Fino a poco tempo fa eravamo il bel paese delle invasioni turistiche germaniche. Ma pare che i tedeschi non intendano trascorrere più le loro vacanze in Italia come in passato. Secondo le stime effettuate dall’Organizzazione Mondiale del Turismo WTO, nel rapporto dell’Enit, l’Ente Nazionale Italiano per il Turismo, presentate a Milano alla Bit, che si è tenuta dal 12 al 15 febbraio, per il 2004 l’andamento del “prodotto Italia” si è discostato sensibilmente dallo sviluppo generale che si sta delineando sul mercato. Mentre la spesa nel 2004 ha visto un incremento seppur contenuto dello 0,9% rispetto al 2003, gli arrivi e le presenze hanno mostrato vistose flessioni nell’ordine del 10-13%. Per i rappresentanti dell’industria turistica ci sono ottime possibilità di crescita per i viaggi brevi, grazie ai 21 collegamenti offerti dalle compagnie low-cost, e per il “wellness” in senso ampio, quindi dalla vacanza attiva alla cura del corpo, dal relax al benessere, mentre confermano la flessione della vacanza balneare. Hanno accusato, infatti, una pesante battuta d’arresto la Toscana, la Liguria e l’Alto Adriatico, mentre le regioni meridionali quali la Sardegna, Puglia, Calabria e Sicilia hanno testato una buona tenuta.
Se ci si interroga sulle ragioni di tali disaffezioni, si riscontrano le seguenti motivazioni: cattivo rapporto qualità-prezzo; strutture ricettive non sempre in buone condizioni o ristrutturate; servizio non soddisfacente specialmente negli hotel di qualità superiore; prezzi troppo alti per i servizi extra-alberghieri, specialmente per le famiglie, la cui assenza nel 2004 è stata fin troppo evidente.
Anche per il 2005, secondo i più recenti sondaggi effettuati presso i maggiori esperti nel settore dalla Facoltà di Psicologia Economica e Turistica dell’Università di Monaco, l’Italia non accenna al miglioramento. Mentre la Turchia, seguita da Egitto e Tunisia, si prevede sarà tra le destinazioni preferite, l’Italia è considerata la meta che registrerà i risultati peggiori a causa, a detta degli intervistati, non solo del cattivo rapporto qualità-prezzo, ma anche del progressivo peggioramento della qualità dei servizi e dell’accoglienza. La tendenza delle famiglie e dei viaggiatori tedeschi è, infatti, quella di spendere il meno possibile senza però rinunciare a comfort o a servizi. In questo caso l’Italia risulta poco competitiva. “La destinazione Italia sta subendo un logoramento d’immagine, che sta trasformando la crisi temporanea in un problema strutturale”, sottolineano gli operatori, principali interlocutori dell’Enit.
Accanto alle nuove e più opportune politiche di qualità-prezzo, qualità e flessibilità del servizio d’accoglienza e delle strutture ricettive alberghiere occorre lo sviluppo di una strategia promozionale mirata ed unitaria. È necessario rilanciare l’Italia come “marca”. Questo è il messaggio finale che deriva dall’analisi dell’Enit. Afferma Italo Somarriello, responsabile dei paesi di lingua tedesca per l’Enit: “questa è la scommessa per gli anni a venire della nostra offerta, che ancora continua a registrare un alto indice di gradimento, dovuto a fattori ben noti (arte-cultura, ars vivendi, made in Italy, enogastronomia), ma necessita di un improcrastinabile ed adeguato supporto e investimento promozionale”. Altrimenti, come recita un vecchio proverbio tedesco, “wer nicht wirbt, der stirbt”, “chi non fa promozione, muore”.
Lo scenario economico della Germania
Emigrare in Germania in cerca di lavoro e fortuna, una volta era la scelta di molti. Oggi non conviene più. Di questi tempi neppure lo stato tedesco sembra passarsela bene: la dinamica del consumo è stagnante dal 2001; il tasso di inflazione è ancorato all’1%; perdura un forte tasso di disoccupazione e un’insoddisfacente competitività del lavoro; decresce il potere d’acquisto; è in continuo aumento il calo demografico che rende complesso il finanziamento della previdenza sociale; il governo ha difficoltà a rispettare i limiti fissati dal patto di stabilità e sviluppo all’indebitamento che sono disattesi a partire dal 2002, nonché la nuova situazione dei Bundesländer. A 15 anni dalla riunificazione persiste una grave dicotomia tra i Länder occidentali e orientali: se nei vecchi stati dell’ovest il Pil è inferiore (nel 2003 -0,2%) rispetto ai nuovi (da +0,5% a +1,7% ad eccezione di Berlino), per quanto concerne la disoccupazione, il tasso è all’8,4% contro il 18,3% dell’ Est, dove peraltro il 43,7% degli occupati ha un orario di lavoro che supera le 40 ore settimanali, contro il 2,7% dei vecchi Lander, e con stipendi lordi che per la stessa qualifica passano dai 3824 Euro dell’Ovest ai 2853 dell’Est.
A fronte di questa crisi interna la crescita è trainata principalmente dalla domanda esterna soprattutto di prodotti di origine industriale. Ma, anche i fattori esogeni generano difficoltà. Basti pensare la rivalutazione dell’euro, all’aumento del prezzo del petrolio e delle materie prime, agli effetti della congiuntura mondiale e alle incertezze sulla sostenibilità della crescita in America e in Cina, dove la Repubbica federale ha investito moltissimo.