Alta Maremma, 18 maggio 1949.
Un pullman sta salendo dalla stazione ferroviaria di Follonica verso la collina di Massa Marittima. La strada è sterrata; anche se ormai è quasi estate, i finestrini rimangono chiusi per non far passare la polvere.
Il lungo viaggio di Bruna sta per finire. Tra pochi minuti due occhi azzurri cercheranno di intendere, attraverso i vetri di una finestra, il suo arrivo.
Ad annunciarlo, come tutte le volte, è quel polverone che avvolge il pullmann e quasi lo cancella alla vista. La donna va a trovare il figlio Desio, che studia nel Seminario Vescovile della città natale di San Bernardino.
Fino a pochi anni prima, Follonica e Massa Marittima erano state collegate da un trenino a vapore. Quasi tutti i ciocchi di legno venivano consumati quando la locomotiva, sotto sforzo, affrontava i tornanti che la portavano a mezza costa, fino alla stazioncina di Bufalona. Si racconta che una volta, finiti i ciocchi, i pochi passeggeri erano scesi dal treno e per poter proseguire il viaggio, avevano raccolto nel bosco sterpi e rami secchi da bruciare.
Strade rosse di Maremma
Bruna volge lo sguardo fuori dal finestrino. Il pullman è arrivato al bivio per il Lago dell’Accesa, che la leggenda vuole nato in seguito a una maledizione: un avido contadino volle lavorare i suoi terreni anche di domenica, ma nella notte seguente i campi sprofondarono, dando origine al lago.
Massa Marittima è ormai in vista, avamposto medievale di civiltà in una Maremma secoli fa selvaggia. Arrivando dalla costa, appare distesa sul bordo di una collina spaccata, rossa di tufo, punteggiata lungo tutto lo strapiombo di ciuffi di macchia mediterranea. Al tramonto anche la città appare rossa, affacciata con i suoi palazzi su un balcone naturale a controllare la pianura.
Desio si affaccia alla finestra, impaziente. Lo sguardo si pone sui tetti, giù fino a Città Vecchia e ai palazzi dell’antico potere civile. La loro altezza è inferiore a quella del Vescovado e del Duomo, costruito su uno sperone di roccia proteso verso occidente. Una sorta di vascello pronto a salpare, che ha l’abside per prua e la torre campanaria per albero.
Occhi che si cercano
Il ragazzo accenna un sorriso, ripensando al giorno prima e all’insolito spettacolo visto in piazza del Duomo: a naso all’insù e con gli occhi sbarrati ha seguito con meraviglia le bravate di un saltimbanco sospeso a trenta metri su un cavo d’acciaio, teso tra il campanile e il palazzo del Comune, in un silenzio rotto soltanto dagli “oh!” della folla ogni volta che il saltimbanco, vestito da pagliaccio, dondolandosi, faceva finta di cadere.
Gli occhi di Desio tornano verso Città Nuova, posandosi sui giardinetti nascosti da alti muriccioli che, laggiù, lasciano solo intravedere la cima di un melograno. Ogni tanto una scalinata alza il viandante al livello dei tetti e degli abbaini, dove gironzolano dei gatti. Un’altra città sconosciuta, come sconosciuti ai più sono anche i tanti santi dipinti all’esterno degli edifici.