Mercoledì 30 Ottobre 2024 - Anno XXII

Guatemala, fra mercatini e fede popolare

Tikal foto Greg Schechter

Destinazione America Centrale, con le “solite” spiagge di Cancun e la visita ai siti archeologici maya dello Yucatan. In più, un paio di giorni in Guatemala per visitare le piramidi di Tikal. Ma non è questo, il “cuore” del Paese

Tikal foto ickandgak
Tikal foto ickandgak

In realtà, Tikal è solo uno straordinario biglietto da visita per un Paese che merita di essere conosciuto in modo approfondito. Luoghi interessanti ve ne sono molti: il Petén guatemalteco, Uaxactún, Piedras Negras, Naranjo, Holmul, giù, sino al lago Atitlan. Sarà una vera sorpresa capire allora che la civiltà maya non è morta.
Il tiepido sole di questa terra tropicale, così diversa dalle altre, vi accompagnerà alla scoperta di riti misteriosi, parole arcane, bicchieri di rhum consacrati da sciamane su lastre di pietra secolari, mentre il profumo di incenso vi confonderà fino a farvi credere che tutto quello che avete visto sia stata solo un’illusione.
Ufficialmente il Guatemala è un Paese a maggioranza cattolica. Ma Roma, dalla prima evangelizzazione in poi, è scesa a patti con la cultura maya, permettendo un diffuso sincretismo tra la tradizione amerinda e quella cristiana, con l’abituale svolgimento in chiesa di riti che si possono definire “pagani”. Fino a qual punto il viaggiatore può arrivare a comprenderli compiutamente?

Mercatini affollati, fra colori, “odori” e quetzales

Il mercato di Chichicastenango
Il mercato di Chichicastenango

Questo interrogativo assume un senso visitando Chichicastenango (in lingua maya, “il posto delle ortiche”, a centocinquanta chilometri dalla capitale Città del Guatemala). Il turista distratto viene ben presto portato fuori strada in un vero e proprio paradiso dello shopping, ovvero un famoso mercato artigianale dove gruppi di “ambulanti” interrompono in continuazione il cammino dei forestieri, esibendo la merce e insistendo per iniziare la trattativa.
Non trattare costituisce per loro un’offesa. Un prezzo accettabile può essere la metà del primo prezzo richiesto, ma non va offerto subito, altrimenti verrà opposto un rifiuto. In sostanza, più va avanti la trattativa e meglio sarà per il portafoglio.
Il mercato di Chichicastenango offre ottime opportunità per le foto, ma gli scatti in primo piano ai maya si pagano da uno a cinque quetzales (1 quetzal vale circa dieci centesimi di Euro).

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Tikal Una venditrice ambulante
Una venditrice ambulante

Dopo decine di scatti e l’acquisto di qualche ricordino, è passata una buona mezz’ora e il mercato perde gran parte del suo interesse. Il turista distratto torna allora sui suoi passi, esce dal perimetro delle “contrattazioni” e magari si concede una rinfrescante birra Gallo. Poi torna a bordo dell’autobus, attendendo che il gruppo si ricomponga.
La guida gli rivolge un sorriso sornione, interrompendo per un attimo il suo parlare fitto con alcuni colleghi.
Il viaggiatore attento si accorge allora che in quella mezz’ora gli “ambulanti” sono arrivati da un’unica direzione, proprio dal settore del mercato meno frequentato dagli stranieri, la cui gran parte viene di fatto indotta a cambiare strada.
Cosa nasconde quella sezione che i maya sembrano “proteggere”?

In chiesa, fede e riti sciamanici

Guatemala, fra mercatini e fede popolare

Cento metri dopo, tutto si spiega. Improvvisamente, in fondo al dedalo di bancarelle, si erge la scalinata sbrecciata che conduce alla Chiesa de Santo Tomas.
Tre ragazzine si avvicinano, chiedendo qualche quetzal per mettersi in posa. Una di loro porta sulla schiena un bambino piccolissimo che sta sbocconcellando quello che resta di una banana. Sembrano abbandonati a loro stessi.
Vicino all’entrata dell’edificio religioso si fa intenso l’odore dell’incenso. Un cartello vieta le fotografie in chiesa, dove ci si ritrova immersi in un’oscurità interrotta al centro del tempio solo da un gruppo di piccole candele poste sul pavimento.
Nei dintorni, nessuna comitiva di turisti. Camminando verso il presbiterio, ci si accorge che le candele poggiano invece su una lastra di pietra e intorno vi sono delle persone inginocchiate.

Chiesa di Santo Tomas
Chiesa di Santo Tomas

Una di queste, una donna, tiene in braccio un bambino. Un’altra, in piedi, beve del rhum, quindi lo sputa sulla lastra di pietra. La donna inginocchiata tende il bambino verso quella in piedi, che infine pone le mani sul capo del piccolo, mormorando delle invocazioni.
L’assenza nelle vicinanze della maggior parte dei visitatori del mercato consente la necessaria tranquillità per lo svolgimento di riti sciamanici che paiono rallentare i pensieri e propiziare un senso di pace inattesa.
Gli occhi vagano, cercando di comprendere gli intarsi di antichi arredi lignei, quasi del tutto anneriti dal fumo secolare delle candele, poi tornano a osservare le piccole fiammelle e il sonno del bambino che è stato benedetto.
Di nuovo all’aperto, quasi stordisce il ritorno al presente, l’udire all’uscita del mercato familiari vocaboli inglesi o spagnoli, salire sull’autobus dove qualche compagno di viaggio ha avuto il tempo, finito lo shopping, di schiacciare un pisolino.

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Magia del lago Atitlan

Lago Atitlan
Lago Atitlan

A un’ora di strada da Chichicastenango c’è il lago Atitlan. Campo base per la visita della zona può essere Panajachel, dove si trovano hotel e imbarcaderi.
I maya chiamano Panajachel “Gringostenango”, ovvero “il posto degli americani”.
Il motivo è facilmente comprensibile. Panajachel non è altro che una variazione sul tema del Puerto Escondido raccontato dal regista Salvatores: una piccola cittadina che offre ospitalità discreta a chi vuol farsi dimenticare in fretta, soprattutto yankees. Ma Panajachel rappresenta anche un “ritorno” per molti nostalgici agli anni Sessanta e Settanta.
Il movimento turistico è ancora agli inizi. Uscendo dopocena per una passeggiata  dalla “Posada de Don Rodrigo” (un grazioso albergo in stile coloniale), si percorrono strade pressoché deserte. Lo “struscio” avanti e indietro per tirar tardi è ancora sconosciuto. Qualche locale rimane tuttavia aperto fin quasi a mezzanotte, permettendo di sperimentare uno dei “must” del luogo: bere un bicchierino di Ron Zacapa Centenario vicino al lago.

Vita e “oggetti” per la gente del luogo

La bottega artigiana di Pathik
La bottega artigiana di Pathik

L’artigianato maya non è costituito solo da tessuti, statuette e ciondoli.
A Panajachel è possibile visitare in Calle 14 Febrero 2-25 (per informazioni rivolgersi anche al Chimitas Restaurant in Calle Santander) l’atelier di Pathik Villatoro. Pathik è messicano ma, con la collaborazione dei maya della zona, fabbrica vetrate artistiche riciclando rifiuti. Vengono seguiti appositi metodi appresi in India, dove Villatoro ha vissuto per sette anni.
Da non dimenticare la gita in barcone, che dà l’opportunità di visitare gli altri villaggi che si affacciano sul lago. Per esempio, Santiago.
Il mercato della cittadina è molto diverso da quello di Chichicastenango, essendo rivolto essenzialmente ai bisogni degli abitanti.
Presto si verrà come ubriacati dalla folla che vende, compra, chiacchiera, in un turbinio di colori, odori, rumori. Anche a Santiago la relazione tra cultura maya e chiesa “ufficiale” offre qualche spunto di riflessione.

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Esperienze e tradizioni, “collante” indispensabile

Guatemala, fra mercatini e fede popolare

A partire dalla vicenda di Stanley Francis Rother, un prete missionario statunitense che, verso la fine degli anni Settanta, si batté per migliorare le condizioni economiche e il livello di istruzione degli amerindi. La notte del 28 luglio 1981 il missionario venne catturato e ucciso da uno squadrone della morte. Il canovaccio del film “Mission” con tre secoli di ritardo.
Le tradizioni che vengono osservate ancora oggi, come per esempio il culto del dio fumatore e bevitore Maximon, rappresentano una sorta di “armatura” nei confronti di uno Stato che per gran parte della sua storia è stato per gli amerindi men che patrigno e in molti casi carnefice.
La stravagante statua di Gesù vestito da vaquero e in sella a un asino, ospitata nella chiesa coloniale di Santiago, pare quindi il segno di un accoglimento della religione cattolica solo di “facciata”, da parte dei maya.
Le cui armi più efficaci per ridefinire ogni giorno la propria non assimilabilità finiscono per essere l’ironia e l’esibizione (come al mercato di Chichicastenango) di una falsa subalternità.

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