Giovedì 25 Aprile 2024 - Anno XXII

Chicago, il Macello dei primati

E’ stata la prima catena di “smontaggio” di animali, con una media di milleduecento capi “lavorati” all’ora, definita con orgoglio “The Hog Butcher for the World” (il macellaio di maiali per il mondo)

Union Stock Yard
Union Stock Yard

“Macellare maiali per il mondo”. Queste le parole usate da Carl Sandburg per definire il macello di Chicago: lo Union Stock Yard.
Delirio nicciano di onnipotenza o volontà di primeggiare a tutti i costi?
Nessuna delle due ipotesi. Chicago, negli anni Trenta, era realmente la città dei primati. Basti pensare che “the city of the big shoulders” (la città dalle spalle larghe) per attingere ancora al bagaglio metaforico di Sandburg, confermava giorno dopo giorno, attraverso l’operosità dei suoi abitanti, di avere davvero spalle forti e possenti.
Spalle che riuscivano a coprire le richieste non solo del mercato americano ma anche di parte di quello europeo.
Chicago era il luogo deputato per raccogliere le imprese di import-export più grandi dell’epoca. Chi cercava lavoro era certo di trovarlo a Chicago. Magari da operaio, con orari estremi, però pur sempre un lavoro. Tanto che la “città del vento” pullulava di immigranti alla ricerca dell’occasione che avrebbe rivoluzionato la loro vita.
Schiere di uomini sceglievano la città dell’Illinois per scappare dall’oppressione, quasi sempre di matrice razziale, o dalla mancanza di opportunità del mercato europeo. Anche chi aveva un colore di pelle diverso finiva per trovare la propria collocazione, grazie a Chicago e al suo macello.

L’enorme mattatoio al lavoro

Union Stock Gate, la porta d'ingresso
Union Stock Gate, la porta d’ingresso

A sud di Chicago, tra la trentanovesima e la quarantasettesima strada, si trovava il più grande centro di macellazione e inscatolamento del mondo. Un’area dall’estensione di un miglio quadrato che ospitava la compagnia più importante della nazione, seguita da molte altre piccole nelle aree limitrofe.
Lo “stockyards smell”, l’afrore del macello impregnava l’area: anche se per chi la viveva era sinonimo di occupazione. Oltre cinquantamila persone erano impiegate in questa struttura che fu tra le prime ad utilizzare il sistema della catena “taylorista” di montaggio al rovescio.
Tutto avveniva seguendo un preciso iter nel quale le fasi di smontaggio erano definite una ad una: c’era la sezione adibita al dissanguamento, quella che si occupava del taglio degli zoccoli, un’altra in cui avveniva la scuoiatura e l’eviscerazione fino all’ultima, nella quale la carcassa, epurata delle parti superflue, veniva collocata in una cella di raffreddamento. Oltretutto lo “yard”, com’era definito famigliarmente il macello, procurava una serie di prodotti derivati.
I nervi di bue, opportunamente tesi e lavorati, servivano per la produzione di strumenti musicali e fornivano l’intelaiatura per le racchette da tennis, mentre un insieme di industrie farmaceutiche utilizzavano gli scarti dello “yard” che a sua volta assicurava, indirettamente, il lavoro ad altri duemila operai.

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Lavoro per tutti. Ma duro

L'Union Stock nel 1905
L’Union Stock nel 1905

Se il lavoro era garantito per tutti, le condizioni ambientali nelle quali gli operai si dovevano muovere erano disastrose. Per i non addetti ai lavori che si affacciavano a questo dipartimento di Chicago, l’orizzonte appariva un percorso infernale, quasi dantesco.
Un pavimento perennemente ricoperto di sangue, accompagnato da un odore stagnante nell’aria, contrassegnava le zone utilizzate per il dissanguamento; per contro le celle frigorifere erano gelide e ovunque c’era il rischio di amputarsi gli arti a causa dei macchinari che il progresso di Taylor aveva portato.
Eppure, lo “Union Stock Yard” era un fiore all’occhiello per la città di Chicago. Raccoglieva schiere di curiosi e turisti da tutto il mondo, desiderosi di carpire il segreto di tanto successo. Carovane di visitatori erano invitate a verificare la rapidità con cui le carcasse venivano trasformate in pezzi, in una processione che percorreva i vari dipartimenti al seguito di un cicerone che, come in un museo, seguiva un percorso prestabilito.
L’impostazione del ciclo produttivo era rivoluzionaria: per la prima volta, nella storia di un macello, le parti dell’animale venivano spostate attraverso carrelli e nastri trasportatori da una postazione all’altra. Al singolo operaio era chiesto di svolgere la mansione direttamente dalla sua postazione nel giro di pochi secondi, prima che il prodotto proseguisse oltre.
Di solito le fasi del processo di macellazione implicavano una catena verticale; il prodotto passava da un livello più alto ad una postazione più bassa sfruttando la forza di gravità come veicolo di spostamento. Al termine di ogni processo, per spostarsi invece da un settore all’altro, trattori elettrici trainavano carrelli il cui contenuto veniva passato alla successiva fase di macellazione.

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