Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

L’ America dei Diner

Diner Boston

Carrozze di bus o pseudo vagoni ristorante, ben fermi nel terreno. Rutilanti di luci quando fa buio. Fumosi e impregnati dell’odore di cibo. Sono i Diner, luoghi di ristoro che punteggiano l’America

diner Skyline di Boston

Incredibile, ma vero. Scoprire l’anima di una nazione scambiando quattro chiacchiere con gente di ogni condizione sociale e provenienza. Forse gli americani non se ne rendono conto fino in fondo. Ma per un europeo, la scoperta dei Diner e del variegato tessuto sociale che mettono in mostra, a tutte le ore del giorno e della notte, è un’esperienza unica. Da non perdere. Il primo personaggio che viene alla mente, alla fine di un tour a tappe più o meno forzate attraverso uno Stato che è si piccolo, ma che incarna l’essenza dello spirito americano più di ogni altro per via dei suoi inscindibili legami con la vecchia Europa, è Daniel Zilka, il “cantore” ufficiale dei Diner degli Sates.
Non c’è “vagone” che lui non abbia visitato, per ragioni professionali ma anche per proprio piacere, attraverso i numerosi Stati che compongo gli estesi Stati Uniti. Un pellegrinaggio coast-to-coast che l’ha condotto dall’Arizona alla Florida, dal Minnesota alla Louisiana. Anche se, precisa, è nella costa orientale che la cultura dei Diner ha attecchito più che altrove. Non è improprio parlare di “cultura”, aggiunge, perché è in questi luoghi che l’abitante USA socializza, discute più o meno animatamente i fatti del giorno, scopre di avere degli amici con i quali si ritroverà nei giorni e nei mesi a seguire, si abbandona al piacere del “gossip” (pettegolezzo). Sfoglia i giornali, ingurgita brente di caffè, divora omelettes e hamburger, apprezza le specialità della “casa”, profondamente diverse le une dalle altre, secondo l’ubicazione del ristorante (se vicino al mare, c’è pesce; se è in campagna, trovi bistecche ecc).
Daniel sostiene, e non gli si può dar torto, che è in casa propria e nei Diner che l’americano medio partecipa, ascoltando o intervenendo, alla vita della nazione, della contea, della città grande o piccola nella quale vive e lavora.
Poi, da non sottovalutare, conclude Zilka, l’enorme potere aggregante che questi luoghi esercitano: qui non vi sono distinzioni di razza, religione, appartenenza sociale, istruzione. Sugli sgabelli che contornano gli infiniti banconi che caratterizzano i Diner, o seduti ai tavolini che bordano la carrozza dai cui finestrini si può osservare l’America che corre, là in strada, scompare ogni titubanza; ci si scopre disponibili al dialogo e sereni; per il tempo necessario a consumare il breakfast o il pranzo o la cena, si accantonano i pensieri e le preoccupazioni e si “partecipa”, con spontaneità, al grande gioco del confronto civile, dello scambio di battute salaci con gli amici, dell’approfondimento politico o sociale, del commento ai fatti del giorno. Protetti, quasi avviluppati, dall’atmosfera unica del Diner.

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Una “macedonia” di razze e provenienze

diner Daniel Zilka, presidente Associazione Diners
Daniel Zilka, presidente Associazione Diners

Neri di ogni tonalità di pelle, asiatici, sudamericani; europei arrivati dai più diversi Stati, con marcata preferenza, almeno qui nel Massachussets, di greci, portoghesi, italiani, polacchi, russi e chi più ne ha più ne metta. Tutti, indistintamente e rigorosamente americani.
E’ un dato di fatto. Non conta se si è figli o nipoti dei primi immigrati, arrivati con quattro stracci (per nave) tanti anni fa. Anche chi è sbarcato da poco tempo, alla ricerca di migliori condizioni di vita, anche chi non ha ancora ottenuto la tanto sospirata “green card”, che è il gradino iniziale per avere in seguito la possibilità di chiedere la cittadinanza, si sente americano. Ed è questa, per un osservatore neutrale, la prima grande lezione che si impara. L’orgoglio di appartenere a pieno titolo ad un Paese che ha si regole di vita dure che a volte stridono con il tanto decantato buon senso; un Paese che ha un mare di difetti (agli occhi degli europei) e che viene in continuazione tacciato di “imperialismo strisciante”. Ma è un Paese, gli Stati Uniti, che non sbatte la porta in faccia a nessuno; che ha saputo distillare, dall’infinita gamma di comportamenti sociali e culturali dei nuovi arrivati, la linfa migliore da immettere nel tessuto nazionale. Nel rispetto, oggi più che mai, di ciò che gli “altri” possono dare. E in effetti, danno.

Gente dei Diner

diner Celéste e Phil Paleologos
Celéste e Phil Paleologos

La conferma arriva dai coniugi Paleologos, Philip e Celéste, che gestiscono da anni il Shawmut Diner di New Bedford. Esuberante e chiacchierone come quasi tutti i greci, Philip è la quintessenza dell’ottimismo, questo si, americano. Ha tre bellissimi figli, una moglie che quando lo guarda lo adora e un’infinita schiera di amici. Quali? Naturalmente i suoi clienti, alcuni dei quali (specie gli anziani) si fanno abbracciare e strapazzare non appena varcano la porta dello Shawmut. Non sono sempre state rose e viole, aggiunge serio Philip; i primi anni (per fortuna molti anni fa) sono stati duri, sia sotto il profilo finanziario sia per l’impegno e i tempi che il lavoro richiedeva. Ma ora le cose vanno bene e Philip è arrivato ad essere un personaggio conosciuto persino in California. In un angolo del locale ha ricavato una piccola ma attrezzata stazione-radio che ogni pomeriggio si collega con 262 città degli Stati Uniti. Argomenti in discussione: i fatti da prima pagina, certo, ma anche le storie minute dei suoi avventori. Soprattutto, cerca di spiegare come l’America non possa fare a meno dell’Europa e delle idee, non di rado in contrasto con l’ottica d’oltre Atlantico, che dal vecchio continente provengono. Con successo? A sentire le impressioni degli ascoltatori, si. Girando il Massachussets cambiano i personaggi e mutano altresì le idee che professano, com’è logico che sia.

diner Roger Brunelle
Roger Brunelle

Arthur Ratsy, vicepresidente della Camera di Commercio di Cape Cod, è tutto sommato un po’ guerrafondaio; a sentire lui Bush dovrebbe spazzar via ogni resistenza araba, attuale e in prospettiva; per prevenire il terrorismo, aggiunge sommesso, timoroso d’aver troppo ecceduto nel suo slancio nazionalista. Chi invece si mantiene su un piano di assoluta indifferenza è Benito, abruzzese con la nostalgia di casa, che si limita a fare i conti con il suo magro assegno di pensionato e vorrebbe avere la possibilità di spenderlo, in Euro, a casa sua. Di altro genere sono al contrario le preoccupazioni di Barbara Dillom che nel suo Diner, The Edgmere di Shrewsbury, guida uno squadrone di donne in cucina, ai tavoli, alla cassa. Qui il problema, dice ridendo, è tenere a bada i galli che lo frequentano! Specie se mettono gli occhi sulla bellissima figlia Patty, dall’ incantevole sorriso. A Florence, l’atmosfera cambia. Il Miss Florence Diner, di proprietà di Constantin Serros (greco), è gestito da Ina Kapitan, un vecchia signora d’origine russa, dai capelli bianchi e dalla camicetta a sbuffi. L’ambiente è tranquillo e persino elegante, perché frequentato da bancari, avvocati, dagli studenti del vicino College. I toni delle discussioni, precisa Ina, sono sempre molto soft e l’apertura nei confronti degli europei (anche se talvolta un po’ impiccioni, sibila) genuina. Al Paradise Diner di Lowell, la città che ha dato i natali a Jack Kerouac e che ha ospitato uno di primi grandi insediamenti industriali degli States (tessili), l’incontro inaspettato e più “europeo”: davanti ad una birra offerta da Paul Delisle, il proprietario che non sa quale sia l’isola del suo cognome, ecco Roger Brunelle, americano di origine canadese (del Canada francese, rileva) professore di liceo e grande innamorato della Francia e dell’Italia, della cultura europea e, naturalmente, delle opere di Kerouac.

diner Dal breakfast al pranzo alla cena
Dal breakfast al pranzo alla cena

Sulle tracce dei luoghi frequentati e vissuti dal grande scrittore della “beat generation”, si gira Lowell in lungo e in largo. In occasione di una delle molte soste, l’occhio cade sul retro dell’auto di Roger; la scritta latina recita: “se sei in grado di capire cosa c’è scritto, fermami che ne parliamo” Grandioso! Roger vive tra i ragazzi; insegna francese ed è convinto che ci sia “stoffa” e buoni propositi nella schiera delle ultime generazioni. Non era così un po’ di anni addietro, precisa. Ma i tempi cambiano e non giova a nessuno tacciare i giovani di aridità e disfattismo; anche perché non è vero. La prova? Si impegnano nello studio, amano il proprio Paese e sono pronti a tutto, con l’entusiasmo incosciente della loro età, conclude dolcemente. Un bel mix europeo-americano si scopre invece al Rosebud Diner di Somerville, sobborgo di Boston. Il proprietario è un altro greco, Evangelos Mikolopoulos la cui compagna, Helen De Francisco, è di origini siciliane. Entrambi, vitali e chiacchieroni, non potrebbero essere più americani di quanto sono. Fanno una simpatica confusione di lingue e di idee, ma si scopre che il Rosebud è un locale che, nel retro, si apre in un sofisticato ristorante, frequentato dagli studenti di Harvard e dai cervelloni del MIT (Massachussets Institute of Technology). Il risultato è che le idee che qui circolano sono equamente divise fra critiche sofisticate (quando necessario) sia agli americani sia agli europei.
A Boston l’ultimo Diner di questa scorribanda attraverso il Massachussets. Sal (Salomon) Sidell è il proprietario del South Street Diner, a due passi dagli uffici centrali che gestiscono gli impressionanti lavori per il Big Dig. Locale frequentato quindi da operai e impiegati durante il giorno, ma luogo di ritrovo per una vera folla di giovani nelle ore notturne, quando la sorella Robin si occupa di dissetare chi viene per immergersi nell’assordante cocktail di musica offerto, insieme ai cibi e alle bevande. Sal, ebreo, ha un sogno: visitare Israele. Ma sa che dovrà aspettare ancora un po’, vista l’aria che tira. Ma la sua giovane età autorizza ad essere ottimisti.

The Spirit of Massachussets

Viene detto lo Stato della Baia. La baia è quella di Boston, punteggiata di isole e penisole. In questo luogo, con questo “spirito” che anima chi qui vive e lavora, mai rinnegando le proprie origini ma interamente immerso nel più vasto e omogeneo “spirito” d’America, è accaduto di conoscere una piccola parte degli abitanti di questa grande nazione. Sono dei cittadini speciali, l’abbiamo constatato. Sono quelli dei Diner, che oltre a masticare, bere e parlare, hanno in qualche caso messo a nudo la propria anima, accorciando sensibilmente la grande distanza (c’è un oceano di mezzo) che li separa dagli europei. Non potrebbe essere una buona idea anche quella di aprire dei Diner a Coimbra, a Toledo, a Mannheim, a Strasburgo e a casa nostra? Chissà…

Quando andare a Boston – L’alta stagione a Boston e nel Massachussets coincide tra settembre e ottobre perché consente di ammirare, in tutto il suo splendore di verde e di colori tipici dell’autunno, l’Estate Indiana, ovvero il Fall Foliage (caduta delle foglie). Ma anche le altre stagioni dell’anno sono propizie per una visita sempre ricca di sorprese.

Aeroporto Logan di Boston – Il Logan International dista solo 3 chilometri dal centro cittadino ed è collegato con la metropolitana, oltre che da un servizio navetta per mare. Fra poco sarà raggiungibile anche per mezzo del fantastico tunnel sottomarino in corso di completamento, nel grande progetto del Big Dig.

Cosa vedere – La città, i Musei, le Istituzioni Culturali, i negozi, i luoghi di ritrovi della intensa “vita” cittadina, i numerosi piccoli centri dello Stato. Da Boston e dai maggiori porti della costa del Massachussets, da Aprile ad Ottobre, si effettuano escursioni per ammirare il passaggio delle balene. Il Whale Watching (osservazione delle balene) è uno degli avvenimenti da non perdere.

Aereo più Auto – Una vacanza “Fly & Drive” a Boston e nello Stato, si può effettuare anche il soli 8 giorni. La capitale può essere comodamente visitata girando a piedi (anzi, “gironzolare” è altamente suggerito!), riservando il noleggio dell’auto per le escursioni nelle diverse contee e cittadine del Massachussets. Tutte le maggiori compagnie di noleggio auto si trovano a Boston. Ottimo è anche il servizio ferroviario da Boston a New York e viceversa: le compagnie che lo curano sono: Ferrovie Americane, Amtrak e, con servizio di super-rapido, Acela Express.

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