Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Un viaggio, mille viaggi

viaggio Castello di Rivoli

Il viaggio è soprattutto un business i cui proventi confortano i vari PIL nazionali. Ma gli artisti presenti a Rivoli Torinese, cucendosi addosso i sogni e le metafore che il “viaggio” comporta, hanno arricchito il tema di nuovi, sorprendenti significati

Il Castello di Rivoli
Il Castello di Rivoli

Si intitola “Dalla terra alla luna: metafore di viaggio” (Castello di Rivoli, fino al 26 agosto) e già il titolo-citazione da Jules Verne la dice lunga su questo “ricco territorio simbolico, capace di assumere molte forme e unire in sé molteplici significati”, come scrive nel testo introduttivo la curatrice della mostra Mariella Beccaria.  Inutile dire che il concetto di “viaggio” è inteso nel senso più vasto del termine, non solo perché allude a ogni genere di viaggio: da quello nel tempo al viaggio spaziale, ma perché considera il lato onirico, la fonte di ispirazione, la motivazione.  Luoghi, quindi, ma soprattutto sentimenti, emozioni, avvenimenti vicini e lontani rielaborati.

La metafora del “viaggio”

Yang Fudong, Aspettando il risveglio del serpente
Yang Fudong, Aspettando il risveglio del serpente

Scrive ancora Beccaria: “Nel loro insieme, le opere selezionate indagano e approfondiscono, ciascuna in maniera originale, le molteplici accezioni relative al concetto di viaggio, manifestando il potere dell’immaginazione di aprire nuovi territori e la capacità dell’arte di fornire modelli di interpretazione del reale o piuttosto di prefigurarlo, ponendosi in anticipo problematiche che appartengono al futuro”.
Un concetto quello di “viaggio”, quindi, che non sempre emerge nitido e lampante; spesso è nascosto, da scoprire. Attraverso una interpretazione, una chiave di lettura. E la varietà delle proposte e del modo quindi di parlare del viaggio è proprio la caratteristica più avvincente di questa mostra. Concetti simili espressi con linguaggi artistici completamente diversi, o anche concetti contrastanti con in comune però un filo conduttore ben preciso e radicato.

Fra barche di giunco, igloo e tende di Gheddafi

Mario Merz, Igloo
Mario Merz, Igloo

Della “Barca Nuragica” di Gilberto Zorio, che si incontra nella prima sala, colpisce un sibilo strano che si avverte ogni sei minuti. È provocato dall’aria compressa. Una barca fatta di giunchi intrecciati è appesa al soffitto. È la copia di un’imbarcazione usata dai pescatori sardi, ma comune nell’antichità a molti popoli, anche geograficamente lontani tra loro. Ci racconta un viaggio attraverso il tempo fino alla preistoria. Anche i due vicini “Igloo” di Mario Merz, di cui uno con un albero che spunta fuori, ci parlano della storia dell’umanità, della condizione di nomadi, la prima conosciuta dagli uomini. Uno dei due igloo è coperto di juta come una vera tenda abitabile; si chiama “Tenda di Gheddafi”. Dentro questa, l’artista si è anche fatto fotografare.

Alighiero Boetti, Mappa
Alighiero Boetti, Mappa

È un nomadismo culturale, invece, quello raccontato da Alighiero Boetti, che espone la sua mappa nella sala vicina. In tessuto e interamente ricamata porta sui bordi, una scritta che termina con “tra il sedici dicembre millenovecentoquaranta e l’undici luglio duemilaventitré, alighiero e boetti vennero a Kabul; in quei tempi Pablo Picasso moriva”. Le due date rappresentano quella di nascita dell’artista scomparso e quella della presunta, ipotizzata morte. È una delle prime mappe di una lunga serie che l’artista fece realizzare da ricamatrici in Afghanistan, dove si recò la prima volta nel 1971. Da quel momento l’Afghanistan diventò la sua seconda patria.  Ogni mappa della serie rappresenta il planisfero di un mondo con un nuovo assetto geo-politico, continuamente mutato da guerre, rivoluzioni, accordi politici.

Moto rombanti e Torri Gemelle

Jem Cohen, New York
Jem Cohen, New York

Molto più evidente e più emozionale il riferimento al viaggio in “Canzone dell’isola-Monologo dell’isola”, un video di Charlemagne Palestine. Realizzato nel 1976 è sicuramente una delle prime espressioni di videoarte. È la ripresa di un viaggio in moto per le strade di un’isola delle Hawaii, con la videocamera fissata al manubrio. La voce dell’artista, mescolata al rombo del motore, vuole trasmettere e ci riesce, l’euforia e il senso d’avventura del viaggio. I riferimenti al letterario “on the road” non sono puramente casuali. È al contrario un viaggio tra le pareti di casa un po’ alla Verne, ma senza avere nulla di Salgari, il video del 1988 dell’americano Jem Cohen. Dura ventitre minuti e si intitola “Questa è una storia di New York”. La metropoli è vista come un insieme di civiltà: ogni quartiere è collegato a un periodo storico, dalla preistoria al medioevo fino all’età della ragione e l’era spaziale. Colpisce l’immagine delle torri gemelle, commentate con le parole “..ci sono segni”.

Guerre, fughe, sradicamenti

Gabriele Basilico, Beirut, Rue Dakar
Gabriele Basilico, Beirut, Rue Dakar

Un soldato, non si sa bene di quale paese, fugge. Non è dato sapere da chi o da quale guerra, nel video di Yang Fudong. Una massacrante lotta per la sopravvivenza, sullo sfondo di un respingente e desolante paesaggio invernale. La guerra, con tutte le sue terribili conseguenze, è anche il motore delle foto di Gabriele Basilico, una selezione delle oltre cinquecento da lui scattate a Beirut nel 1991. Sono immagini, tra le macerie di una città, di gente obbligata a lasciare le proprie case per imbarcarsi in viaggi suicidi, attraversando confini pericolosi, verso un mondo totalmente ignoto. Emergono i palazzi della città, bombardati e fatiscenti, ma con una loro dignità di monumento, pronti a diventare protagonisti di un nuovo tessuto urbano. Mare e cielo invertono le loro posizioni nel curioso video della coreana Kim Sooja, dal titolo “Alfa Beach 2001”, girato su una spiaggia della Nigeria, tristemente legata al traffico degli schiavi. Lo stravolgimento della natura vuole richiamare la situazione drammatica di sradicamento di chi è obbligato a lasciare la propria terra perché deportato in paesi ignoti. E anche questo è un tipo di viaggio: angosciante, penoso, capace di stravolgere la vita e l’identità di una persona.

Ai confini della realtà

Bill Viola, L'ascensione di Isotta - La forma della luce nello spazio dopo la morte
Bill Viola, L’ascensione di Isotta – La forma della luce nello spazio dopo la morte

Intrigante e inquietante, come sempre, il video di Bill Viola.
Parla del viaggio dalla vita alla morte. In una dimensione acquatica, giochi di luci e veli, raccontano gli ultimi momenti e l’ultimo respiro di Isotta, eroina di una delle più grandi tragedie d’amore. Mario Airò, con “Notti e Nebbie”, prende di mira uno degli elementi che più danno il senso del vagabondare. È il faro che il navigante percepisce nella notte. Un’installazione semplice che aiuta a riflettere, fatta da un proiettore per diapositive, una silhouette in legno e una lampadina. Il riferimento al viaggio non è immediato nella “Biblioteca Entropica” di Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen, opera già esposta alla personale dei due artisti di qualche mese fa e rimasta al Castello. È il pezzo di un’enorme biblioteca abbandonata in un contesto simile a una jungla. Sta a significare il fallimento della cultura occidentale e del colonialismo in genere. Tutto è disfatto, inutilizzabile, prova di un tipo di viaggio senza più ragione di essere. Surreale l’idea di viaggio nel video “Il decollo” di Grazia Toderi, dove si vede uno stadio di Parigi ripreso dall’alto che si trasforma in un’astronave pronta a partire. È un viaggio all’interno della mente quello del video “Astronaut” di John Bock. Con la foto di un modellino di caverna (Grotto) Thomas Demand ci vuole portare al confine di realtà e finzione, mentre con il suo video “Un viaggio mai accaduto”, Pierre Huyghe ci fa volare con la fantasia verso terre sconosciute.

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