Un lunghissimo serpente dalle spire di tenda, fa cadere in tentazione metro dopo metro: è il mercato del venerdì a Ventimiglia, che si avvoltola sinuoso sul lungomare della città, finalmente battuto da passi umani.
Di solito tale passeggiata viene ampiamente snobbata, a vantaggio delle più invitanti Bordighera e Menton, corredate da negozietti, baretti e gelaterie e non dallo scarno deserto dei Tartari che c’è qui di solito, eccetto oggi.
“Snake” Market
Il semplice avvicinamento è di per sé un problema. Incolonnamenti fin dal mattino presto, impossibilità di trovare parcheggio, ingestibile ressa. Normale amministrazione, per l’impareggiabile “italian suk” di frontiera.
Vengono organizzati pullman diretti espressamente a questo mercato addirittura dal nord Europa, soprattutto dalla Germania, ma si favoleggia anche dall’Olanda. Gli anglosassoni non mancano. Dalla Francia sbarcano code di acquirenti e si evince dalle targhe nei parcheggi improvvisati – molti dei quali sono significativamente a pagamento solo il venerdì – che alcuni plutocrati arrivano in incognito anche dal Principato di Monaco, ingolositi dai falsi d’autore che qui pullulano e che addosso a tali snobbiformi creature sono destinati a sembrare originali.
Maison “truffaut”
A Ventimiglia si viene a cercare roba griffata, che a volte è vera e a volte no e a volte è di provenienza diciamo astrusa o per meglio dire creativa.
In questa specie di porto franco, il confine tra vero e falso assomiglia molto a quella struttura arrugginita che un tempo divideva Italia e Francia e che si attraversa a pochissimi chilometri da qui: una costruzione decrepita senza controllo alcuno.
Un paio d’anni fa ci fu un tentativo di bloccare alla frontiera questi pellegrini dello shopping taroccato: di ritorno dagli acquisti, i pronipoti dei Re Luigi venivano fermati da pattuglie di gendarmi accompagnate da elegantissimi esperti delle varie “maison” di moda, chiamati per riconoscere i capi d’abbigliamento e gli accessori non originali. Seguivano la spoliazione del bene fasullo e la congrua multona.
Ora alla frontiera non c’è più nessuno di vedetta, sebbene l’acquisto di merce contraffatta permanga un reato.
Natura non “taroccata”
Una cosa proprio da fare è percorrere il tratto di costa che separa la Francia da Ventimiglia: incantevole alla vista, al tatto e all’odorato; lussureggiante, impervia e poco abitata.
Uno sperone di roccia che sembra verniciato in verticale: sono i Balzi Rossi, le caverne preistoriche in cui soggiornavano gli antichissimi villeggianti della zona. Attaccati alla Francia, un italiano non può non vederli come un fiero avviso della bellezza del nostro paese. La strada costiera, ai lati della quale sorgono belle ville ottocentesche, attraversa una costa da incanto, con piccole baie su un mare piacevole. Lo pensava anche Sir Thomas Hanbury, che risiedeva in Costa Azzurra, ma che nel 1867 restò tanto affascinato da questa zona che comprò un intero promontorio, chiamato della Mortola, vi costruì la sua casa e impiantò un favoloso giardino di piante esotiche provenienti dalle più lontane regioni del mondo, che qui magicamente attecchiscono e prosperano: i Giardini Hanbury oggi sono aperti al pubblico. Il luogo è dolce, e si chiama Latte. Prima di arrivare nella nuova Ventimiglia, una deviazione in salita porta a Ventimiglia alta, con le sue case semi-decomposte, la pieve medievale, il castello e tutta la sua fatiscente eleganza. Ma torniamo al mercato.
“Simply” irresistibile
Comprano tutti, per primi ovviamente quelli dal portafoglio facile.
Ma cede anche chi davanti alle vetrine illuminate si comporta come un francescano che si trovasse a camminare nel chiostro di un monastero: occhi bassi e passo lesto. Il mercato tentatore concupirà anche costui, con un laconico sandalo o un austero saio.
Quale training autogeno serve per sfuggire all’acquisto di scarpe firmate a soli 10 euro? Sembrano stracciate, in ciò imitando alla perfezione gli originali. Cravatte di vera seta a 8 euro, guanti di pelle morbida come un guanto a 18 euro. Portarotoli di carta igienica in pizzo e l’immancabile collier magnetico (come fare senza?).
Attaccato alla cara Provenza (luogo non esoso, dove le stoffe vengon via con un mutuo) tovaglie provenzali a 5 euro, con trionfi di limoni su sfondo azzurro, uva sul verde, girasoli su arancione pallido, rigorosamente antimacchia. Maglioni all’uncinetto, che si vede bene sono fatti a mano, sebbene costino 15 euro. Un affare per chi lo acquista, forse non per chi materialmente lo ha fatto.
Pellicce dell’uomo delle caverne, forse non proprio per quelli che abitavano ai Balzi Rossi, perché lì ci sono 27 gradi a metà novembre e alla befana già si gira in maniche di camicia. C’è anche da dire che il cavernicolo italiano si sarebbe rifiutato di indossare certi pantaloni di pelle nera e certi giacconi dal taglio inquietante.
Che sono bancarelle per stranieri, lo si capisce dai cartelli dove si dice che lì si parla francese e tedesco. Il tavolone del venditore di profumi è organizzato così: quelli falsi davanti, quelli veri un po’ defilati. Cuscini di seta con immagini di Medusa, non il molliccio animale urticante, bensì il mostro greco con i serpenti al posto dei capelli; camicie di seta con complicati ghirigori astratti. Quadretti a 15 euro, 100 DVD vergini a 8 euro. Un paio di sandali di pelo con zeppa trampolata dà da pensare: quale sarà l’occasione adatta per indossarli: la gita sullo yak tibetano o la grigliata in spiaggia di Capodanno?
Bancomat e merce “mix”
Ci sono vari tipi di mercanzie, di qualità e prezzi diversi. Chi propone merce meno economica comunque accetta carta di credito e bancomat e avverte sempre che gli articoli si possono cambiare. Volendo, si potrà sostituire anche un paio di pantaloni da 5 euro, perché il bravo ambulante in genere è accomodante.
Batterie di pentole di lusso e padellacce, maglioni di cashmere e di finto terital, costumi che durano vent’anni e altri che si sciolgono in acqua: questo mercato difficilmente smentisce la sua impronta democratica e la scelta non manca.
A inizio e fine serpente vedi africani e orientali dietro una fila di lenzuola bianche piene di roba la più varia: magliette maglie maglioni, borse borsette borsoni. Quando gli abusivi sciamano da una parte all’altra del mercato, con in spalla un lenzuolo gonfio di oggetti, vuol dire che arriva la forza pubblica. Passata la ronda, li trovi di nuovo in posizione.
La mescolanza di generi e gente in tale contesto, invece di infastidire, attrae: ombrelli di fronte ai formaggi, gonne che guardano salumi.
In mezzo all’eterno ingorgo di clienti, sempre gli abusivi con valigie, occhiali e orologi. La scelta accresce il desiderio di mettersi a spulciare tra le cose, il caos aumenta e arriva l’ora di pranzo.
E’ il momento dello “snack”
Il salumiere ti fa i panini in corsa per non farti perdere il giusto ritmo della corsetta compratoria e intanto ti vende un salame, mezza coppa e un crudo niente male. Se vuoi, c’è pure una ricetta raccontata e un assaggio anche se non prendi niente. Patatine fritte da mangiare per strada e bibite in grossi contenitori di plastica infilate in cubi di ghiaccio come negli anni Cinquanta.
Un cinese fa un pisolino sdraiato sopra i vestiti ammucchiati sulla bancarella, sopra la quale spiccano le scarpe da ginnastica con ricamato un dragone rosa o azzurro. Ormai i cinesi griffano i loro prodotti, che tutto sommato sono acquistabili: qui, e non solo qui, le calzature di San Giorgio – non in pelle di drago, ma in vero morbido fondo di bottiglia di pet – fanno le scarpe ad altre più esose scarpe da tennis.
Consumati occhi e suole, è pomeriggio tardi quando gli ambulanti iniziano a sbancare i resti del venerdì. La passeggiata viene restituita alla desolazione di sempre, aggiunta solo a un quid di spazzatura, che sarà presto rimossa.
I pullman partono diretti a nord, i Galli vanno a ovest e gli ambulanti tornano a casa. Carichi di sacchetti, ci sediamo su una panchina a riflettere sul dilemma dei sandali di pelo con zeppa trampolata.
Per “riflettere” sugli acquisti (fatti o mancati)
Dopo una giornata intera dedicata agli acquisti, urge cenetta. Volendo esagerare, c’è la Baia Beniamin (Ventimiglia, località Grimaldi Inferiore, corso Europa 63, telefono 0184 38002) magnifico ristorante sul mare dove è piacevole spendere in una cena a base di pesce tutto ciò che si è risparmiato al mercato e anche qualcosa in più. Un sogno.
In alternativa, a Vallecrosia, c’è il Corallo (Lungomare Marconi, presso Hotel Piccolo Eden, telefono 335 5367057) il locale del coraggioso Luca, che due settimane dopo l’incendio che lo scorso agosto ha distrutto il suo ristorante sul mare, ne ha aperto uno cento metri più avanti. Da provare l’insalata di polpo con patate e il pesce del giorno che il cameriere, prima di servire, porta al tavolo ancora in teglia chiedendo se soddisfa le aspettative.
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