“Ivrea la Bella…” (come Carducci declamava), reagisce.
In pochi decenni la sua azienda simbolo, la ragione per la quale la città era conosciuta nel mondo, è letteralmente sparita. Una scatola vuota, in tempi di economia finanziaria.
E così i suoi valori: sociali, etici, estetici, di intelligenze, rischiavano di svaporare, di perdersi nel fiume della storia industriale italiana.
Olivetti, Camillo e Adriano, la teoria di ingegneri e designer, di intellettuali e sociologi, il lavoro del Canavese, persi in un clic. Sipario abbassato.
E invece, no. La fine della fabbrica-laboratorio ha portato ad un nuovo utilizzo, sperimentale, “in progress”, degli spazi Olivetti.
Per ora c’è un grande museo di architettura all’aperto e le “Officine Culturali ICO” a raccontare e rinnovare l’avventura Olivetti. Una storia che vale la pena di ascoltare.
E poi c’è l’archivio del cinema industriale, il contenitore…
Maam, il Museo degli affetti
Maam, si chiama. Desiderio del subconscio per ricordare la “mamma” locale, quella “Camillo Olivetti & C.” che ha dato l’imprinting moderno alla città..
Si tratta del “Museo a cielo aperto di Architettura Moderna” di Ivrea, un percorso di architettura, archeologia industriale, storia economica e psicologica del territorio canavesano. Di più. Un modo per capire, oggi, quello strano fenomeno industriale, intellettuale, sociale che va sotto il nome di Olivetti.
Quando, nel corso degli anni Novanta, è risultato chiaro che l’azienda non sarebbe più stata la forza trainante del Canavese, ci si è interrogati sulla destinazione del suo patrimonio architettonico. Trovando subito una soluzione: un museo nuovo, concettualmente nuovo e una nuova iniziativa chiamata “Officine Culturali ICO”.
Il Museo, inaugurato nel 2001, si sviluppa lungo un percorso di due chilometri, lungo via Jervis e le aree circostanti. Qui sorgono gli edifici più rappresentativi della cultura olivettiana: dalle Officine ICO al Palazzo Uffici, dall’Asilo Nido a “Talponia”.
Perché così tanti edifici legati alla Olivetti?
Perché Camillo, il fondatore, aveva le sue idee in fatto di impresa e, oltre a fare prodotti innovativi, che hanno segnato lo sviluppo industriale italiano, ha innovato anche il territorio eporediese e le menti, intervenendo nella città e nella socialità.
E così ha fatto il figlio Adriano, spingendosi ancora più in là nell’immaginare un’armonia del lavoro, una cooperazione al meglio.
Olivetti è sempre stata “prodotto&lavoro”, vale a dire i migliori designer, macchine per scrivere o per calcolare conosciute nel mondo intero, asili e case per i dipendenti.