Insomma per molti è finita la vergogna della discriminazione, è cominciata l’era della riabilitazione. Ma sotto gli alberi ci sono ancora aborigeni che si abbrutiscono di birra e che di notte non riescono a dormire in una camera da letto. La natura ha ancora il sopravvento, in troppi casi. Meglio un bel walkabout, una passeggiata senza meta né tempi nel bush , per prendere una bella iguana da mangiarsi in santa pace a cena o per procurarsi un pugno di vermi witchetty grub belli grassocci da trangugiare avidamente come snack; molto meglio che sedersi a una scrivania o perdere le giornate in un negozio. In fin dei conti questi padroni di Australia hanno diritto di scegliere, finchè continuano a pagarli per non far niente. E il Governo australiano, per ora, continua a pagare. Per scaricarsi la coscienza. Facendo il loro male, ancora una volta.
Una storia infinita
Circa sessantamila anni fa gli aborigeni, originari del subcontinente indiano, arrivano in Australia dall’Indonesia. I mari sono bassi e il passaggio attraverso i brevi bracci di acqua è facile. Poche e sporadiche le visite dei navigatori bianchi lungo le coste della Terra Australis. Gli olandesi, poi Abel Tasman e il Capitano James Cook hanno fuggevoli contatti con queste popolazioni indigene. Si calcola che allora gli aborigeni fossero circa trecentomila sparsi su un territorio di quasi otto milioni di chilometri quadrati.Dal 18 al 26 gennaio 1788, sulla costa dove si trova la moderna Sydney, tra Botany Bay e Port Jackson, sbarcano le navi di Sua Maestà Britannica, al comando di Sir Arthur Phillip, con un carico di 717 galeotti di ambo i sessi e di 290 tra marinai, soldati e ufficiali. Il 26 gennaio la bandiera inglese sventola sulla nuova colonia. Di fronte, i marinai e i galeotti si trovano gli aborigeni della tribù Gamaraigal, che vivono nella zona. Ma il Continente viene ufficialmente dichiarato “disabitato”. E gli aborigeni sono catalogati alla stregua di quegli strani animali, i canguri, appena scoperti. Per un secolo, gli aborigeni convivono malamente con i nuovi arrivati. Decimati dalle malattie, dagli stenti, dalla resa in schiavitù, vivono confinati in riserve. Da 300 mila diventano, attorno al 1880, 180 mila. Nel 1951 gli aborigeni sono 67 mila. Sono datati 1911 alcuni ordini con i quali i governatori obbligano gli aborigeni a non muoversi da un certo territorio senza precisi permessi. Un’ulteriore limitazione di libertà sotto forma di atto di protezione.
Nel 1951: inizio della politica di “assimilazione”. Gli aborigeni vengono invitati a vivere con i bianchi e come i bianchi. I bambini piccolissimi mezzosangue vengono portati via alle famiglie e messi a studiare nelle missioni. Gli aborigeni cominciano a costituire un sottoproletariato urbano, del tutto ignorato. Ma cominciano a farsi sentire.
Nel 1967: un referendum cambia la costituzione e accorda agli aborigeni il diritto alla cittadinanza australiana e nel 1972: viene creato un Ministero per gli Affari Aborigeni.
1976: nei Northern Territories viene per la prima volta riconosciuto il diritto degli aborigeni a possedere la loro terra. L’Aboriginal Land Rights Act restituisce loro parte dei territori delle riserve.
Il 3 giugno 1992: dopo dieci anni di lotte legali, l’Alta Corte di Australia pronuncia una sentenza a favore di Eddie Mabo (Mabo Judgement) nella causa “Eddie Mabo e altri abitanti di Murray Island contro lo Stato del Queensland”. Accogliendo il ricorso,la Corte decide che tanto Murray Island quanto tutta l’Australia, allo sbarco degli inglesi, non erano terrae nullius, bensì appartenevano agli aborigeni, che ne avevano sempre conservato la proprietà, anche dopo l’annessione del territorio alla Corona inglese. E’ il primo passo verso il riconoscimento del titolo autoctono (Native Title).
Una legge del 199 conferma la sentenza di Mabo viene approvata dal Parlamento Federale ed entra in vigore il 1 gennaio 1994 con il nome di Native Title Act.