Martedì 30 Aprile 2024 - Anno XXII

Almeria, specchio del mare

Nell’estremo sud della Spagna emergono realtà paesaggistiche e urbane che vivono, quasi, di luce propria, di ritmi lenti, coinvolgenti. Montagne brulle, antiche grotte, monumenti preziosi ma discreti, vita tranquilla. Una “cartolina” del buon tempo andato

Almeria vista dalla fortezza Alcazaba
Almeria vista dalla fortezza Alcazaba

L’Andalusia non è soltanto grande, ma è anche, e soprattutto, bellissima. Da questa indiscutibile certezza – e considerato che le più esaltanti località della più meridionale regione della Spagna sono situate nella parte centrale – si capisce perché altre città andaluse di minor fascino e per di più isolate rispetto ai grandi flussi turistici, siano almeno parzialmente penalizzate da un ingiusto silenzio e da poca notorietà.
E’ il caso della mediterranea Almeria e della sua provincia, nella parte nordorientale dell’Andalusìa, a nord di Malaga e al confine con la Comunidad di Murcia.
Ovvio che gli “almerienses” non possano correre alla pari con “sevillanos” o “granadinos” in una ideale “sfida turistica”, per quanto riguarda le bellezze artistiche e i fasti culturali delle rispettive città.
Un raffronto non si pone nemmeno, è impari, ma è altrettanto certo che se non si parla di palazzi, cattedrali e opere d’arte, anche Almerìa qualche carta vincente può giocarla. Vantando, per esempio, i ritmi di una città a misura d’uomo scanditi dalla non frenetica attività del suo porto, un clima – meglio dire un microclima – a dir poco eccellente, alcune intriganti località della sua provincia non devastate dal turismo di massa; l’aeroporto di Almeria è collegato a Madrid e Barcellona da regolari voli di linea.

Nella gente le tracce del passato

Una città a misura d'uomo
Una città a misura d’uomo

Come tutti i centri abitati del Mediterraneo (soprattutto quelli sorti al riparo di insenature protette dalla natura) Almeria ha origini antichissime (nelle grotte dell’entroterra, a Millares, Los Letreros, El Argar e Ambrosio, sono state reperite tracce della preistoria iberica) anche se la posizione dell’attuale centro urbano non corrisponde al primo insediamento conosciuto.
Ai Tartessos (i primi abitatori conosciuti dell’Andalusia) seguirono i fenici, i greci e i cartaginesi, a loro volta cacciati dai romani nel III secolo a.C.: uno scalo marittimo, “Portus Magnus”, ospitava i traffici con il resto dell’impero.
L’invasione araba, dopo un breve dominio visigoto, vide l’insediamento di genti provenienti dallo Yemen sulle colline dominanti il golfo; cominciava a delinearsi, con il successivo trasferimento dei musulmani sulla costa e la loro convivenza con cristiani ed ebrei, l’avvento di una cultura e un benessere che costituirono una parentesi assolutamente unica nella storia delle tre religioni monoteiste.

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La Fortezza di Alcazaba

La fortezza Alcazaba
La fortezza Alcazaba

La nascita dell’attuale Almeria coincide comunque con la costruzione della Alcazaba, la fortezza – tuttora esistente e visitabile, bellissimo dalle sue mura il panorama della città sottostante – voluta dal califfo Abd El Rhaman III. Ai piedi della Alcazaba sorse un centro abitato, chiamato in arabo “Al-maryia” (Specchio del Mare) destinato, dopo lo smembramento del Califfato di Cordoba, a divenire capitale di uno dei tanti piccoli regni dell’Andalusia, i Taifa. Ma cambiano vinti e vincitori e così, nell’Almeria riconquistata dai Reyes Catolicos quattro anni prima (1488) della caduta di Granada, i “moriscos” (arabi cristianizzati) si ritrovarono a costruire chiese invece di moschee, mentre la fortezza cominciava ad ospitare i cittadini terrorizzati dalle scorrerie dei pirati barbareschi.

Tra una siesta e l’altra, la vita

Scorci suggestivi
Scorci suggestivi

Oggidì, sotto la Alcazaba, bianche e tortuose stradine ricordano l’esistenza del quartiere arabo, poco distante si ammirano le mura del castello di San Cristobal con la Cappella dei Templari. Come tutte le costruzioni nelle località dagli incerti destini storici, anche la cattedrale, a tre navate (XVI secolo, tardo gotico) sembra una fortezza solo parzialmente ingentilita dagli artistici portali di Juan de Orea.
Prima di giungere al porto, si visitino le chiese di Santiago e di Santo Domingo, in un centro cittadino che nel primo pomeriggio dimostra quanto la “siesta”, in Andalusia, sia tuttora di stretto rigore. Terminato quel benefico relax che Camino Josè Cela definì lo “Yoga Iberico”, ci si trasferisce in prossimità del mare, sotto le palme dei giardini del parco Nicolàs Salmeròn: è lì che gli almerienses godono il fresco dopo ore di sole cocente (siamo alla stessa latitudine di Algeri).
Almeria è una città dai ritmi umani, meglio dire lenti, con parentesi di vita più intensa  in occasione di un Festival del Flamenco (agosto) e soprattutto della Feria dedicata alla “Virgen del Mar” (ultima settimana d’agosto) vissuta in tre distinti momenti: di giorno nei ristoranti e nei bar, improvvisando libagioni e danze “sevillanas”, la “tarde”, assistendo alla corrida e la “noche” in un parco di divertimenti (in Andalusìa chiamato Real) visitando “casetas” (padiglioni, stand) in cui tirare mattino chiacchierando, cantando, ballando e soprattutto mangiando.

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Corrida con merenda

La corrida
La corrida

Chi va a “Los Toros”, assiste anche a una sorta di rito tradizionale, attestante la paciosità dei non scalmanati almerienses: la corrida si interrompe a metà, tra il terzo e il quarto toro, per una quindicina di minuti – unico caso in tutte le “plazas de toros” di Spagna – per dare vita a una bella “merienda” collettiva, con vettovaglie portate da casa in semplici cestini o eleganti sporte di vimini contenenti raffinati bicchieri e argenteria di famiglia; chi va alla corrida a mani vuote, non si disperi: i vicini di “tendido” lo coccoleranno con l’offerta di sfiziose tartine, “jamòn” e ghiacciato vino “fino”.
Il piacere di una visita ad Almerìa è completato da una vacanza balneare sulle spiagge sabbiose di Roquetas de Mar e Mojàcar e dalle escursioni nei dintorni. Nell’inquietante deserto di Tabernas un agricoltore, Rafael Ubeda, ha recentemente piantato l’ulivo e in pieno microclima tropicale produce un olio a dir poco eccellente, dal bassissimo livello di acidità. Nella stessa zona i piccini sognano e i meno giovani ricordano gli “spaghetti-western” di Sergio Leone, che scelse questi aridi e desolati paesaggi (rarissima la pioggia) come set di tanti suoi film. Nell’entroterra si sale alle remote Alpujarras, eccellente il sapido prosciutto locale, noto come “grandino” e tornati sulla costa si va a nuotare nell’acqua splendidamente cristallina del “Morròn de los Genoveses”, poco distante da San Josè; siamo  all’interno del selvaggio, da poco istituito, “Parque Natural de Cabo de Gata”.
Rocce, mare e silenzi. Dalle parti di Almeria.

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