Lunedì 2 Dicembre 2024 - Anno XXII

Genova 2004, la città “raccontata” dai genovesi

Genova

La “corsa” entusiasmante di Genova verso il futuro è in pieno svolgimento. Cento “cose” fatte e mille da fare. Le opinioni di chi ci vive ondeggiano fra ottimismo e il locale, sempre vivo “mugugno”

Genova Piazza Ferrari
Piazza Ferrari

Genova è cambiata? A partire dalle celebrazioni colombiane del ’92, quando è stato affidato a Renzo Piano l’impegno di fare rinascere il Porto Antico – oggi il quartiere più moderno della città – Genova 2004 ha cambiato faccia. Da allora la risistemazione urbana non è mai cessata, iniziative pubbliche e private hanno promosso il restauro di chiese e palazzi recuperando poco alla volta piccole zone del centro storico, uno dei più estesi nuclei medievali d’Europa. Genova 2004 sta ritrovando il suo splendore. L’ingranaggio non si è arrestato con la batosta dell’insuccesso dell’esposizione colombiana, né si è bloccato con i tragici giorni del G8 nel 2001 e nemmeno con la recente tragedia del crollo nel cantiere dell’edificio destinato ad ospitare i nuovi Musei del Mare e della Navigazione, l’otto novembre scorso, alla Darsena.  No. La città non ha intenzione di lasciarsi sfuggire l’occasione che ne fa, con la francese Lille, capitale europea della cultura Genova 2004 per dimostrare che si rinnova, che conta. I lavori sono in corso, su questo non ci sono dubbi; anzi, forse si è persino esagerato a voler fare tutto subito e ora la città si presenta come un immenso cantiere.  Ma com’è Genova oggi e come diventerà domani? Qual è la sua vera identità? Città portuale e industriale o meta turistica e culturale; città d’arte o polo scientifico all’avanguardia? L’abbiamo chiesto al poeta Edoardo Sanguineti e al giornalista della “Stampa” Paolo Lingua. Ne sono usciti visioni diverse che possono aiutare a capire la Superba; frammenti di un disegno complesso e a volte contraddittorio.

La vita culturale

Genova Teatro Carlo Felice
Teatro Carlo Felice

“Quando nel ’74 ritornai a Genova, richiamato a ricoprire l’incarico di professore ordinario di letteratura italiana alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università, dopo oltre quarant’anni di assenza” racconta Edoardo Sanguineti, scrittore e critico nativo di Genova, autore di numerose raccolte di poesie oltre al romanzo “Capriccio italiano”, a testi teatrali e saggi, “dovetti imparare a conoscerla. Andavo in giro con i figli la domenica per vedere strade, chiese, musei: con piacere, la città mi piacque moltissimo. Andavo alla piscina di Nervi a fare i bagni, nei caffè della passeggiata a mare e nei parchi. Mi piacque anche Boccadasse per le stesse ragioni, era un modo di stare vicino al mare.”  Nel ’76 lo scrittore si sentiva già parte della città, tanto che ebbe il ruolo di consigliere comunale (nel ’79 fu deputato parlamentare). Gli abbiamo chiesto cosa sia mutato da allora nella vita culturale cittadina e che cosa significhi per lui il fatto che Genova 2004 sia capitale europea della cultura.  “Negli anni in cui arrivai a Genova la vita culturale era poco sviluppata, il Teatro Carlo Felice era ancora in rovina. Una cosa che mi faceva soffrire, rispetto a Torino e Salerno dove avevo abitato e che sono città di grandi caffè, era la mancanza a Genova di luoghi accoglienti dove conversare con un amico o leggere il giornale. Io gli appuntamenti li do sempre in un caffè: a Genova ho scelto quello del Teatro Carlo Felice quando nella bella stagione ha i tavolini all’aperto: un luogo che tratto come una sorta d’ala dislocata di casa mia. Un altro caffè che apprezzo è Mangini, uno dei pochi locali storici della città in un palazzo ottocentesco in piazza Corvetto e poi il moderno e frequentatissimo Tonitto sotto i portici di via XX Settembre”.

Genova Palazzo Ducale
Palazzo Ducale

I genovesi hanno fama di essere molto riservati – cosa che vale in genere per le città del nord – anche se le cose stanno migliorando negli ultimi tempi”, aggiunge Sanguineti. “C’è un accrescimento di scambi, i cittadini imparano una sorta di galateo dei rapporti. Dal ’92 a ora Genova ha migliorato la propria faccia, si è dotata di cose che non aveva, ha ricostruito il suo teatro dell’opera, ha preparato il Teatro della Tosse, ha restaurato il Palazzo Ducale, ha ripensato completamente con Renzo Piano il Porto Antico, ha riabilitato aree dismesse e nei vecchi e nuovi contenitori le attività culturali sono divenute più vivaci. Una serie di mutamenti che sono ancora in corso.  Il traffico a Genova, per esempio, che è una città allungata, è molto difficile: se si inceppa qualcosa nell’asse est-ovest è paralizzata; quindi la sopraelevata, fastidiosa ma essenziale, è difficile da eliminare. Oggi è una città complicata, travagliata per i tanti lavori in corso, ma la strada è quella giusta e l’elezione a capitale della cultura Genova 2004 è uno stimolo per diventare una grande città del Nord Italia e del Nord Europa. I programmi sono tanti, le proposte culturali durevoli.”

Il centro storico

Genova Vico dietro Chiesa Maddalena
Vico dietro Chiesa Maddalena

“E il problema del centro storico, tuttora degradato nonostante i passi fatti ma il cui risanamento durerà ancora parecchio tempo?”  Riprende Sanguineti: “Il centro è la zona più rappresentativa, come sempre per i nuclei storici delle città, quella affettivamente più significativa, che attende di essere resa abitabile e percorribile in modo tranquillo. Molto è già stato fatto, anche se non tutto è percepibile. Certo, è un problema ancora irrisolto e forse nemmeno il 2004 lo risolverà, ma se tutto il resto verrà considerato attraente, il nodo si potrà anche affrontare.  Se una volta alle sette di sera il centro chiudeva e diventava un deserto pericoloso, adesso la notte, specialmente di venerdì e sabato, c’è tanta gente, ci sono locali e osterie aperte, persone che suonano e ballano per strada. Tanto che gli abitanti si lamentano del rumore mentre prima li disturbavano la solitudine e l’isolamento.  Il centro non è più un quartiere dormitorio, ma il processo è molto graduale, richiede tempo e denaro. Tuttavia so di gente che ha lasciato belle case in altri quartieri per andare ad abitare in centro e avere una di quelle bellissime terrazze verdi, pazienza se al quarto piano, senza ascensore e accanto a un’area degradata. Persino il quartiere di Albaro, zona residenziale per eccellenza, è stato messo in crisi da questa nuova vita del centro. Per capirlo bisogna salire in alto, vicino ai tetti di ardesia.” E aggiunge: “d’altronde gli abbaini sono diventati di moda in tutto il mondo, da Parigi a New York.”

Genova, una città a misura d’uomo

Genova Centro storico Sottoripa
Centro storico Sottoripa

“Amo la città, in questo sono molto genovese” esordisce Paolo Lingua, oltre trent’anni alla “Stampa” di Genova, che per hobby si occupa di storia (sua la “Breve storia di Genova” pubblicata da Laterza nel 2001) e storia della cucina. “Tra le città italiane Genova è una città a misura d’uomo: questo è il suo bello. Il centro storico, che è la zona urbana più interessante, si percorre a piedi. Per conoscerlo a fondo suggerisco di fare un giro delle chiese romaniche, S. Donato, S. Agostino, Ss. Cosma e Damiano e di entrare nei grandi palazzi a curiosare” prosegue il giornalista. “Il genovese è un animale urbano. Si dice che la peggiore ingiuria che può rivolgere a un altro è di chiamarlo paisan: contadino, essere grezzo e inferiore.  Una ragione c’è: un bolognese o un fiorentino risentono del loro entroterra campagnolo, ma Genova non ha campagna alle spalle, solo montagne con una storia di grande miseria. La città, invece, già nel Medioevo aveva sviluppato una forma capitalistica avanzata.”  Già, se i commerci e le attività legate al mare e alla navigazione nel capoluogo ligure risalgono alla notte dei tempi anche le istituzioni bancarie hanno una storia lunga: la prima banca europea nacque qui all’inizio del XV secolo, trasformando i mercanti in banchieri e Genova nella capitale finanziaria dell’Europa di allora. “Una caratteristica dei genovesi è l’understatement” racconta Paolo Lingua “tipico delle culture di mare: sapere le cose ma non dirle, essere ricco ma non ostentare la ricchezza, che non è solo un calcolo malizioso. Il genovese coglie l’occasione al volo, è per l’affare di respiro breve, guadagna il più possibile e si ritira. Con grande riservatezza.  Il genovese nasce organizzando la famiglia azienda: conservatrice, patriarcale e tradizionale all’interno, spregiudicata negli affari all’esterno. A Genova la movida non c’è, si sta in famiglia. Ancora oggi le famiglie-aziende sono dei clan.”

Genova Via San Lorenzo rinnovata
Via San Lorenzo rinnovata

Allora non è vero che Genova si è aperta, che è cambiata? Rimane perplesso Paolo Lingua. “E’ un’interpretazione un po’ schematica: bisogna vedere in che cosa è mutata la città e che cosa è maquillage. Facciamo un passo indietro. Qualche cifra e un po’ di storia aiuteranno: dal 1945 al 1970 c’è stato il grande sviluppo industriale, poi i primi segnali di crisi, circa dalla metà degli anni Settanta, avanti fino ai Novanta: industrie da ridimensionare, pesante inquinamento, nessun restyling del centro, soffocamento del porto. Il calo demografico e dei posti di lavoro è stato impressionante. Se nel ’68 Genova aveva 850.000 abitanti, nel 2003 è scesa a poco più di 600.000 ed è sul filo del rasoio, con Trieste, come città con la maggiore popolazione anziana: a Genova gli ultra sessantacinquenni sono il 40-45% dell’intera popolazione, il tasso di fertilità è sottozero, ogni anno il numero degli abitanti cala. Non solo: la città è piena di prepensionati provenienti da quei settori maturi che hanno mandato in pensione quarantenni e cinquantenni. La storia recente della città inizia con l’avvio della ripresa del porto. Allora si mette mano al centro storico, per recuperarne l’immagine.”

Genova 2004 nuova Sylicon Valley?

Genova Cattedrale di San Lorenzo
Cattedrale di San Lorenzo

“Il restyling, che in altre città è stato diluito nel tempo, a Genova si è concentrato negli ultimi diciassette anni, dalla preparazione delle Colombiadi in avanti” continua Paolo Lingua “ciò è positivo, il turismo è aumentato, ma Genova non può e non deve competere con Venezia, Firenze o Napoli. Il boom del turismo a Genova è l’Acquario: una famiglia arriva la mattina e se ne va la sera.
Già il turismo da week-end non va: c’è un certo numero di alberghi ma sono tutti a quattro stelle e in una città cara come Genova hanno i prezzi dei cinque stelle altrove; di tre stelle non se ne trovano, i ristoranti aperti dopo le dieci di sera si contano sulle dita di una mano. Non solo: non ce n’è più nessuno che faccia cucina genovese tradizionale, non la sanno o non la vogliono fare. Come delegato a Genova dell’Accademia Italiana della Cucina mi sento di dire che è un periodo di stasi, non c’è stata crescita.” Comunque sia, Genova ha fatto passi da gigante dagli anni Novanta e vive un periodo di grande vitalità. L’aspetto monumentale, estetico della città è molto migliorato, il centro storico non fa più paura, i genovesi si sono accorti di avere un notevole patrimonio artistico e guardano al fenomeno (relativamente) nuovo del turismo con attenzione. Ma la città non può campare solo di questo, allora su cosa puntare? “Il sogno di fare di Genova 2004 una città turistica e terziaria si infrange contro la realtà” osserva il giornalista “secondo gli imprenditori il boom turistico non supererà mai il 10% del Pil della città, il porto e le attività ad esso collegate prevalgono. Genova vive del porto, delle banche e delle assicurazioni e di quello che resta dell’industria, mentre la tecnologia potrebbe diventare la grande scommessa. Rialzerebbe il livello dell’università un po’ sonnacchiosa, l’area potrebbe diventare una piccola California.”  Chissà. Certo un forte incentivo allo sviluppo del settore delle alte tecnologie, già in crescita nel capoluogo ligure, lo potrebbe dare la scelta di Genova tra le città candidate ad accogliere il nuovo Istituto Italiano delle Tecnologie, l’equivalente nazionale del Mit americano.
Ma questa è un’altra storia.

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