Capre e Diavoli al Carnevale di Aliano
Ad Aliano, in Basilicata, il corso principale, via Roma, accoglie la sfilata carnascialesca locale. Le grandi e pesanti maschere fatte di argilla e cartapesta rappresentano volti demoniaci cornuti e nasuti.
Le maschere sono sormontate da piume di gallo e da una ghirlanda di nastri di carta colorata. I figuranti tengono molto a celare la propria identità. Una tradizione che risale al tempo in cui durante questa giornata i contadini potevano finalmente farsi beffe dei signori senza essere riconosciuti.
Queste inquietanti figure sono spesso coperte da campanacci, vestiti logori e bastoni da pastore; elementi che rendono ancora più arcaiche e un po’ sinistre queste maschere che trovano origine in culti pagani precristiani, come del resto tutto il Carnevale.
Ma ad alleggerire l’atmosfera e a renderla più carnascialesca intervengono organetti e cupa-cupa, tipici strumenti musicali tradizionali di questo lembo di Sud.
Con questi strumenti si rallegrano gli astanti e danno ritmo alla sfilata.
Storie e leggende
Donne e ragazze in abito tradizionale sfilano ballando e dandosi il braccio; mentre maschere di pura fantasia arrivate dai comuni limitrofi offrono vino locale, generosamente versato ai turisti da fiaschi di paglia. Il corteo, festante e rumoroso, discende lungo il corso principale fino a riunirsi in Piazza Garibaldi, all’ingresso del paese di fronte al Fosso del Bersagliere. Si narra infatti che i briganti locali abbiano gettato in quella fossa un bersagliere piemontese improvvidamente innamoratosi di una donna locale già promessa sposa.
La piccola piazza ben conservata è chiusa dalla Casa degli Occhi, un’antica magione le cui finestre le donano fattezze umane; sulle scale della quale si consuma l’ultimo atto del Carnevale, in un festare continuamente sottolineato dagli ostinati degli organetti. È il tramonto, le falesie e gli strapiombi lentamente calano nell’oscurità, i suoni degli organetti svaniscono pian piano e sulle colline attorno ad Aliano scende il silenzio.
Carnevale Dauno con ‘Zé Peppe’
Il Carnevale di Manfredonia, in provincia di Foggia, ha ormai superato i sessant’anni di vita, periodo durante il quale la manifestazione si è evoluta nelle forme spettacolari che offre oggi al pubblico.
È leggermente passata in secondo piano la centralità della maschera simbolo del carnevale Dauno, Zè Peppe, cui è riconosciuto comunque il diritto di aprire, insieme con la consorte, ogni sfilata programmata nei giorni della kermesse sipontina.
Il palcoscenico è ormai stato conquistato da migliaia di giovani di tutte le età. Suddivisi in gruppi mascherati, sfilano per contendersi il premio finale per la migliore coreografia e per i migliori costumi.
L’intero calendario della manifestazione si sviluppa in un arco di oltre dieci giorni. Non mancano le rappresentazioni collaterali che fanno da cornice alla sfilata mattutina e alle altre due notturne, tutte scaglionate nel periodo festivo.
I preparativi per entrare in scena
Fin dalle prime ore il corteo mattutino inizia a radunarsi in piazza della Libertà. Con l’arrivo dei figuranti, sempre più numerosi, si forma man mano un serpentone che occupa per intero il lungo viale Aldo Moro. In attesa di sottoporsi al giudizio degli astanti ogni gruppo è intento a ripetere i passi di danza; ma anche a provare i canti o i balli che ognuno ha preparato durante i mesi antecedenti.
È in questi momenti di ansia generale che si coglie la passione con la quale persone di ogni età partecipano con entusiasmo all’annuale appuntamento carnevalesco. Grande emozione suscita osservare con quanta serietà seguono le indicazioni delle maestre i bambini delle scuole elementari e materne; anche se leggermente impacciati nei coloratissimi e fantasiosi costumi che mani pazienti hanno cucito per loro. Infatti il Carnevale di Manfredonia, al quale partecipano scolaresche di ogni ordine e grado, si contraddistingue per l’impegno delle famiglie nella realizzazione degli allestimenti sartoriali. Lo scopo principale è rafforzare i rapporti interpersonali dell’intera comunità.
Maschere e bande musicali
A partire da piazza Marconi, spazio adibito come ingresso ufficiale per la sfilata, ogni gruppo – preceduto da una banda musicale – esibisce la propria coreografia di fronte ad una giuria popolare: un’azione che si ripeterà varie volte nel percorrere i due chilometri del lungomare Nazario Sauro, contornato da oltre centomila visitatori.
Naturalmente in questo mondo colorato non possono mancare i grandi carri allegorici con le figure di cartapesta che immancabilmente alludono all’attualità, nel rispetto della tradizione carnascialesca. Anch’essi saranno giudicati in base alla migliore attinenza dell’opera al tema proposto annualmente e il premio rappresenterà anche un riconoscimento al talento e all’esperienza delle maestranze locali che, nonostante le difficoltà, continuano a mantenere sempre viva la loro tradizione.
Il Carnevalone di Montescaglioso
Il Carnevale di Montescaglioso risale agli inizi del 1600. In tutti questi anni ha conservato le sue caratteristiche di originalità e spontaneità riproponendo, la simbologia e le figure dell’antica tradizione contadina. La celebrazione della prima domenica di Carnevale è replicata la domenica successiva mentre il clou si raggiunge durante l’intera giornata del martedì grasso. La peculiarità più evidente di queste maschere è data dai costumi realizzati con sacchi di juta completamente rivestiti con piccoli ritagli di giornali: una inconsueta e fragile copertura che, in caso di pioggia, non permetterà la rappresentazione carnascialesca.
Presente e futuro con tanti personaggi
È un’articolata rappresentazione nella quale sfilano personaggi per i quali presente e futuro si incrociano senza soluzione di continuità. Il corte è contornato dal frastuono di piccoli e grandi campanacci agitati per allontanare la malasorte. Un cartello portato al collo da alcuni figuranti: Da’ na cos’ a u’ Carn’ valon’ (Dai una cosa al Carnevalone) sollecita gli astanti a fare una qualsiasi donazione come suggerisce il cartello.
Tra i primi a sfilare Pulcinella che prende in giro la Parca intenta a roteare un fuso tra le gambe degli spettatori i quali, per allontanare l’avverso destino, cercano di sfuggire al suo contatto. Seguono i numerosi sgherri, resi irriconoscibili dai lunghi copricapo anch’essi di carta che lasciano scoperti solo gli occhi. Essi procedono su due file parallele per contenere gli spettatori i quali, per l’inevitabile selfie da portare a casa, vorrebbero inserirsi tra le maschere.
La fine di Carnevalone
Man mano che il corteo avanza si susseguono gli altri personaggi tra i quali la Quaremma, moglie di Carnevalone vestita di nero e ricoperta da un lungo scialle, anch’esso scuro, che porta tra le braccia un bambolotto. È Carnevalicchio, simbolo del risveglio della natura e del nuovo ciclo di vita, il quale sostituirà il vecchio Carnevalone non appena sarà bruciato sul rogo. Chiude la sfilata quest’ultimo personaggio, che percorre le strade cittadine in groppa ad un asino, abbigliato con uno scuro mantello a ruota e protetto da un ombrello. Nonostante abbia la certezza di andare incontro alla morte, continua ad annotare su un foglio di carta tutte le donazioni, denaro o cibo, che gli vengono offerte: la cifra raccolta servirà per pagare l’ultima abbuffata di tutti i figuranti prima della Quaresima.
A sera inoltrata una lunga fila di religiosi scorta il feretro di Carnevalone, seguito da un codazzo di amici e dalla vedova, fino alla piazza dove è allestita la pila sulla quale sarà sacrificato il vecchio Carnevalone. Nell’istante in cui le fiamme avvolgono completamente il malcapitato, quasi in contemporanea, si assiste alla nascita di Carnevalicchio. A mezzanotte quaranta rintocchi di campane segneranno la fine delle libagioni e l’inizio del digiuno quaresimale.
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