Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Io viaggio da sola

L’uomo ha sempre avvertito il bisogno di muoversi. Solo alla fine del XIX secolo il “viaggiatore” si trasforma però in “turista”. Un fenomeno che vede protagonista anche la donna, nuova “femme touriste”. In “Storia del viaggio e del turismo in Italia”, Mursia editore, Andrea Jelardi compone un approfondito affresco dall’antichità al Terzo Millennio

Una cartolina dei primi del Novecento
Una cartolina dei primi del Novecento

Una delle maggiori novità nel turismo del XIX secolo è la presenza, in tutto il mondo, della donna viaggiatrice, ossia la femme touriste che sconvolge le abitudini secolari degli uomini e comporta l’introduzione di una serie di nuove norme comportamentali e canoni di costume e di moda, contribuendo non poco a trasformare quindi il viaggiatore ancor di più in turista vero e proprio.

 

La conferma ufficiale del mutato stile del turismo arriva nel 1845, quando l’inglese Thomas Cook crea il viaggio turistico organizzato e numerose signore inglesi partono anche da sole affidandosi a lui, curatore di ogni dettaglio. La presenza femminile – oltre a rappresentare un evidente traguardo sociale – modifica di molto anche le tipologie di viaggio che ora devono repentinamente adattarsi a soddisfare le esigenze di nuclei familiari, e non più soltanto di uomini: cambiano e si adeguano, così, le strutture degli alberghi, gli scompartimenti di carrozze e treni e le cabine delle navi, ove al gentil sesso ed ai bambini vengono riservati apposite strutture e nuovi tipi di servizi.

 

La cultura turistica «al femminile», diffusasi velocemente, impone peraltro alle donne ed alle fanciulle una minuziosa normativa sul bon ton, sul modo più conveniente di comportarsi e soprattutto sull’abbigliamento, appositamente studiato per essere al tempo stesso decoroso e pratico, ma senza mai mortificare il fascino di chi lo indossa, soprattutto in considerazione del fatto che in quegli anni, come del resto fino alla metà del Novecento, l’abito denota un modo di essere e di pensare che si rivela di grande incidenza nelle occasioni mondane e si modifica ad esempio a seconda dell’età, dello stato civile e più ancora, ovviamente, della classe sociale.

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Io viaggio da sola

La nobile dama dell’Ottocento inoltre, essendo in parecchi casi già libera ed emancipata, dedica molta cura al proprio corpo, tanto che il settimanale «L’Illustrazione Italiana» nel 1889 pubblicizza per le lettrici una vasca da bagno riscaldata ed il sapone rassodante Congo per il seno, mentre rende noti i volti delle prime tre classificate al Grande Concorso Internazionale di Bellezza tenutosi al Teatro Scribe di Torino; i loro nomi sono Jenny Cooper da Vienna, Costanza Fusoni da Rimini e la parigina Rachel Verdier le quali – sebbene elette «tra nove donne non belle, ove solo qualcuna poteva dirsi graziosa» – sono esempio vivente di un innegabile progresso sociale dei tempi.

 

Con questo presupposto è ovvio che i primi testi letterari ad interessarsi della donna turista siano ovviamente i galatei ove, come prima norma da rispettare, è indicata quella di astenersi da ogni esibizione di lusso incomodo e ridicolo, precetto basilare che una dama di buon senso deve rispettare allorquando si accinge a mettersi in viaggio.

 

La contessa de Genlis, autrice del Teatro di educazione ad uso della gioventù, stampato a Venezia nel 1825, raccomanda infatti alle sue lettrici, tra l’altro, di proteggere l’abito elegante con uno spolverino nel caso in cui ci si appresti a compiere una gita in campagna, mentre alle fanciulle inesperte suggerisce di dotare ogni abito di una tasca cucita all’interno della gonna, per nascondervi danaro e gioielli di valore. L’abbigliamento-tipo maggiormente consigliato prevede «un cappellino con velo bruno o azzurro, una pelliccia, oppure, a seconda della stagione, un waterproof di panno, alpaca o tela, un abito con colletto e polsini bianchi».

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Una famiglia in posa a Colle Sannita (Benevento) nel 1919
Una famiglia in posa a Colle Sannita (Benevento) nel 1919

Nelle norme del galateo si cimentano spesso anche gli uomini – viaggiatori di maggior esperienza – ad esempio Giacomo Barzellotti, autore dell’Avviso agli stranieri che amano viaggiare in Italia e dimorarvi per conservare o recuperare la salute (Firenze 1838) e molto attento ad illustrare i pregi del clima mite italiano ai turisti, che potrebbero però trovarsi impreparati o con abbigliamento poco adatto, tanto che a tale proposito scrive: «Così sempre alla ricerca di appartamenti molto riscaldati, gli stranieri, legati alle loro abitudini di vita (abiti leggeri e ambienti riscaldati in casa, lane e pellicce per uscire) ma non provvisti del guardaroba idoneo alla realtà climatica italiana, si vedono andare in giro per le strade e per le campagne, a piedi o a cavallo o nelle carrozze aperte in semplice abito, con molti svantaggi per la salute e anche per il decoro».

 

Negli ultimi anni dell’Ottocento, le buone maniere in viaggio vengono propagandate ed illustrate anche dalle maggiori pubblicazioni destinate ad un pubblico femminile, come «II Monitore della Moda» edito a Milano che illustra attraverso litografie a colori le migliori «confezioni da viaggio di buon genere» e, nel numero del 2 maggio 1887, presenta «abiti-tailleurs in lanaggio a tinta unita, pastiche, o a quadrati», segnalandoli come i più adatti «per visita al museo», mentre quando la moda dell’epoca impone i modelli con l’allacciatura posteriore, nei galatei e nelle pubblicazioni per turiste ne viene criticata la scarsa praticità, soprattutto perché inadeguati ad essere indossati rapidamente in occasioni particolari, come ad esempio «la sosta o gita in lago o per transito collinare».

 

Tra i più curiosi oggetti femminili da viaggio non mancano tuttavia quelli di gusto particolarmente kitsch, che contrastano con le raffinate prescrizioni di buon gusto per giovani signore: un esempio è il piccolo Revolver Necessaire, pubblicizzato dall’«Illustrazione Italiana» come «il più bel regalo a sorpresa» e consistente in una perfetta imitazione di pistola, al cui interno sono collocate «forbici, agoraio, crochet, ditale, lapis ed astuccio con boccettina d’odore», vantando peraltro che il singolare oggetto venne «sequestrato e trasportato in questura il 5 maggio 1883 per la irriconoscibile imitazione dei veri Revolvers».

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(01/03/2013)

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