L’origine dell’uomo
Anche perché era evidente che i reperti, al di là del numero cospicuo, appartenessero alla notte dei tempi. Questi mostrarono che nello stato del Piauì vivevano comunità di ominidi tra le più antiche dell’America. A dispetto della teoria sull’origine dell’uomo. Questa si basava sull’esodo, datato quarantamila anni fa, delle prime comunità di homo sapiens, che attraverso lo stretto di Bering avrebbero colonizzato il nord America per raggiungere, solo in un secondo tempo, la parte sud del continente. Sebbene le datazioni effettuate con il metodo del carbonio 14 su reperti umani ritrovati nel Parco (risalgono a cinquantottomila anni fa) siano le più antiche nel panorama americano, non lo sono però a livello mondiale. Nonostante ciò, il Parco Nazionale della Serra della Capivara detiene comunque un record: relativo al più antico dipinto rupestre datato fin ad oggi. La notizia è fresca di stampa: ufficializzata lo scorso 29 Aprile nel contesto di un congresso mondiale. La datazione è stata effettuata, in questo caso, con il metodo della termoluminescenza per via indiretta. Ossia, attraverso l’analisi di oggetti ritrovati in prossimità delle pitture stesse. La pittura in questione era ricoperta da uno spesso strato di calcite stratificata in epoca successiva all’esecuzione della stessa da parte dell’uomo. Eseguita dall’Università di São Paulo in collaborazione tecnica con l’Università di Osaka in Giappone, la termoluminescenza ha evidenziato che la calcite vantava oltre quarantamila anni. Per conseguenza, il dipinto circa ottomila di più. La notizia rivoluzionerebbe il panorama sulle pitture rupestri. Infatti, ad oggi i graffiti più antichi si trovano in Francia tra Lascaux e la Ferraise che, pur vantando una datazione di trentasettemila anni non potrebbe competere con i quarantottomila del dipinto della Serra da Capivara.
Una “pinacoteca” d’antan
Primato o meno di datazione, i rupestri della Serra sono eccezionali per il numero e la varietà con cui si differenziano dai cugini francesi. Classificati in due categorie: i nordeste e gli agreste, a seconda della presenza o meno della rappresentazione umana. La tradizione nordeste mostra raffigurazioni antropomorfe e zoomorfe e la sua genesi coinciderebbe con l’Olocene, periodo in cui i mutamenti climatici portarono ad un sovvertimento delle condizioni di vita nella regione. Risalgono invece al Pleistocene frammenti scoperti nelle zone limitrofe alla Toca da Pedra Furada, che testimonierebbero la presenza di comunità umane già ventinovemila anni fa. Più giovane la tradizione agreste, le cui pitture si trovano spesso sovrapposte a quelle del Nordeste. Ricerche archeologiche lasciano pensare che il luogo d’origine sia il bacino del Fiume Saõ Francisco. A questa tradizione appartengono pitture di taglia superiore a quelle del nordeste, anche se le rappresentazioni oniriche e stilizzate giocano a discapito del contenuto delle pitture stesse.
I padroni della Serra da Capivara
I rupestri non sono gli unici reperti figli della preistoria che i labirinti della Serra custodiscono. Fossili di smilodonti, le terribili tigri dai denti a sciabola, i cui canini raggiungevano i venti centimetri di lunghezza, sono stati trovati poco distante dagli insediamenti umani. Priodonti giganti, antenati degli attuali armadilli, popolavano le distese della Serra fino al momento della loro estinzione avvenuta novemila anni fa. Sezioni del guscio del tanker preistorico sono conservati oggi nelle celle frigorifere dell’archivio del Museo Du Homen Americano. Anche se i reperti che più di tutti spiccano appartengono ad uno dei giganti della preistoria: l’Eremotherium Laurillandi. Predecessore del nostro bradipo, l’Eremotherium viveva in luoghi umidi come la Pampas argentina o il Pantanal brasiliano. A conferma del fatto che un tempo il clima della sierra era ricco di precipitazioni. Gigante buono, questo ungulato i cui artigli superavano in lunghezza quella di un avambraccio, pesava quanto un mammuth. Una testa piccola sovrastava il corpo possente che, pur superando i sei metri d’altezza, non riuscì a sopravvivere alla furia dei mutamenti climatici. Comunità di ominidi che siglarono due filoni di rupestri, un mutamento climatico rivoluzionario che trasformò una foresta amazzonica nella caardinga, l’estinzione dei giganteschi Eremotherium e dei temutissimi smilodon: il tutto conservato su una superficie di tredicimila ettari.
Dove il passato si aggira vestito da presente e cani si ristorano transitando su una pista dove atterrano minuscoli Piper. Un luogo magico, da vedere almeno una volta nella vita. Nel cuore che pulsa del Nordeste di un stato che è un microcosmo.
Un pianeta chiamato Brasile.
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