Dai pochi cenni relativi alla geografia e al clima, si può dedurre con buona facilità che Soria e il suo territorio godono le bellezze di una natura invidiabile. A 1.056 metri sul livello del mare (record dei capoluoghi di provincia spagnoli, superato soltanto, e solo per poche decine di metri, dall’altitudine di Avila) la città è abbellita dal passaggio del Duero (il terzo fiume della Spagna) e nella parte alta di un percorso “vinicolo” che terminerà soltanto a Porto. Aria pura e limpida, pertanto, clima rigido in inverno ma gradevole d’estate, certamente benefico per l’uomo (e, vista la scarsa umidità, per la preservazione delle sue opere), il tutto per una vivibilità che nella bella stagione trasforma la città e i suoi dintorni in località di villeggiatura.
Soria, maestra in Castellanìa: struscio e robuste mangiate
Amata e odiata da Antonio Machado, suo cantore per eccellenza, Soria elargisce al viaggiatore – assordato da chiasso e rumori tanto vantati dal folklore di altre località iberiche – quella tranquillità che solo una città della provincia della Castilla y Leòn può garantire. Oltre allo struscio – ‘officiato’ in un quieto brusìo nel Collado, la strada per antonomasia – e a robuste mangiate di asados (arrosti), il sussiegoso e tradizionalista soriano (come gran parte dei corregionali castellanos) non è che si permetta gran che d’altro, e non per ristrettezze economiche. Una spiegazione c’è: chi vive in una regione interna, vocata al lavoro nei campi, lontana dal mare e ‘arroccata’ su un altopiano con 700 metri di altitudine media, è parco, riservato, parsimonioso, bada al sodo. Uno stato d’animo forse non esaltante, che comunque fu oggetto di ammirazione anche da parte dell’andaluso Machado: “Contro l’anima ridondante e barocca, che aspira soltanto all’esibizione e all’effetto, il miglior antidoto è Soria, maestra in castellanìa che sempre ci invita a essere ciò che siamo, nient’altro”.
Una provincia dedita all’agricoltura e alla gastronomia
Tranquillità nelle strade di Soria, silenzio tra la natura che la circonda: boschi di pini, riposanti panorami nei dintorni, dai Picos (Cime) del Urbiòn al Moncayo, mentre il Duero si apre faticosamente la strada verso le pianure (“tra plumbei poggi e macchie di corrosi querceti”, Machado). Siamo nella terra delle Cañadas, dei Tratturi Soriani Orientali -tra i più importanti della Meseta centrale spagnola- Caminos e pascoli delle greggi di pecore Merinos che ai primi caldi della pianura, condotti da pastori con Capa(tabarro) Blanca, muovono verso i monti del Sistema Iberico.
La capitale di una provincia dedita all’agricoltura, circondata da paesaggi bucolici e lontana da modernismi e innovazioni, non può che vantare una gastronomia estremamente valida per la sua naturalezza, semplicità e schiettezza. Chi visita Soria gode i già citati asados di cochinillo(maialino), cordero (agnello), cabrito (capretto), con alubiones (fagioli) del Burgo de Osma, per non parlare delle trote di Ucero, i granchi di fiume ‘a la soriana’, le migas (pane sbriciolato fritto) ‘a la pastora’, codornices y perdices escabechadas (quaglie e pernici in scapece), gli insaccati stagionati nell’aria dei monti. Al momento del postre (dessert) non c’è che da scegliere tra il lascito moresco, le yemas (tuorlo d’uovo zuccherato e glassato), pasticcini con sciroppi e quanto sfornato giornalmente – e messo in vendita sull’antica ruota, nei conventi delle suore di clausura – torte, budinetti, biscotti, per non parlare della mantequilla dulce (burro dolce) di Soria.