mare, al ristorante “Vila Koruna” comincio con tante belle (e, quel che importa, saporite) ostriche e proseguo con le (almeno per me) rare Uova di mare (inglese sea eggs, spagnolo huevos de mar, tedesco meereseier, francese violets) evidentemente prelibate costando più care (molti credono che ciò che è più caro è più buono, e purtroppo hanno quasi sempre ragione) delle ostriche (ahhh almeno ogni tanto, come ogni bravo cronista viaggiatore è il caso che segnali qualche prezzo; eccomi allora a precisare che le ostriche costavano, non a me, 10 Kuna l’una e le Uova di mare il doppio, laddove al cambio 1 € vale 7,6 Kuna). Entrambi dominati e protetti dalla possente fortezza, a pochi metri dal “Vila Koruna” affino la cultura storico-culturale visitando le vaste saline di Ston, incredibile fonte di ricchezza (chissà quanto le appetirono quei trafficoni della Serenissima Venexia, a quei tempi il sale valeva più dell’oro) della Libera Repubblica di Dubrovnik-Ragusa. È là che mi dirigo ….