Nella mia sala c’è un piccolo orante che prega i suoi dei dalla mensola sopra il divano. Viene da un negozio di artigianato camuno che vende deliziosi lavori in legno, tra cui bauli e mobili intarsiati davvero stupendi.
Semplici e avvincenti come le opere che gli antichi camuni realizzavano sulla pietra, sia su quelle grandi e orizzontali che si prestavano ad ampi poemi istoriati, sia su quelle più piccole, statue-stele e cippi votivi, che rappresentano guerrieri armati con pugnali rituali, monoliti che vengono da un passato ancestrale a significarci non la guerra, ma la fede. Queste pietre servivano infatti per culti e riti, per onorare i defunti e il sole. I posti da vedere sono tanti: il Parco di Naquane, la Riserva Regionale delle Incisioni Rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo, le Foppe di Nadro, il Parco Archeologico di Asinino-Anvòia.
Valcamonica, tra le mille pietre, chi cerca trova
Sceglietene uno, o prendetevi qualche giorno e vedeteli tutti. Difficile annoiarsi. Ogni pietra è una scoperta enorme, un ritrovamento. È un’esperienza esaltante identificare un disegno, sia per i bambini che per i grandi, una roccia dopo l’altra, nei boschi accoglienti della Valcamonica, educati da migliaia di anni alla civiltà e alla dolcezza dell’arte. Si parte dall’orante, appunto: stilizzazione dell’uomo che prega, che è l’immagine più diffusa sulle rocce. E poi case, casette, scale, spirali, cervi, uomini a caccia, villaggi e orme. Più guardi, più ti accorgi che tutto è in crescente movimento, come se ci fosse tutto un mondo inciso con tratto sottile che si avvicina al tuo spirito; il quale, travolto dalla freschezza delle immagini, ringiovanisce. Due sono le cose imperdibili: Kernunnu, singolare divinità dalla testa cerviforme in una specie di abito lungo, e il capitello dei due pini, misteriosa stele decorata che saluta il sole al tramonto. Non vi dico dove sono: andate a cercarle tra i 300.000 disegni nella pietra che adornano le montagne della Valcamonica. Ne vale la pena.
(11/07/2011)