Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Bucovina rumena: terra di boschi e Monasteri

Bucovina

Lasciata Bucarest e i fasti (nefasti) del periodo Ceausescu, ecco la scoperta di montagne verdissime nel nord del Paese: la Bucovina, regione dalla storia complessa e dalle forti tradizioni contadine, con i suoi gioielli universalmente conosciuti: i Monasteri

Monastero di Sucevita
Monastero di Sucevita

Terminati i (virgolette) “lavori” del Congresso (per giustificare gite e piaceri una scusa non guasta mai, sempre che poco si fatichi né si perda eccessivo tempo) la nostra multinazionale comitiva (pochi non sanno che la Fijet comprende scribi turistici di tutto il mondo) lascia la “parigina” Bucarest. Che definirei anche “ceauseschiana”, perché per ancora un po’ di anni sulla capitale rumena aleggerà il fantasma del Conducator (il cui dramma finale – tra il 21 e il 25 dicembre 1989, dal suo fischiato e poi interrotto discorso dalla sede del piccì rumeno alla fucilazione fianco alla moglie, la arpia Elena – resta a mio parere il più impressionante documento di cronaca, proiettato pressoché interamente in diretta, nella storia della televisione).

La Romania, questa semi-sconosciuta…

Bicovina Una suora del monastero di Voronet
Una suora del monastero di Voronet

Si va nella Bucovina, una terra del nord che al lettore non geografomane ispirerà per certo lo stesso stupore suscitato in don Abbondio dalla parola Carneade. È pertanto il caso di fornire qualche dato, sia pur sommario, sulla Romania, non certo per la mia sudditanza nei confronti di storia e geografia, bensì per il gran casino, leggasi l’assiduità e l’importanza e delle vicende occorse nel tempo. Grande quattro-quinti del Belpaese, 22 milioni gli abitanti, questa terra (delimitata a sud dal Danubio, sull’altra riva la Bulgaria, a est dal Mar Nero, e confinante a ovest con Serbia e Ungheria e a nord con Ucraina e l’indipendente Moldova ex Urss) entrò nella storia che conta divenendo provincia di Roma, la Dacia, nel 105 d.c., imperatore Traiano.

Lingua neolatina e zona di antiche immigrazioni

Bucovina Gli affreschi del monastero di Voronet
Gli affreschi del monastero di Voronet

Sorprende citare il rumeno tra le lingue neolatine se si considera che questa regione balcanica del sud est dell’Europa fu ripetutamente invasa per molti secoli da tante genti ‘barbare’ (Goti, Siculi, Longobardi, Unni, Avari, Magiari, Tartari). Romania, nome di chiara origine latina, apparirà solo nel 1877, designante uno stato unificato sotto la monarchia tedesca degli Hoenzollern. In precedenza si parlava di Banato (a occidente) Dobrugia (sul Mar Nero) Moldavia (a nordest) Transilvania (al centro) e Valacchia (al sud, Bucarest). Di queste regioni le ultime tre, nel XV secolo, divennero principati indipendenti (ma soggetti al pagamento di tributi all’impero Ottomano, in compenso i Turchi non oltrepassarono mai il Danubio o vennero respinti nei rari tentativi). Abitato già dal ‘200 da immigrati tedeschi (i Sassoni) dalla seconda metà del ‘700 e fino al 1918 gran parte della Romania fu occupata dall’impero austriaco, con forte presenza e influssi culturali ungheresi. E in agguato mai mancò l’Orso russo.

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Bucovina terra di foreste di faggi

Abiti tradizionali
Abiti tradizionali

Occorre quasi una giornata di pullman da Bucarest per giungere nella Bucovina rumena (la parte settentrionale, nella Galizia sovente citata nei bollettini della prima Guerra mondiale, fu sottratta dall’Urss alla Romania nel ’45 e dal ’90 appartenente all’Ucraina). Ma la Bucovina (il cui nome, apparso solo a fine ‘700 designa una “terra di foreste di faggi”) oggi provincia nel nordest della Moldavia, capoluogo Suceava, vale il viaggio, costituendo una delle maggiori attrazioni di una trasferta in Romania. In questo territorio di colline e montagne è infatti presente buona parte dei richiami turistici che convincono il viaggiatore a partire.

Ampie vallate propongono generosi pascoli solcati da bei corsi d’acqua, più in alto il verde acquista tonalità grazie a scuri boschi di conifere, si ammirano quei paesaggi che i meno fantasiosi scribi di turismo definiscono “svizzeri” (da cui la ovvia presenza di lattifere, in prevalenza capre e pecore). E va da sé che pascoli e correlate carni e latticini forniscono cibi non chic e raffinati ma per certo gustosi e genuini (da cui l’esultanza del pedemontano narratore di fronte a una bella Mamaliga – polenta in Bucovina e nel resto della Romania – insaporita da un sapido cacio tipo Gorgonzola).

Cibi tosti e sport ruspanti

Monastero di Moldovita

E se proprio non è il caso di impazzire per l’umile polenta si gustano pur sempre carni sapientemente affumicate e verdure non male (ma attenti al cavolo, alla trentaduesima presenza in tavola può innervosire). La realtà di una godibile madre-natura garantisce poi altri piaceri. Il vacanziere sportivo può praticare il trekking d’estate e sciare d’inverno (neve, no problem: le altitudini dei Carpazi sono inversamente proporzionali al gelo del clima continentale) e chi viaggia con canna e mulinello un torrente con trote lo trova sempre (sempre che non sia disturbato dal passaggio di zattere di legno, visto che gli ingegnosi operatori bucovini dell’incoming hanno pure inventato questa ardita discesa di un corso d’acqua).

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Chiese ortodosse e splendidi affreschi nei Monasteri di Bucovina

Bucovina Monastero Sucevita
Monastero di Sucevita

Ma è per il folclore e soprattutto per l’arte e l’architettura che la Bucovina merita una visita. Un folclore derivante dalle tradizioni di genti insediatesi nei secoli e dalle culture di potenze straniere a lungo occupanti questo crocevia dell’est Europa frequentato (oltre che dai rumeni) da ungheresi e cèchi, polacchi e ucraini, a lungo amministrato dall’impero d’Austria e appetito da quello zarista. Arte e architettura, attrazioni culturali detenute in esclusiva dai monasteri. Ma l’assenza in Bucovina di altri interessanti manufatti è compensata da questi monumenti della chiesa ortodossa rumena, tanto belli grazie agli splendidi affreschi esterni, mirabilmente conservati da un benevolo clima, da essere dichiarati Patrimonio dell’Umanità già nel 1973 (due anni dopo la Fijet – per il compiacimento di noi soci visitanti – concesse la “Mela d’Oro” esposta nel monastero di Moldovita). Sono circa una dozzina i monasteri costruiti tra il XV e il XVI secolo, in gran parte per volere di Stefano il Grande di Moldavia (1457-1504) a ricordo di battaglie vinte e gloriose imprese. Una collezione davvero ricca, ammirabile in toto solo da chi non ha problemi di tempo. Ma almeno tre monasteri vanno visitati. Oltre al citato Moldovità non vanno persi (oltretutto a brevi distanze) il difeso (massiccia la cinta di mura che lo circonda) monastero di Sucevita, ricco di elementi gotici e bizantini e quello di Voronet (definito, per la bellezza dei dipinti, tra cui un blu assolutamente unico, “la Cappella Sistina dell’oriente”). 

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