Sabato 3 giugno, “ponte” (odio i “ponti”, con quei pirla, in quanto estremamente privi di fantasia, dei mezzibusto tivù che da sempre tirano fuori quell’immancabile cazzata delle località “prese d’assalto”, e io che non avendo voglia di prendere d’assalto niente e tantomeno chicchessia me ne sto a casa). Starei pertanto in casa tutto il dì (c’è pure il Roland Garros, tennis) ma il Paolo ha bisogno di uno Scout; non nel senso di Boy (per capirci, quelli che GB Shaw definì “Bambini vestiti da cretini guidati da etc etc”). Uno Scout nel senso di uno tipo Davy Crockett, un conoscitore del territorio da attraversare, di lingua e costumi dei nativi, uno che mentre lui guida, lo guidi fino dal Baruffaldi, a Castellazzo Novarese, ad acquistare il Gorgonzola (il primo che dice Zola lo mando affanculo, fosse solo perché lo dicono le sciurette nelle salumerie chic milanesi, imperocché il Gorgonzola era, sempre dovrà essere, e solo sarà, “Naturale”. Ok?).
Ma eccoci alla mèta, e non tremi il lettore all’idea del kilometraggio percorso: non più di 45 max 46 km, se non che, Paolo (forse cominciò già da bambino) è letteralmente terrorizzato all’idea delle distanze da coprire, col risultato che, quando gli capita di doversi spostare (fosse solo) da un semaforo a quello opposto, non raramente esclama “Fin là!” (angosciato grido di dolore ormai divenuto il suo nickname). Breve inciso, pro cultura del viaggiare, sulla destra della strada Casaleggio – Castellazzo (avevo fatto sbagliare strada al mio amico e a quel punto stavamo arrivando dalla parte opposta cioè Torino…) è il caso di buttare un occhio sul rudere (in mezzo alle risaie) di San Antonio, solo edera sormontata da un campanile a mio parere non male (chieste ulteriori info – forse valgono la curiosità – al comune di Casaleggio, attendo fiducioso).
A Castellazzo Paolo compra il (me racumandi) Gorgonzola (per la sua drudasposa quello “Dolce”, ma come si fa? ci avrei messo sopra pure qualche pastiglia Valda e una spruzzata di magnesia Bisurata…) dopodiché il piano di volo prevede il proseguimento verso la vicina Proh (si legge Pru, vedi l’importanza di girare con un Scout?) a pappar Paniscia. Ma mentre sono indeciso se concedere (444ma volta) una “prova d’appello” alla Paniscia (un risottesco, più verdure, mangiare novarese che proprio non ho mai capito) oppure recarci nella quasi adiacente Burgmanè (Borgomanero) a degustare (questo sì che è buono assai) il Tapulòn (stracotto d’asino, buono …) mi arriva una telefonata dai miei antichi non meno che diletti Vitellon Friends di Novara. Alla faccia del “ponte”, informano, sono tutti al bar (fosse solo per la mia teoria di non andare a intasare autostrade). Addio, pertanto, sogni di Paniscia o Tapulòn (aahhh a Burgmanè strarinomato il “Pinocchio”, e a me va anche, più che bene, la Trattoria dei Commercianti).
Solo, che a Novara, verso le 12.37 gli amici scompaiono e io non so dove cacchio portare a sfamarsi “Fin là!”, rumagnòl eppertanto palato fino ed esigente. Si dà infatti il caso che, da ormai 70 anni, chi scrive attende che a Novara appaia messianicamente un posto dove mangiare “como diòs manda”. Non mi restava che convincere ”Fin là!” a spingersi, fino, in Lomellina, laddove è però trascorso troppo tempo da quando i Visconti suggerirono la degustazione dell’oca (è rimasto il mitico macellaio-ristorator Palestro a Mortara), a Parona c’è, sì, una specialità ma ahinoi si tratta di dolci (le Offelle), mentre a Cilavegna nisba asparagi (che oltretutto son pure buoni, a mio modesto parere facendo aggio sui bianchi veneti …). Tutto chiuso salvo un bar (ça va sans dire, ormai cinese), sembrava una cittadina messicana, senza, però, i pistoleros e tantomeno gli asparagi.
Per farla breve, il Gourmet Tour “A Ovest di Milano” da me ideato e diretto per gli sfizi palatali di “Fin là!” si conclude a Vigevano. Per la cronaca al ristorante “7.90” (!!!) laddove (nella testa dei padroni, beninteso cinesi) sì curioso patronimico vuol solo significare il costo di una sia pur parca (che cacchio puoi pretendere? Le aragoste?) mangiatina.
E fu così, nella lomellinese Vigevano dagli occhi a mandorla, che il qui scrivente nonché sedicente gourmet non solo mangiò una pizza “Valtellinese” (e stavolta di punti esclamativi ne metto 5 !!!!!) ma la tlovò pule plofumata glande sapolita glazie a oligano altli alomi pomodolo folmaggio palmigiano e blesaola.
(P.S. Turisticamente parlando, il sullodato “7.90”, nel senso di Pizza & Drink + occhi a mandorla, suggerisce di consigliare alla nostrana ristorazione di “Darsi una mossa…”.)