Sabato 22 Febbraio 2025 - Anno XXIII

Alfabeto delle Olimpiadi torinesi – 2

Olimpiadi 2006 cerchi olimpici

Continua e termina l’alfabeto che è si “ordine condiviso”, ma anche lettere che prendono significato se accoppiate ad altre parole; per esempio in “R come Ricordo”. Quello, nel tempo, di una grande, comune avventura

olimpiadi 2006 Seconda parte: dalla “N” alla “Z”
Volontari olimpici
Volontari olimpici

N
Noi 2006 – I volontari alle Olimpiadi 2006 di Torino. Bello, lo slancio della città metropolitana nel dare una mano. La voglia di esserci, di partecipare, di sentire che a casa tua accadono cose “grandi”.

È lo spirito giovanile, quello dei concerti di Vasco o dei Papa Boys, ma anche quello dei pensionati che sono stati nei grandi sindacati operai, quello dei Nonni Vigili, dell’associazionismo, delle scuole che solo alcuni anni fa facevano il “tempo pieno”, degli alpini, sempre generosamente presenti.

Quando il Wall Street Journal, probabilmente con un servizio-desk costruito su internet, dice che a Torino non c’è partecipazione popolare, prende una bufala colossale. Quarantamila persone che decidono di dedicarsi gratuitamente ai Giochi sono una grande cosa, anche perché molti si dedicano alle Paralimpiadi, dove non ci sono i riflettori delle Olimpiadi. Bravi, 9.

Olimpiadi 2006 Torino Stadio Olimpico
Stadio Olimpico

O
Olimpico, Stadio – Se qualcuno fosse passato solo un paio d’anni fa in corso Sebastopoli, avrebbe visto un vecchio rudere abbandonato, pieno di scritte di odio, con i calcinacci che piovevano dalle tribune e dalla Torre Maratona.

Vincolato dai Beni architettonici (quindi senza possibilità di essere abbattuto in favore di un centro commerciale) e senza “destinazione d’uso”, il vecchio Stadio Mussolini, conosciuto per lunghi anni come “Comunale”, nome anonimo per imprese super, sembrava alla fine, peraltro poco dignitosa, della sua carriera.

Nessuno l’aveva chiamato “il Regio del calcio” e non interessava a nessuno. Ora con le Olimpiadi 2006 lo stadio di Torino si è ringalluzzito, si fa chiamare “Olimpico” (come solo quello di Roma osa fare) ha fatto un bel lifting ed è tornato al centro di una zona di architettura sportiva.

C’è solo da temere per il suo futuro. Se, come pare, sarà consegnato al Torino e la Juventus ci giocherà per un anno, due sventure sono già annunciate: non si chiamerà più “olimpico” e compariranno di nuovo quelle scritte d’odio e di scemenza di poco tempo fa.

P
Paralimpiadi – Si dice sempre che bisognerebbe imparare dagli sport minori. E si sono spese parole retoriche per dire che gli atleti disabili erano ammirevoli. Forse, con un po’ di retorica, sarebbe il caso di dire che bisognerebbe imparare a fare sport. Sul serio, e utilizzare Sky solo per vedere quelli più bravi, i fenomeni.

Pax – Pace olimpica. Sugli schermi passa spesso un filmato in cui Kofi Annan lancia il suo appello per la tregua olimpica. Si fa quel che si può, senza pensare che, improvvisamente, tutte le ragioni della guerra, delle guerre, scompaiano. Ma, in occasione delle Olimpiadi 2006, iniettare un minimo di dubbio, una parvenza di analisi introspettiva nei combattenti, anche solo un pensiero di pietà, è già di per sé un’azione sensata, anzi, meritoria.

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È il fattore tempo, quello decisivo. Un break all’odio può far capire che il break è possibile. Nel ’44, nelle Ardenne, la notte di Natale, dalle trincee tedesche si alzò il canto “Stille Nacht” e quella specie di “inno olimpico” innescò la pace di un giorno. Poi si riprese a sparare, ma il seme era gettato e anche solo un giorno senza morti, è pur sempre un bel risultato.

Olimpiadi 2006 Torino
Tifosi con la bandiera italiana

Q
Qui e ora –  C’era una sfida, legata ai XX Giochi Invernali delle Olimpiadi 2006 di Torino. La sfida all’Italia, all’immagine dell’Italia. Allo stereotipo dell’Italia, che sa solo fare fumo (anche un bel fumo, che affascina) ma quando si tratta di arrosto, beh, è meglio lasciare i duri a giocare.
Le Olimpiadi non possono cambiare questa percezione, massmediologica e antropologica. Ma si sono fatte, e bene. Non meglio di Salt Lake City, o di Sydney, o di Nagano. Questo lasciamolo dire agli altri.

Ma si sono fatte, come le avrebbe fatte un Paese “normale”. E, questo, solo questo, è una grande vittoria.
Perché ci dice che noi non siamo antropologicamente minorati nell’organizzazione, non siamo condannati all’approssimazione, alla superficialità, non siamo tutti schiavi dell’effimero. Se ci rendiamo conto di questo, sarà un Paese migliore per tutti.

R
Retorica – Quella olimpica, che fa storcere il naso a molti, che non arriva alle emozioni di altri. Ma che cos’è la retorica “buona”, se non il terreno comune, il recinto delle regole condivise, l’alfabeto della comunicazione, in cui e con cui esprimere partecipazione, speranza, gioia.

S
Sami – Cioè Lapponi. Hanno percorso 5.000 chilometri su un vecchio bus, dalla Lapponia norvegese fino a Sauze d’Oulx. Lì, hanno piantato due grandi tende (le “kota”) con rami di betulla e il foro per il fumo in cima; hanno cantato le loro canzoni (joik) e indossato i loro costumi multicolori, preparato i loro piatti di carne di renna e parlato con i visitatori. Perché? Per testimonianza, si potrebbe dire.

Per mostrare al mondo un altro sentiero, quello di una vicinanza sentita con la natura. Diventando così, però, i “global” dei “no-global”, come spesso succede. Utilizzare metodi ed eventi globali per testimoniare la propria scelta antiglobale è un ossimoro obbligato. La globalizzazione, infatti, impone le sue regole, e non c’è modo di patteggiare.

Olimpiadi 2006 Torino
Salto con gli sci

Sponsor – La grande ‘S’ della contemporaneità. La “S-lunga” verrebbe da dire, se non fosse che il marchio è già utilizzato. Il meccanismo è ben oliato, e la divisione dei compiti chiara. Senza “pub” lo sport non ce la fa. Né a livello locale né a livello globale.
Come sono gli “sponsor worldwide” alle Olimpiadi 2006? Compagni di strada, si potrebbe dire. Infatti, “tutti sponsorizzati” equivale a “nessuno sponsorizzato”, secondo la vecchia regola.

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Nessuno scia o pattina perché una bevanda fa da marchio alle gare, e nessuno mangia panini di un certo tipo perché il tal campione ne porta il logo. Pane e pub, invece, già lo mangiamo tutti i giorni e a tutte le ore, nella vita “normale”.
Forse, però, è il CIO a essere troppo zelante. Creando danni non solo all’intelligenza del pubblico, ma anche al logo che vuole tutelare. Se, infatti, bisogna assistere alle gare o alle premiazioni senza mostrare un logo diverso da quello degli sponsor, alla fine quei marchi risulteranno altamente antipatici. Succede.

Non si possono mostrare panini, bevande, giacche a vento, berretti, computer, zainetti con marchi diversi, che vanno “oscurati” per via della tv. Arrivano i volontari con lo scotch e coprono il marchio proibito, trasformando tutto e tutti in “no logo”. Non sarebbe male, detta così. Paradossale che marchi globali promuovano le tesi no global, anche solo per i concorrenti. “Sponsor rules here” (qui comanda lo sponsor).

Sposi – Due coppie di giovani americani hanno chiesto al Comune di Torino di celebrare il loro matrimonio, nella magnifica Villa della Tesoriera. Dei due l’uno: o gli americani in questione subiscono la “sindrome da grande evento” o l’ “italian dream” ora passa anche per Torino. Boh…

Olimpiadi 2006 Torino Palazzo Madama
Palazzo Madama (Foto: Città di Torino)

T
Torino – Sì, bisogna dirlo. Torino con il cuore in allarme, Torino invecchiata, Torino degli agguati terroristici, della fabbrica diffusa, del conflitto aspro, dei padroni senza sé e senza ma, dei bottegai, dei borghesi piccoli piccoli, dei “barbôton” (quelli che si lamentano, a prescindere), dei “bôgianen” (quelli che è sempre meglio lasciar stare). Torino che invidia il mare di Genova,

Torino che invidia la finanza di Milano, Torino che odia gli accomodamenti romani ma che ama Roma, Torino che passa con il rosso ai semafori, Torino disperata, Torino della collina e delle periferie dei meridionali, Torino dei romeni e degli albanesi, Torino delle nigeriane,

Torino delle multinazionali laiche (Fiat, Ferrero, Martini) e religiose (salesiani, Arsenale della Pace); Torino che fa la coda al funerale di Bobbio, Torino icona del Novecento. Le Olimpiadi come epifania, il secolo è cambiato.

U
Universiadi – La continuazione della specie. Dal 17 al 27 gennaio 2007, fra un anno, le luci si accenderanno di nuovo a Torino per le Universiadi del cinquantenario. Inventati a Torino da Primo Nebiolo (il CUS Torino è custode della fiaccola) i giochi universitari saranno un evento molto importante, con un numero di nazioni partecipanti che, probabilmente, sarà simile a quello olimpico.
Una nuova sfida per la città.

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Olimpiadi 2006 Cerimonia di chiusura dei giochi
Cerimonia di chiusura dei giochi

V
Vancouver – La prossima. Il 26 febbraio si chiude, lasciando uno spazio nella cerimonia per la presentazione di Vancouver 2010, ovvero “la vita continua”.
Una città bellissima, quella canadese, affacciata sul Pacifico, piena di vitalità e circondata da una natura esuberante, con le Rocky Mountains a due passi. Città del cinema, dell’hy tech, della gastronomia “fusion”, degli sport. Tutti elementi che la legano a Torino.
“Go Vancouver”!

X, Y
Cromosomi sessuali – Dei partecipanti. Le ‘x’, pur maggioritarie in natura (il cromosoma maschile, infatti, è ‘xy’, quello femminile ‘xx’, nda) sono minoritarie nei grandi appuntamenti. Sono di meno le donne atlete, sono di meno le donne tecnico, sono infinitamente di meno le donne dirigenti. Tanto che il protocollo olimpico è sempre in imbarazzo nelle parate, nei parterre, nelle cene di gala.

Esiste la categoria “moglie di”, come se il mondo non fosse cambiato e il matrimonio con moglie a casa fosse il solo modello possibile. “L’importante è partecipare…” dicono alle Olimpiadi. Appunto.

Olimpiadi 2006 Armin Zoeggler
Armin Zoeggler

Z
Zoeggeler Armin – Sudtirolese (sarebbe ora di chiamarli così) medaglia d’oro, ha dichiarato: “siamo anche noi figli d’Italia”. Bravo, 8, era ora, e sarebbe anche ora di disinnescare la “bomba” dell’indifferenza, del reciproco disprezzo, quello che fa prendere i soldi e flirtare con l’Austria agli uni e fa votare la destra estrema e richiamare la piazza centrale di Bolzano, della Vittoria, gli altri. Siamo in Europa, ragazzi, ed è previsto che ci siano regioni con più etnie.

Un 4, invece, a Gene Gnocchi che, in una nota trasmissione tv, ha detto: “dopo la medaglia per l’Italia di Zoeggeler, Gennaro Esposito ha vinto una medaglia per la Germania.…”. Ma la satira non dovrebbe servire a sgretolare i luoghi comuni?

D’altronde, se un terzo circa degli atleti della nazionale olimpica italiana provengono dalla provincia di Bolzano e se delle 33 medaglie d’oro olimpiche italiane 11 sono sudtirolesi, una ragione ci deve pur essere. Le montagne ci sono in tutta Italia, il ghiaccio anche.

A Bolzano, c’è anche una politica sportiva, ci sono impianti moderni dappertutto, c’è organizzazione e associazionismo; gli sciatori sono 300.000 e gli atleti del ghiaccio 5.518, su 464.000 abitanti. Sarebbe bello se Gnocchi, e con lui tutti i cultori del luogo comune e, soprattutto, i dirigenti sportivi, riflettessero.

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