Teatro della seconda Guerra Mondiale
Nel 1898, come Cuba e le vicine (si fa per dire) Filippine, Guam – 540 chilometri quadrati, mezza provincia di Varese – passò agli Stati Uniti, fu occupata dai Giapponesi nel dicembre del 1941 dopo l’attacco a Pearl Harbour e venne infine riconquistata dai Marines (1944) dopo cruenti combattimenti (nella sua giungla – la notizia fece il giro del mondo- fu ritrovato, pervicacemente deciso a non arrendersi, un soldatino di Hiro Hito ventisette anno dopo la fine della seconda Guerra Mondiale).
Trasformata nella già accennata, enorme base militare (dalla non distante isola di Tinian decollò il B29 del colonnello Tibbets che sganciò su Hiroshima la prima bomba atomica della Storia) l’isola visse agiatamente per alcuni decenni del secondo dopoguerra grazie alle robuste iniezioni di dollari provenienti dai ministeri di Washington.
Oggidì “Territorio Usa Non Incorporato” e meno misteriosa di un tempo (la zona nord dell’isola era base militare pressoché inaccessibile ai civili) Guam accoglie – tra cimiteri dalle tombe di colore pastello e Mc Donald, centri commerciali e il folklore che resta degli allegri Chamorros – il viaggiatore proveniente dall’Asia e diretto negli Usa o nelle più “selvagge” isole della Micronesia (Truk, Ponape, le Marshall). Turisticamente l’isola non è valutata più di tanto, ma chi la snobba sbaglia: un breve soggiorno in questo lontano puntino dell’Impero di Carlo V sul quale “non tramontava mai il sole” non significa tempo sprecato.