“Vai Girardengo, vai grande campione…”. Nelle parole di De Gregori c’è l’epopea del ciclismo, di quelle corse estreme in bici fatte con mezzi e materiali molto rozzi e da ragazzi che fuggivano la povertà pedalando sulle strade di un’Italia non motorizzata. Un’Italia rurale, fatta di sterrate e cascine, di greggi in mezzo alle strade. Paolo Conte, invece, con Bartali, l’eterno rivale di Coppi, racconta il Paese del dopoguerra: “…quel naso triste come una salita, quell’espressione da italiano in gita”. Già. Costante Girardengo e Fausto Coppi, i Campionissimi.
E’ qui l’”Università” delle due ruote
Novi Ligure ci ha pensato, e ha dedicato loro un museo, anzi, il “Museo dei Campionissimi“. Uno spazio nuovo, ricavato in una fabbrica dismessa, che aspira a diventare il più grande museo del ciclismo d’Europa. Novi, d’altronde, come disse un cronista sportivo nel 1935, è l’Università del Ciclismo. Una lunga pista centrale divide in due il museo. Serve a raccontare la storia della bici con pezzi importanti, dalla “draisina” (antenata in legno della bici) alle bici al titanio, e con pavimentazioni diverse, dallo sterrato all’acciaio. C’è la storia della componentistica, con vari pezzi esposti. Otto totem permettono di approfondire la storia del ciclismo su strada, su pista, su sterrato, del ciclocross e della mountain bike, con filmati e informazioni dettagliate. Due megaschermi speculari ripropongono filmati d’epoca che raccontano il lato spettacolare del ciclismo: i grandi duelli, gli arrivi, le interviste con i protagonisti. Poi c’è la Sala dei Campionissimi, un omaggio molto sentito a Coppi e Girardengo. Anzi, i due con la loro scia di miti sportivi, sono la vera icona, il vero trailer del museo. Cimeli e testimonianze ne raccontano le imprese e la vita.
Tutto il “mondo” del ciclismo
Interattiva, la sala seguente. In sella a bici computerizzate ci si può confrontare con amici, avversari o con i grandi nomi della bici, per scoprire quale distanza ci separa dalle loro prestazioni sportive. Infine le sale espositive, che danno l’idea di un museo estremamente dinamico.
Ecco, tanto per capirci, la programmazione 2004:
– Adriano Visintin, forme e geometrie della bicicletta (fino al 27 giugno), personale dello scultore che indaga le forme del movimento.
– Storia del Giro d’Italia (fino al 26 settembre), immagini significative dalla Gazzetta dello Sport
– Sport e Novecento (fino ad aprile 2005), la velocità e il movimento attraverso le opere dei futuristi (tele e sculture), i manifesti pubblicitari d’epoca, moto e bici, più i film degli anni Trenta sull’argomento.
– Immagini dal Tour de France (fino al 17 ottobre), la collezione dell’americana Buonpane, che propone immagini collaterali del Tour: le soste, le perlustrazioni, i massaggi.
– Monsieur Bidon 1° (fino al 30 maggio), collezione di borracce e di sacchetti di rifornimento per le corse a tappe.
Ultima chicca: i filmati e i documenti che avete selezionato nella vostra visita possono essere acquistati in VHS o in DVD e portati a casa.
Sulle strade dei Campionissimi
Bene. Ma non vorrete fermarvi al museo, vero? Interpretare ciò che si è appena visto è esaltante. Basta informarsi; il museo ha preparato una serie di percorsi sulle tracce dei campioni. Si sale in sella, e si pedala. Il circuito dei Campionissimi è un buon inizio. Cinquantatré chilometri e mezzo, duecentocinquantaquattro metri di dislivello complessivo, tre musei dedicati alla bici, tutti i paesaggi che vedevano i nostri protagonisti quando hanno cominciato, quando si allenavano. Un percorso che sollecita la fantasia, che va a pescare nella memoria immagini sbiadite d’epoca, o recenti fotogrammi del film su Coppi con Castellitto.
Si pedala lungo l’antica via San Bovo, guardando alla vicina Cascina Scarazzolo, dov’è nato Girardengo. Questa vicinanza fisica con i luoghi del campione permette di identificarsi in parte nelle sue gesta, di immaginare quelle strade ancora non asfaltate, il tempo rubato al lavoro, le lunghe pedalate per assaporare la velocità. Vi capiterà di vedere vecchi filmati nella vostra testa, di quelli ingialliti nei grigi della pellicola, di quei “mossi” nelle inquadrature, di quelle figure che si muovevano a passo caricaturale, sorridendo beatamente alla camera, con una camera d’aria a tracolla come fosse una cartucciera.
In bici su e giù per le colline
Tre chilometri e si arriva a Pozzolo Formigaro, con il suo castello medievale. Si riprende la bici e si attraversa lo Scrivia, si passa Villalvernia e si prende confidenza con due tratti caratteristici del territorio: le cascine alessandrine in terra cruda e il paesaggio della vite. Verso Carezzano, infatti, cominciano i Colli Tortonesi. Colli significa saliscendi, non c’è dubbio. Tuttavia, è un bel salire: un paesaggio ondulato, con le strade che si attorcigliano come nastri seguendo il profilo del terreno, con una successione di panettoni più o meno alti che sembrano rincorrersi. Una deviazione dal circuito è obbligata. Castellania, infatti, significa Coppi. Significa il Museo Casa Coppi, con il Centro di Documentazione e le tombe dei fratelli Fausto e Serse. Si torna a Carezzano e si infila la strada per Sant’Agata Fossili. Certo, si può immaginare il perché del nome. I fossili in questione riguardano il mare padano di un tempo, e le marne che li contengono. Il borgo medievale di Gavazzana è tutto da vedere, così come la chiesa a strapiombo sulla valle. Poi si costeggia lo Scrivia passando per Cassano Spinola e Stazzano.
A Serravalle, se non si vuole visitare l’Outlet moda, una cittadella dello shopping griffato, si deve comunque vedere la vicina Città del Ciclismo, con il museo relativo. In seguito, è però meglio lasciare la strada e salire in costa, dove non c’è traffico. Si segue così la strada costiera Bicocca fino a Novi. Ma le possibilità sono tante. Basta pensare alle altre proposte di “tour”. Quello dei Castelli, ad esempio, che contempla Bosco Marengo con Santa Croce, cattedrale e convento di San Pio V, papa di questo borgo, impreziositi da sculture, arazzi e dipinti del Vasari; e Spinetta Marengo, con il museo che ospita armi, divise, oggetti, stampe della battaglia di Marengo tra Napoleone e gli Austriaci, del giugno 1800.
Vini e cioccolato. Sempre in bici
Per una pedalata stimolante, tra vino e cioccolato, si comincia con “Le vigne del Gavi”, cinquanta chilometri tra colline, ville rinascimentali, parchi, vigne e cantine del Gavi docg, il vino “cortese”, un bianco dai sentori di frutta. E qui si possono immaginare soste edificanti. Poi, naturalmente, Gavi, con il suo forte a stella di fianco al torrente Lemme, e un centro storico notevole. O, ancora, il tour della Val Borbera, un percorso impegnativo di settantasette chilometri, consigliato a chi ha nelle gambe un buon allenamento. Questa proposta è ricca di risvolti, dai paesaggi della ciliegia, Vargo, Albarasca, Garbagna, alle magnifiche strette del Borbera, una panoramica a curve, a picco sulle gole scavate dal torrente; dagli scavi archeologici della romana Libarna (teatro, anfiteatro, tombe, mosaici), ai palazzi della nobiltà ligure, Palazzo Spinola a Cantalupo (Museo della Resistenza), Palazzo Spinola Doria Pallavicino a Cabella (famoso centro yoga).
E qui entra in gioco l’altra componente del tour. “Svizzero? No, Novi!”. Sarà banale, ma il fortunatissimo spot ha un po’ rimesso le cose a posto. Ridando al Piemonte quel che gli spetta, vale a dire un riconoscimento per la primogenitura in fatto di cioccolato. E Novi è una tappa fondamentale. In pratica, lasciata la bici, si “inforca” il cioccolato. Non solo le industrie del Polo Dolciario, come Novi e Pernigotti, ma anche le pasticcerie del centro regalano attimi sublimi all’insegna del cioccolato, declinato in forme, sapori, consistenze diversi. E la fatica in bici diventa un piacevolissimo ricordo.
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