Deontologia, onestà e buon gusto impongano una chiara precisazione. Nel raccontare le vicende del Grand Hotel di Rimini, cercherò di non “essere di parte” ma non posso garantire nulla. Sono influenzato e permeato purtroppo da una focosa passione per la Romagna, comprensibile e giustificabile solo al 50% (madre piemontese, padre di Lugo). Accade però che, inspiegabilmente, mi sento al 100% figlio – e mi andrebbe bene anche solo figliastro o bastardo – della terra del Passatore.
Grand Hotel di Rimini, un mito in “celluloide”
E passiamo subito al Grand Hotel di Rimini, in dialetto Rèmmin, non so bene se con una o due “M”. Nel Deep South romagnolo – la celtica Lugo, da Lugh, dio della luce, poi romana Lucus, Bosco Sacro – le genti e gli idiomi a sud del Rubicone sono considerati con distaccata sufficienza. Lo sono al punto che i riminesi vengono spregiativamente chiamati “i marchigiani”.
Ma, lughesi o non lughesi, Rèmin o Rèmmin, il Grand Hotel di Rimini è un mito, una gloria regionale. È una vera e propria istituzione che ancor prima di diventare Monumento Nazionale (1994, vincolato dalla Sovrintendenza alle Belle Arti) costituì un vero e proprio punto di riferimento nelle Romagne. (Meglio usare il plurale, come si usava un tempo, anche per dare più lustro e pompa a quella appendice della Romagna chiamata Emilia. Volete mettere regione Romagne ed Emilia, invece di quell’Emilia e Romagna che sembra la ragione sociale di una s.r.l. di tortellini industriali?).
Grand Hotel, mare Adriatico. Binomio inscindibile
Per più di mezzo secolo, fin quando Federico Fellini gli diede una ribalta mondiale, il Grand Hotel visse di luce propria. Una sorta di ‘grandeur’ regionale. Stranamente però concepito a Milano, 1904, dalla Società Milanese Alberghi Ristoranti e Affini che 2 anni dopo controllava anche lo Stabilimento Balneare di Rimini. Fino agli anni ’20 del secolo scorso l’elegante edificio dell’architetto sudamericano Paolo Somazzi, inaugurato il 1° giugno del 1908, accolse la buona borghesia del centronord Italia. Il Grand Hotel era un’attrazione per la prorompente moda dei bagni di mare sulle spiagge dell’Adriatico. A differenza del mar Ligure che era invece “cosa inglese”; ad Alassio si costruì financo un campo da tennis in erba.
La facciata del Grand Hotel si presentava oltretutto ancor più ricca ed elegante, arricchita da 2 decorate torri, distrutte da un incendio ai piani superiori (il 14 luglio del 1920) e mai più ricostruite. L’albergo ebbe problemi economici nei primi anni ’30. Nel 1931 infatti passò a un Consorzio Turistico di Rimini per 1200 lire!; poi nel ’35 fu rilevato dal signor Duranti per una felice gestione di anni dorati che durò fino al ’63 quando la proprietà passò alla mitica famiglia Arpesella.
Alla fine del secolo scorso crisi di vario genere si rivelarono forse peggiori delle devastazioni belliche (Rimini in zona di guerra, Grand Hotel praticamente distrutto e ricostruito a fine 1950). Finito nel 1996 in custodia giudiziaria, l’albergo fu rilevato un anno dopo da Andrea Facchi. Dal 2002 appartiene alla Advance Hotel, un gruppo di professionisti del settore, consapevole che le odierne gestioni alberghiere sono sinonimo di battaglie di marketing e attenzione al prodotto.
I personaggi immortalati da Fellini in “Amarcord”
Ma più che la storia di chi costruì e diresse questo fiore all’occhiello dell’hotellerie riminese contano i nomi e le vicende di chi lo frequentò. Personaggi che vi trascorsero momenti spensierati (siamo nel posto più vacanziero d’Italia). Questo contribuì a inserire il Grand Hotel – ancorchè come semplice scenario di avvenimenti mondani – nella Grande Storia del XX secolo. I nomi dei più importanti personaggi alloggiati in questo monumento (nazionale) riminese ispirò a Fellini, e qui li immortalò, gli indimenticabili personaggi di Amarcord)?
Tanti e con eccelso pedigree: Hiro Hito, Gorbaciov, la regina Rania di Giordania e quella di Sassonia, il leggendario re Faruk d’Egitto, Kissinger, Caruso, Marconi, il Duca degli Abruzzi. E l’elenco potrebbe continuare. Si perdoni il commento a un vecchio cronista legato alla Storia con la S maiuscola e al ricordo di gente che solo i tempi andati potevano esprimere. Le recenti New Entries siano (forse) di ‘spessore’ un filino inferiore rispetto ai sullodati protagonisti. Ecco quindi Alberto Tomba, Vespa, la Ricciarelli (ovvio allegare Pippo Baudo), la Cucinotta, Vasco Rossi, Pamela Prati e (forse inserito con eccessiva generosità nella rassegna degli ospiti Vip redatta dal Grand Hotel, ma, si sa, ‘football oblige’) Ciro Ferrara.
Ospiti “quasi” dimenticati…
Tra i tanti succitati nomi degli ospiti del Grand Hotel di Rimini in quasi un secolo di vita, mancano però quelli che a conti fatti regalarono all’albergo le migliori ‘pierre’ (e ciononostante sono ‘epurati’ o poco o nulla menzionati nella ‘storia’ edita dall’albergo, quasi si commettesse una ‘apologia del regime’). Si parla di Mussolini e dei gerarchi ‘fasisti’ (esatta pronuncia locale, non si tenti mai di far pronunciare una ‘sc’ a un romagnolo, uno scemo diventa solo semo…) che si ritrovarono obbligati a trascorrere le ferie con il Duce sulla da lui amata costa romagnola.
Se il cav. Benito non alloggiò mai nel Grand Hotel è sì vero che l’albergo costituì l’alcova delle sue notturne scappatelle da donna Rachele villeggiante nella vicina Rizziòne.
Ecco il Grand Hotel, elegante e monumentale la sagoma per chi entra o esce dal vicino Porto Canale, 117 camere, 3 suite reali, 9 junior, arredato con mobilio francese e della Venezia del XVIII secolo, 4 ristoranti con veranda, solarium, tennis, parco di 4000 mq, piscina riscaldata eppoi, oltre il lungomare, lambita dal mussoliniano ‘bagnasciuga’, una spiaggia di 11000 mq per ozi e relax resi paradisiaci da quei grandi sacerdoti del turismo e del divertimento che sono gli albergatori della cara e magica Remmìn (con una o due M? poco importa).