Nato nel gennaio 2001 dall’intuizione di due donne, un’italiana e una libanese, l’Hammam della Rosa (www.hammamdellarosa.com) è uno dei tre bagni turchi presenti in Italia; unico a Milano, gli altri due sono a Torino e a Genova.
Unicità rivendicata con decisione dalle fondatrici, che non vogliono saperne del paragone con centri estetici e quant’altro: “il nostro Hammam della Rosa, nonostante dedichi molto spazio all’aspetto del benessere e della bellezza femminile, intende riproporre lo spirito autentico che l’ha anticamente generato; un vero hammam non può convivere “sotto lo stesso tetto” con palestre, saune, vasche, trattamenti estetici di ogni tipo”.
Piacevoli sacrifici
Dal momento che si scrive solo di ciò che si conosce, non mi resta che sacrificarmi! In un pomeriggio freddo e nebbioso, varco la soglia dell’hammam di viale Abruzzi.
Nell’umido calore che mi accoglie noto subito due categorie di avventori: le donne, che si avviano verso le sale dedicate al bagno turco e gli uomini, che con aria spaesata acquistano il classico “Percorso della Rosa” da regalare alla regina dei loro cuori.
Dopo le informazioni di rito, vengo condotta, attraverso una sala pressoché deserta arredata nel tradizionale stile berbero, fino agli spogliatoi. Potrei essere in una qualsiasi palestra milanese, forse più curata della media nei dettagli: i marmi, gli specchi, gli incensi, ma in fondo niente di ché.
Almeno fino a quando entro nel “tepidarium”; perché qui tutto cambia.
La sala è ampia, lungo le pareti corrono panche, il marmo è ovunque. Ai quattro angoli sono state accese candele all’interno di lanterne in vetro alte almeno un metro, ed è l’unica illuminazione presente. Tutt’intorno siedono donne, in coppie o a gruppi di tre-quattro, chi più chi meno avvolte in candidi asciugamani.
Bevono l’immancabile tè alla menta, sgranocchiano pasticcini e biscotti, mangiano frutta. Ma soprattutto, chiacchierano.
Sensazioni attutite
Le voci risuonano nella stanza e coprono il ruscellare sordo dell’acqua di una fontana, mentre l’umidità e il calore distendono i muscoli e le percezioni si fanno meno immediate ma più precise, come se i dettagli acquistassero nuovi e più definiti contorni.
Sono l’unica donna sola, ma non mi sento davvero isolata.
I movimenti sono resi languidi da un’atmosfera insolita per un’occidentale, mentre risuonano a tratti le risate delle maghrebine che guidano e sorvegliano noialtre indisciplinate clienti, in un’improvvisa e naturale nudità di corpi che, in altre situazioni, preferirebbero probabilmente la frusta piuttosto che mostrarsi con tanta serena indifferenza. Senza rivalità, senza affettazione, senza esibizionismo.
E quando mai ci capita?
Nel tepidarium si resta per quanto tempo si vuole, e ci si dedica al primo obiettivo per chi decide di vivere quest’esperienza: riappropiarsi di sé. Il tempo perde la carica distruttiva che caratterizza i nostri frenetici giorni, divisi tra lavoro, casa, figli, mariti e fidanzati, a volte tutto insieme e con evidenti problemi d’agenda.
Emerge un tempo diverso, il tempo per sé, appunto: per leggere, per parlare, per oziare in solitudine, in piena (e soddisfatta) coscienza.