Come se non fossero bastati i fratelli Pizarro dal nord e dal mare, a metà del Cinquecento altri Conquistadores spagnoli tentarono di raggiungere il mitico “El Dorado”, l’attuale Perù, anche dal sud.
Entrati nel Rio de la Plata (Rio, fiume, in realtà il grande golfo dell’Atlantico tra Argentina e Uruguay), per gli hidalgos alla ricerca dell’oro si trattava di risalire le correnti che nel Rio liberano enormi volumi d’acqua provenienti dalle zone centrali dell’America Meridionale.
Tutto sommato i rischi potevano valere il proverbiale Perù (curiosità: in Spagna si dice invece “valere un Potosì”, città dell’argento boliviana) ma per loro sfortuna – perché raramente gli indigeni opposero una forte resistenza all’occupazione spagnola – gli spiantati “extremeños” (la maggior parte dei Conquistadores proveniva dalla povera Extremadura) si ritrovarono sotto nugoli di frecce e altri marchingegni avvelenati scagliati dalle tribù “Guaranì”, i “Guerrieri”.
Se la corsa all’oro fallì, quantomeno gli spagnoli avevano scoperto l’attuale Paraguay (superficie un terzo più grande di quella del Bel Paese per soli cinque milioni di abitanti, capitale Asunción, lingue ufficiali lo spagnolo e il guaranì, sei ore di fuso orario in meno).
Una terra da visitare
Incastonato tra Argentina, Bolivia e Brasile, la terra dei Guaranì non può onestamente vantare importanti richiami da giustificare un’apposita trasferta per conoscerlo. E’ bensì vero che chi passasse da quelle parti (Buenos Aires, Rio de Janeiro e le incredibili cascate dell’Iguassù distano poche ore di volo) non sciuperebbe tempo e denaro facendo un salto ad Asunción e dintorni.
L’estensione di un viaggio dalle citate mete turistiche al Paese delimitato dai fiumi Pilcomayo e Paraguay, permette infatti di conoscere le tradizioni, le consuetudini e le vicende storiche di un interessante angolo dell’America Latina post colombiana, i rapporti tra Indios e spagnoli, i mini-Stati dell’utopia fondati dai Gesuiti. In più, la fioritura di tanti “caudillos” dal “golpe” facile e l’estrema povertà della gente nonostante una bassa densità di popolazione e un clima subtropicale che rende la terra non avara di frutti.
Su tutto, l’estrema fierezza del Guaranì. Basti citare l’eroica resistenza del Paraguay (sotto il dittatore Francisco Solano Lopez (“Il Napoleone del Rio de la Plata”, si legga una intrigante biografia di Manlio Cancogni) in un’impossibile guerra combattuta tra il 1865 e il 1870 contro la potente coalizione di Argentina, Brasile e Uruguay: tutti i maschi tra i quattordici e i sessant’anni si sacrificarono, al punto che si rese necessario promulgare un articolo della Costituzione che permetteva la poligamia.
Come se la lezione non fosse bastata, tra il 1929 e il 1935 altre decine di migliaia di giovani soldati furono immolati per il possesso del Chaco (una regione semidesertica nel nord del Paese), in una guerra con la Bolivia che fu ammantata di isterico nazionalismo, ma in realtà nascondeva enormi interessi economici tra le compagnie petrolifere statunitensi.
La piccola “Germania” del Chaco
Senza spostarsi dal Chaco, si passa dai bellici sciovinismi ai più esasperati pacifismi, conoscendo i tranquilli Mennoniti (gli Amish della Pennsylvania), religiosi contadini sparsi nel mondo alla ricerca di terra da coltivare in grazia di dio, all’insegna della più totale libertà religiosa.
Provoca tenerezza la visita di Filadelfia, cittadina fondata dai pii immigrati poco prima della citata guerra paraguayo-boliviana. Sentendo parlare tedesco – un tedesco un po’ arcaico – leggendo il giornale “Menonblatt” e le scritte in gotico nelle insegne delle botteghe, notando oggetti di chiara provenienza germanica nel piccolo museo dell’hotel Florida, il viaggiatore giurerebbe di trovarsi in un villaggio delle alpi bavaresi e invece passeggia in un punto quasi desertico del cono sudamericano, tra gente che interpreta il cristianesimo diversamente dal quasi connazionale papa Ratzinger.
Dalla dittatura a una democrazia bambina
Dopo trentacinque anni di “paterna conduzione” elargita nella seconda metà del secolo scorso dal caudillo Alfredo Stroessner, il Paraguay vive attualmente un momento di democrazia ballerina, nel senso che per votare si vota ma c’è sempre, dietro l’angolo, la possibilità dell’ennesima “paterna conduzione” suggerita dalle Forze Armate.
In realtà – come in altri Paesi sudamericani – a comandare sono le solite famiglie storiche che di volta in volta si danno, almeno a parole, connotazioni progressiste o conservatrici, il gattopardesco cambiamento perenne affinché tutto resti come prima.
Ma non è per studi politico-economici che si vola ad Asunción.
I motivi devono consistere nella conoscenza della già lodata gente Guaranì, nel navigare sugli immensi fiumi (un paradiso per i pescatori), nel visitare le “Reducciones” dei Gesuiti (Trinidad, Patrimonio dell’Umanità) immortalate dalle vicende del fim “Mission”, nel godimento di un meritato relax ammirando la “agua azùl” del lago Ypacaraì, cantato “antàn” dai mitici non meno che romantici “Tres Paraguayos”, con l’accompagnamento dell’arpa paraguayana.