Giovedì 28 Marzo 2024 - Anno XXII

I Masi delle vigne e del vino

Masi St.-Leonhard-©-Fränzl-Foto-BZ

Sono l’ossatura delle terre dell’Adige e dell’Isarco. Fattorie di collina e di montagna, vero nucleo affettivo e di sopravvivenza della società alpina. Un rifugio, un modo di lavorare, di stare insieme

Masi © www.castelringberg.com
© www.castelringberg.com

I masi sono anche lo strumento più adatto per conoscere questa terra. Da quando si sono aperti ai visitatori hanno interpretato al meglio il concetto e lo spirito di agriturismo. Tanto da diventare la proposta più originale, più interessante, per chi vuole visitare il Tirolo del Sud.
I masi, riuniti sotto il marchio “Gallo Rosso” (forse perché il gallo è l’animale che meglio simboleggia la vita campestre e il suo sano “alzarsi presto”) hanno deciso di darsi un’immagine più precisa. E per farlo, hanno scelto di porre in evidenza le loro specificità, le cose che meglio possono far capire la vita che svolgono. Se si capita nelle tre zone dei “masi del vino”, non si possono avere dubbi. Villandro, Caldaro, sono circondati, riempiti di vigne. Ne sono inondati, sommersi.

Accoglienza, sapori e vini dei masi

L'abbazia benedettina di Sabiona (Säblen).©Oliver-Abels
L’abbazia benedettina di Sabiona (Säblen).©Oliver-Abels
Il rito del toerggelen
Il rito del “törggelen”

Villandro è in valle Isarco, appena sopra Chiusa (Klausen) e l’abbazia benedettina di Sabiona (Säblen). Fissata verso la fine del Quattrocento da Albrecht Dürer in una famosa incisione, Chiusa ha belle facciate dipinte allineate le une accanto alle altre e sovrastate da chiese gotiche. Mentre l’abbazia, già sede dei Vescovi di Bressanone, è convento di clausura ed è visitabile solo in parte.
Villandro, invece, è un balcone sulla valle, con vista delle Dolomiti gardenesi e di Plose. Un balcone che va dai cinquecento ai duemilacinquecento metri d’altitudine, offrendo coltivazioni diverse. Qui, nei primi pendii della montagna, immerso nelle vigne, c’è il Röckhof. Il maso è antico, con una stube del Seicento che ha mantenuto i suoi caratteri originali. Qui, e nelle altre due sale, si ripete ogni autunno il rito del “törggelen”, vale a dire del contadino che apre la sua casa per il vino nuovo (nuie) e i suoi prodotti. Rito piacevole, di profonda compartecipazione agli odori e ai sapori dell’autunno. Si arriva, ci si accomoda intorno ai tavoli e Frieda, la padrona di casa, offre la sua cucina e i suoi prodotti, dallo speck al graukäse (con cipolla e aceto); dal pane alle frittelle, dai ravioli fritti a succhi e marmellate. Un’immersione nelle cose buone di montagna, accompagnate dai vini e dalle grappe di Konrad. Quest’ultimo ha scelto una linea precisa per i suoi vini: propone un müller thurgau in purezza, ma anche una cuvée per il bianco Caruess (sylvaner, traminer, pinot grigio), e una per il rosso Caruess (zweigelt, St.Laurent). Perché “maso del vino”? Perché Konrad non apre solo bottiglie: le spiega, le racconta, le degusta; fa visitare la cantina e le vigne, fa conoscere la storia e la vita del maso.

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Case vista lago, fra le vigne

Casa Niklaserhof
Casa Niklaserhof

Stessa passione, stessa voglia di condividere che si trova più a sud, a Caldaro. Si sale verso la montagna a St.Nikolaus e si arriva al maso Niklaserhof. Josef Sölva e il figlio hanno una bella cantina storica, un bel pergolato sotto il quale gustare, un contatto diretto con le vigne che qui sono “urbane”, nel senso che si insinuano tra le case, nell’abitato. È proprio questa contiguità, questa simbiosi, il fascino maggiore.
Vini molto interessanti, come il profumatissimo kerner, vitigno dell’Isarco e qui rarissimo, un bianco che esalta molti piatti; o lo schiava, o il lagrein, con i loro profumi freschi. I Sölva, profondi conoscitori del loro mondo, sanno appassionare con i loro racconti, le storie, le degustazioni.
Caldaro, poi, è particolare anche nel panorama altoatesino. Un paese dell’oltradige e il suo vino. Su questo binomio, che funziona da secoli, si è costruito un prodotto turistico sofisticato, che unisce la bellezza del paesaggio, tra lago e montagna, alla cultura, all’architettura e alla sapienza del fare vino.

I Masi delle vigne e del vinoCaldaro si trova in Alto Adige, in una conca soleggiata di colline morbide, protetta dai venti e accarezzata da un piccolo lago, che fa da regolatore del clima. Masi che si arrampicano sulla montagna, palazzotti gotici che disegnano il centro del paese, castelli tutto intorno. La geometria locale è scandita da vigneti e frutteti: i secondi provvedono alla fioritura primaverile, i primi a riempire di giallo il mondo autunnale. Anche intorno al lago, il più caldo delle Alpi. Là, sulle coste della montagna, latifoglie e conifere che si arrampicano fino al limite della roccia. Millenovecento ore di sole all’anno scaldano questo microcosmo, questo angolo di Oltradige (lontano dai flussi di traffico della valle principale) che è rimescolamento culturale, confine linguistico tra nord e sud. Da sempre paese del vino, come i suoi vicini, Caldaro ha deciso di precisare meglio questa sua vocazione. Già, perché si fa presto a dire “vino”, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Naturale lo è, ma presuppone un lavoro lungo e capace da parte dell’uomo. Un lavoro che ingloba il vigneto, il paesaggio, le cantine, i mestieri indotti, la struttura e i servizi della comunità. Fino agli anelli finali, il bere e il turismo.

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Il sentiero del vino

I Masi delle vigne e del vino
Vigneti attorno al lago di Caldaro lungo la Strada del Vino.Foto EMS©-Peer

“Weinweg”, il sentiero del vino, disegnato come un grande “otto” sulla planimetria comunale, quindici chilometri su strade campestri da duecento a seicento metri di altitudine. Che cosa si può vedere? Le solite cantine? Beh, non proprio. Intanto si vede il punto di partenza di ogni cosa, la vigna e i vigneti. Soglie di pietra bianca inserite nel terreno indicano i confini delle vigne, e lo dicono in retoromanzo: il “vial”, il “puntara”, il “palurisch”. Qui, toponimi e territori sono censiti uno per uno e riportati anche in una carta turistica in distribuzione gratuita. Che fa subito individuare percorsi, “infopoint” e luoghi di sosta, per meditare sulla bellezza del paesaggio del vino.
A ottobre, ad esempio, il giallo delle foglie di vite riempie ogni cosa, come una grande pennellata di ottimismo. E poi le cantine, sia le due sociali sia quelle private, luoghi dove l’odore del mosto, in questa stagione, riempie l’aria e mette allegria. Cantine dall’architettura ottocentesca o di inizio Novecento, cantine di castelli seicenteschi, di residenze storiche, di masi. Qui si possono degustare i vini, a partire dal Lago di Caldaro doc, che si fa con la schiava, per proseguire con il pinot nero, la schiava grigia, il cabernet, il merlot, il gewürztraminer.
Ogni mercoledì, alle sedici e trenta, visita guidata alle cantine sociali (la Viticoltori di Caldaro e la Prima e Nuova (Erste und Neue), in edifici ottocenteschi, con degustazione dei loro prodotti. In primavera, il rito passa al giovedì in vigna, sempre con degustazione.

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