Nel traffico cittadino
Come altre città a impronta americana, KL moderna è costruita a gironi, collegati tra loro da piste d’asfalto la cui logica è decifrabile solo dal progettista. Di fatto, il pedone (inteso come visitatore a piedi) non ha la facoltà di andare da A a B direttamente, anche se A e B distano cento metri in linea d’aria. Deve seguire le evoluzioni dei mezzi di trasporto, convogliati su binari e nastri.
Efficienti, i mezzi pubblici, se si ha la fortuna di prendere la metropolitana o la monorotaia che tracciano grandi direttive a raggiera. Un po’ meno se si tratta di taxi. Non perché siano pochi, o poco funzionali, ma perché nel traffico si intrappolano e tutti i gironi di via veloce non riescono a eliminare la strettoia della città vecchia. Capita dunque di passare qualche quarto d’ora sulle auto pubbliche, con qualche danno legato al tassametro (i prezzi, però, sono bassi) ma con notevoli vantaggi rispetto alla conoscenza dei locali, di qualsiasi etnia o religione siano, sempre disposti al confronto oriente-occidente a colpi di stereotipi.
Kuala Lumpur old style
Tuttavia, in questa corsa alla verticalità, restano, per fortuna, le tracce del passato. Di quell’altra corsa di fine Ottocento, che mise insieme edifici coloniali britannici e templi cinesi, palazzotti indiani e case malay, che sono un po’ l’atto documentato della nascita della Malaysia.
Si può cominciare, senza lasciarsi intimidire dalla “prepotenza” del nuovo, dalla vecchia Stazione Centrale (1911), edificio simbolo di quella “città instabile” dell’inizio. Stile moresco e coloniale, con cupole, pinnacoli, torri, impressionò il viaggiatore Paul Theroux. Ora, abbandonata per un moderno hub, la stazione non ha ancora un destino sicuro. Poi Central Market, edificio art déco che conserva l’atmosfera del mercato e offre tante occasioni di artigianato. Piazza Merdeka (Piazza dell’Indipendenza, ottenuta nel 1957) offre il palazzo del sultano Abdul Samad (1897, Norman e Bidwell), architettura moresca, con cupole in rame e una torre di 130 metri. E poi la chiesa di S.Maria, il Royal Selangor Club (il club dei baroni del caucciù inglesi), il vecchio Municipio.
Tutto questo ne fa il vecchio centro cittadino, prima dell’era Petronas.
Sri Maha Mariamman a Chinatown è un tempio indù tra i più decorati e raffinati del Paese. Costruito nel 1873, ha motivi dipinti, intagli, decori dorati, tegole smaltate. Come il tempio buddista cinese Hou (Jalan Syed Putra), costruito su una collina, che riporta alla pace della meditazione. Con la moschea Jamek (Jalan Tun Jamek, disegnata da Hubbock nel 1909) si entra nel capitolo dell’architettura islamica, che lega idealmente passato e futuro. Il Museo di Arti Islamiche (Jalan Lembah Perdana) ne è un esempio. Presenta la Galleria di Architettura Islamica con miniature di palazzi famosi, dal Taj Mahal alla moschea Imam Ismail Albukhari; una raccolta di oggetti dell’Impero Ottomano (turchi e siriani); una collezione di duecento manoscritti islamici.
La Moschea Nazionale (Masjid Negara, Jalan Perdana, 1965) è un’altra tappa: un edificio moderno, che coniuga il design con i motivi tradizionali di calligrafia e ornamenti, con un’enorme cupola a forma di stella a 18 punte di colore verde-azzurro (i tredici stati della Malesia che poggiano sui cinque pilastri dell’Islam), e un minareto di pura geometria. Completa il panorama la moschea Putra, che mescola ancora tradizione dei motivi con architettura di oggi, ed è monumentale, con marmi lucidissimi che rispecchiano i movimenti ondeggianti dell’aria calda. Il tutto nel nuovo quartiere governativo, anch’esso monumentale, di Putrajaya.