Proseguo la narrazione della mia gita in India a riscoprire (vi andai quando si facevano ancora le foto con i rullini) due Regioni-Stati – il Rajasthan e l’Uttar Pradesh – alla cui conoscenza darà precedenza il globetrotter programmante i viaggi in quel Paese. Viaggi al plurale, e non esagero, perché il subcontinente indiano oltre che vasto (undici volte l’Italia) e complicato da girare, offre tantissimi e differenti panorami da ammirare nonché un’infinità di diverse genti, religioni e culture da conoscere, col risultato che un solo viaggio serve solo per poter dire di esservi stati (e a molti, ahinoi, basta questo) ma non di conoscerlo.
In groppa al cammello. Come Lawrence!
Si parte per Bikaner (170 km) e prima di chiudere la giornata al Heritage Resort (comodo ma moderno, di ereditato, poco) godo differenti sensazioni. Aggirandomi dopo il lunch nel datato Karni Bhawan hotel, dall’arredamento che più british (e vintage) non si può, penso al mio primo, squattrinato soggiorno londinese alla vista di una di quelle stufe elettriche che, maledette funzionavano solo infilandovi i pence (non avevo spiccioli? passavo la notte ‘barbellando’ – ‘rabbrividendo’ per i non lombardi – dal freddo). Ma se si parla della way of life nella Gran Bretagna di Churchill, le sale e le camere del Karni Bhawan di Bikaner potrebbe servire da interni di un remake di Mrs Miniver (che bel film!). Nel pomeriggio non ho tempo per pensare: come da programma vengo sollevato e posto in groppa per la canonica passeggiata cammellata, mi sento tanto Lawrence of Arabia (confessiamolo: in noi duri viaggiatori è sempre nascosto il turista pirla che si diverte con poco).
Mandawa Castle. La ‘casa’ dei Maharajà
Entro in diretta e mi trovo (2° giorno del tour) a Mandawa nella Shekawati region, informa Irfan neoamico leader della gita, terra Moghul da visitare per la folta presenza (ben 23 a Mandawa) degli (nome persiano) Haveli, magioni con cortile, sovente principeschi palazzi, pluridecorate da piacevoli affreschi (chi gira da queste parti procuri di soggiornare in un Haveli, albergo che, come gli Heritage, talvolta possono denunciare il passar del tempo ma un vero viaggiatore va in cerca di ben altro che la rubinetteria d’oro o i bidet firmati da Armani o D&G). Mi guardo bene dal lasciare Mandawa (curiosi quei pavoni svolazzanti tra i tralicci della luce) senza una sosta al Mandawa Castle, un posto che dire ‘da Maharaja’ è riduttivo, e non ricavo questa certezza visitando una delle 85 camere (che comunque mi dicono belle) bensì mediante la sola sosta al bar, magnifico più che deluxe.