Iniziata con il ritorno da un fantastico viaggio “eno-gastronomico-cultural”, quindi educazionale (giovedì scorso han deciso che nei Musei d’Italia si dovrà parlare e scrivere solo in italiano, quindi mi adeguo) negli amatissimi Friuli e Venezia Giulia, esperienza di cui (ovviamente) riferirò molto abbondantemente, oggi, sabato 11 Novembre, San Martino, sta per giungere al capolinea una settimana un po’ diversa, bislacca, con vicende e accadimenti – cosmogonici, belpaesani e personali – così importanti da non poter essere commentati dagli esperti/e di Buona Domenica o Domenica In.
Ci penso dunque io, sempre che il lettore sia d’accordo che si ragiona col cervello e non con le tette, sennò rassegno subito le dimissioni. Come potrei lottare contro le “4-supertettone-4” delle opinioniste dei nostrani “contenitori tivù” domenicali, enormi non meno che invitanti bocce messe in bella mostra proprio oggi in technicolor – forse per meglio mascherare l’operato dei siliconi – dal Corriere della Sera? Ma Tiremm Innanz.
San Martino di Savoia…
Intanto si dedichi subito all’11 Novembre, San Martino, l’importanza che merita: molta, perché “tripla”, che vado a illustrare in crescente ordine di valore.
In questo giorno dell’anno, si festeggiava antàn il genetliaco di S.M. Vittorio Emanuele III Re d’Italia e di Albania (nonché) Imperatore di Etiopia.
Al lettore la notiziola non fregherà assolutamente nulla, ancorché sarebbe meglio sapesse che il sullodato pur insufficiente “Sciaboletta” era 217.418 volte meglio del nipotino (molto fortunatamente) mancato Re Vittorio Emanuele IV. Quantomeno “il III” se ne stava in casa – vabbè il Quirinale, tre camere con servizi e cucinotta – a mettere a posto la collezione di monete mentre “il nipotino IV” non trovava niente di meglio che aggirarsi tra squallidi caseggiati della tristissima Milano Sud a “citofonare Mary” (fregandola pure sul cambio al pagamento della prestazione).
Il ricordo dell’Augusto Genetliaco di Sua Maestà “il III” interessa invece a me, perché durante il suo “Impero” frequentavo le scuole elementari e un giorno in più di vacanza buttalo via (ricordo che mi ero pure interessato al compleanno di Mussolini, ma trattandosi di fine luglio c’era scolasticamente poco da mungere).
Oggi, poi, è festa bacchica perché a “San Martino il Mosto si fa Vino”.
Eppertanto nelle campagne (almeno antàn) si provvedeva ad assaggiare, imbottigliare, travasare, in breve a inciuchirsi. Che non costituisce una malattia da mettersi a letto, ancorché oggidì se uno si sbronza risulta un condannabile povero cristo, mentre se “Si Fa di Coca” – meglio ancora se in compagnia di due o tre “travoni” – finisce non senza un implicito plauso e ammirazione in Novella 2000, 3000, e se ci fosse anche 4000.
Savoia e “traslochi” di San Martino
Ma “Panta Rei”, tutto scorre e anche la vicenda del Vino (come quella di Casa Savoia) sta cambiando: tant’è che adesso il mosto invece di farsi vino viene subito trasformato in Novello. Ma non ci caschi il cortese lettore: la macerazione carbonica altro non è che un’operazione commerciale di marketing inventata decenni fa da quelli del Beaujolais, che avevano fretta di tirar su due franchi senza dover aspettare l’inverno e così ecco il “Nouveau”, “parbleu”.
E a San Martino si traslocava, almeno nelle campagne (un reverente pensiero a Olmi per il suo tenero Albero degli Zoccoli) nel senso che l’11 Novembre scadevano gli affitti agricoli, i contratti di mezzadria: ci si trasferiva da una cascina a un’altra. Questa segnalazione rende gustosa la chicca che segue, accreditata al – forse – unico Savoia valido di tutta la “pidocchiosa dinastia” (l’ha scritto Gianni Brera, mica io).
Si racconta infatti che durante la battaglia di San Martino (1859) Vittorio Emanuele II (visti il III e il IV c’è da pensare a una ‘dinastia lunare’, leggasi decrescente e difatti il V, vabbè, chiamato Filiberto, fa temere il peggio) sentito odore di sconfitta, pensò bene di sferzare i suoi soldati (ovviamente in buon dialetto piemontese) urlando “Fioei, incoeu o piùma San Martin o i fan fait San Martin a nuj” (che per gli abitanti di Ceppaloni e dintorni vuol dire: Ragazzi, oggi o prendiamo San Martino o ci fan fare San Martino a noi).