Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Katrina ha spento l’ “uragano” New Orleans

“Se non lo agiti, che te lo porti dietro a fare il corpo?”. Così gli abitanti di Big Easy (città della grande “leggerezza”) provocano i visitatori al ritmo della musica jazz. Sotto l’immenso sudario di acque si perdono oggi le lacrime della città

Canal Street dopo l'uragano
Canal Street dopo l’uragano

“…allora Dio disse a Noè: “E’ venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è piena di violenza…” (Genesi 6,7, Bibbia di Gerusalemme)

Le bande di ottoni che accompagnano i funerali a New Orleans intonano marce solenni. Finito il sevizio religioso, i ritmi si fanno più frenetici e uno dei canti preferiti è “I’ll be glad when you’re dead, you rascal you” (sarò felice quando sarai morto, brigante). Un viatico irriverente ma affettuoso verso chi se ne va per sempre, come la corrente del Mississippi.
Per un feroce scherzo del destino pare sia questo l’augurio che, reso cattivo dagli avvenimenti, i cittadini di New Orleans si lanciano l’un l’altro: fra chi deve tentare di salvare (assieme alla pelle) i propri beni, frutto magari di una vita di lavoro e chi questi beni arraffa alla disperata, l’acqua alla cintola e le braccia protese in alto per reggere il bottino; per alcuni è l’abituale modo di vivere, per la grande maggioranza un sistema insperato per alleviare l’angoscia giornaliera di un’esistenza grama e dal futuro incerto.   
La città dei ritmi vellutati e frenetici, la regina del dolce “Ol’ Man River” che tanta musica e letteratura hanno immortalato; la città che ha mescolato e creato una “razza” diversa mettendo nel frullatore francesi, spagnoli, inglesi, creoli, indiani delle paludi, negri, è oggi in piena sofferenza, devastata dalla forza orribile di un orribile uragano, affogata dalle acque del “suo” fiume e da quelle salate del “suo” grande lago, il Pontchartrain.

Louisiana, melting-pot del mondo

Quando New Orleans era soprattutto Jazz
Quando New Orleans era soprattutto Jazz

New Orleans è la città meno americana d’America.
Ha mantenuto nel tempo uno stile di vita che assomiglia a quello dell’Europa del XVIII secolo: rifugio colto e sofisticato per i ricchi, non ha avuto per contro eccessivi riguardi per coloro che trascinano le loro giornate arrabattandosi per sbarcare il lunario; ciò è vero specie per i cosiddetti afro-americani, che non pochi continuano a chiamare “negri”. Anche se a loro si deve, quasi per intero, l’atmosfera tutta speciale di questa metropoli incredibilmente edificata in mezzo all’acqua.  
D’altra parte è la storia che ha voluto così. Sia New Orleans che lo stato in cui sorge (la capitale è Baton Rouge) hanno visto e sperimentato di tutto, in un vorticoso va e vieni di vendite e di acquisti, con tutto quello che contenevano: uomini, terre, risorse.
Dapprima i francesi che all’inizio del 1700, attratti dalla facilità e sicurezza d’approdo grazie alle acque profonde del Mississippi, vi si stabiliscono.
Il nome a questa terra viene dato in omaggio al reggente di Francia, Filippo, duca di Orleans. Il piccolo centro di Nouvelle Orleàns diviene la capitale dei territori francesi d’America negli anni compresi fra il 1723 e il 1763. In seguito, per accordi stipulati fra i Borboni, i territori passano dalla Francia alla Spagna, per ritornare all’inizio del 1800 nuovamente alla Francia. E’ innegabile come questi continui scambi abbiano favorito la nascita di una cultura creola, l’unica del Nuovo Mondo, ovverosia dell’America; grazie anche all’apporto dei coloni francesi e spagnoli.

LEGGI ANCHE  Franciacortando di gusto

Venduta da Napoleone agli States

L'architettura del French Quarter in contrasto con il Business District
L’architettura del French Quarter in contrasto con il Business District

Al 1803 risale invece l’ingresso della Louisiana nella confederazione degli Stati americani. Per quindici milioni di dollari Napoleone, vero businessman e accaparratore di beni, vende New Orleans e l’intera Louisiana agli Stati Uniti, che in questo modo riescono a raddoppiare il loro territorio. Un vero e proprio “affare” per gli Americani, che nel 1815, per non perdere le terre da poco acquistate e condotti dal generale Andrew Jackson, sconfiggono gli inglesi nella battaglia che porta il nome della città alluvionata.   
Il generale nell’occasione non va certo per il sottile nell’arruolare le sue truppe: soldati provenienti dal Kentucky, il pirata Jean Lafitte, gli indiani Choctaw, numerosi creoli e, naturalmente, un gran numero di schiavi negri.
New Orleans diviene più tardi il più grande porto del Golfo del Messico, esportando merci quali cotone, canna da zucchero e persino le indigofere (una pianta delle Papilionacee, dalle quali si ricavava l’indaco).
Negli ultimi anni il petrolio ha assorbito i traffici marittimi della città; quello stesso petrolio che è stato “stoppato” da Katrina (impianti di raffinazione, torri di estrazione in mare aperto), facendo schizzare verso l’alto il costo dei famosi “barili” che ci rendono schiavi come i negri dei secoli scorsi.

Condividi sui social: